«Se vince il Polo si vota a giugno» di Fabio Martini

«Se vince il Polo si vota a giugno» COMIZIO IN BORGATA «Se vince il Polo si vota a giugno» Fini: Scalfaro si oppone? Allora vuole il crack ROMA A piazza Piaggio, una piazzetta di borgata con i panni stesi e l'emporio che vende scarpe e detersivi, Gianfranco Fini lancia in anteprima gli slogan durissimi che la destra martellerà nei prossimi 25 giorni di campagna elettorale. Lo slogan più forte (e applaudito) dice: «Se il 23 aprile il Polo vincerà nella maggioranza delle regioni» questo determinerà «una forte spinta» per «andare ad elezioni a giugno» e anche «i sordi potranno udire». E con allusione al Quirinale, Fini «spara» al alzo zero: «Noi indicheremo duramente come nemico colui che si opporrà, assumendosi la responsabilità di un ulteriore degrado economico!». Il messaggio è più chiaro di una giornata serena spazzata dalla tramontana: se alle prossime elezioni il Polo vince nettamente, Scalfaro ne deve prendere atto, sciogliere subito le Camere e, se non lo fa, diventa lui il primo «nemico», o peggio diventa lui il responsabile della crisi economica del Paese, insieme ai suoi sodali D'Alema e Dini. Dunque, il capo di An fa marcia indietro, ritratta quel «se Scalfaro resiste, voteremo ad ottobre» che tanto scandalo aveva fatto a destra e semmai rilancia, caricando le elezioni regionali di un doppio mandato: chi vota Polo - sia chiaro da subito - vota anche per le elezioni a giugno. Gianfranco Fini ha scelto una piazzetta della ex cintura rossa per festeggiare il 27 marzo, l'anniversario della vittoria del Polo, una scelta originale visto che, negli stessi minuti, Berlusconi sta parlando nel suo teatro Manzoni, nella sua Milano. E invece Fini è qui, a Villaggio Breda, una borgata di modeste casette a due piani co- struita dal duce, dove per mezzo secolo l'ha fatta da padrone il pei, ma dove un anno fa è stato eletto deputato Maurizio Gasparri, numero due di An. Il colpo d'occhio è quello che è - in piazza ci sono trecento persone - ma in borgata è arrivato un Fini carico, cattivo, che, a saper leggere tra i suoi slogan, anticipa le parole d'ordine di una campagna elettorale che si preannuncia rovente. Primo: la destra farà una campagna tutta dall'opposizione: «Servivano 20.000 miliardi - urla Fini - e questi hanno aumentato le tasse, esattamente come facevano prima quelli della partitocrazia», mentre il Polo aveva promesso «non prenderemo soldi dalle vostre tasche» e così è stato. Secondo punto d'attacco di Fini, ed è il più insidioso per la sinistra: noi siamo i rinnovatori e i progressisti i conservatori. «La battaglia che si apre - dice il capo di An - è tra coloro che vogliono rinnovare e coloro che vogliono conservare», uno spartiacque che Fini condisce con uno slogan che ripete tre volte: «Non si deve fermare la rivoluzione democratica del 27 marzo», che ha coinvolto «tanti disoccupati e tanti cittadini non garantiti». Proprio così: «la rivoluzione democratica», una fraseologia che illumina un altro terreno di caccia che Fini ha confidato di voler esplorare: quello degli orfani della sinistra. Ecco cosa dice il capo della destra italiana ai «borgatari» di Villagio Breda: «Ma come fa il pds a difendere i diritti dei più deboli con un personaggio come Prodi, presidente dell'In negli anni della dissipazione», mentre «noi il 27 marzo lo festeggiamo qui, non nei salotti buoni della finanza o delle grandi famiglie». Una lunga tirata sulle contraddizioni della sinistra che Fini chiude con un appello esplicito agli elettori del pds: avete votato Quercia nella «sincera speranza di mandarla al governo», «avete dato calci nel sedere ai ladroni» e invece i dirigenti del pds «si sono trastullati in giochi di palazzo», piuttosto che «rivolgersi agli elettori». E poi c'è l'annuncio di un cambio di marcia sul tema dell'informazione, un cambio che dovrebbe allarmare la sinistra: dall'atteggiamento di difesa, Fini passa all'attacco: «Scherza col fuoco chi continua a dire che la vera emergenza è la par condicio! - urla tra gli applausi il capo della destra - perché i veri problemi sono la disoccupazione e la crisi economica!». E poi l'attacco più insidioso: «La mattina del 24 aprile molti si pentiranno di aver considerato il popolo italiano come ubriaco di spot, un popolo non può essere preso per il naso con qualche paternale!». Come dire: la sinistra vi considera dei minorati e noi no. E la borgata va in delirio. Fabio Martini «Nessuno fermerà la nostra rivoluzione democratica» Il presidente di An Gianfranco Fini A destra: Maurizio Gasparri

Luoghi citati: Milano, Roma