«Silvio, sei come Van Basten» di Curzio Maltese

«Silvio, sei come Van Basten» IL CAVALIERE E LA SUA PLATEA «Silvio, sei come Van Basten» E alle otto tutti a casa per rivedersi al tg IUORI discorsi della FI ggente, un anno dopo. Signore: «Adesso gli vogliono togliere anche le tv». Signora: «Dico, uno lavora notte e giorno, si fa le sue tre tv, e poi arriva D'Alema...». «Quello dà il voltastomaco, con quei baffetti fa crollare l'audience». «Berlusconi invece lo vuole anche il Santoro, perché gli fa dieci milioni». «E Bossi? Con la canotta, signùr, che schifo». «Un barbone, un invidioso». «Lui vince anche senza tv, che si credono, mica siamo scemi noi italiani!». «Io poi la tv non la guardo», «Io nemmeno, soprattutto la Rai». «I( giornali piuttosto, tutti contro». «Ah, se l'avessero lasciato lavorare...». Sospiro. «Cià, denter che gh'è el premier». Dentro, alle 18 il premier non c'è ancora. Il suo Manzoni è pieno. «Sì, ma l'altra sera allo Smeraldo per Prodi c'era il triplo di gente», fa l'agente della Digos, forse comunista. A differenza della tv, il teatro è «naturaliter» di sinistra. Segno di declino politico è piuttosto l'insolita scarsità in sala di belle ragazze. Quelle che «marciano con la Storia» (Giorgio Gaber). In compenso, signore impellicciate, nugoli blu di manager, macchie biancorosse di leghisti pentiti e un pugno di ultras milanisti (Fossa dei Leoni) che inalbera un cartello da curva: «Silvio, un mito, una leggenda». Come Van Basten. Sul palco il colombo Urbani porta i messaggi di saluto di Fini (boato), Casini (applausi), Michelini (clap clap), Costa (silenzio, «E' il leader dell'Ucd...» spiega l'oratore) e Buttiglione (fischi). E finalmente, annunciato dall'inno, sul palco arriva Silvio Berlusconi. Nel suo teatro, a celebrare l'epica vittoria, poi mutilata. E' venuto qui a fare l'elogio del Polo, non a seppellirlo. Un Marc'Antonio un po' inquartato, i tratti tesi. Certo il sorriso non è più quello di un anno fa. Il Discorso invece è rimasto lo stesso. Pieno di speranze, di futuro, di «elezioni» e «voto» (nominati 37 volte, una al minuto), «gente» (14 volte), «politicanti» e «vecchia politica» (14), «sinistre» (13), «la vittoria del 27 marzo» (11), «inganno» e «tradimento» (in totale, 9), più le new entry «establi¬ shment» (5) e l'evangelica «filistei» (2). Una sola citazione per l'uomo del colle, Oscar Luigi Scalfaro, ma senza nominarlo direttamente. A lui Berlusconi si riferisce con la parola che da sempre designa l'unico grande nemico del popolo italiano: «l'Arbitro». Il concetto di fondo dell'arringa è che le prossime elezioni amministrative devono essere un test per le politiche, come del resto succedeva anche nei quarant'anni dell'odiata Prima Repubblica. Ma a parte la scarsa originalità dell'assunto, il tono è «forte» e «da capo» come gli intimava alla vigilia l'amico Pannella. Questo è almeno il parere raccolto nel palco di famiglia. Mamma Rosa, zia Liliana e la sorella Maria se lo mangerebbero di baci. Mamma Rosa a un certo punto si sbraccia in un «Bravo, Silvio!» immortalato da cento flash. Entusiasta anche papà Foscale, marito di Liliana e padre di Giancarlo, nonché proprietario del Manzoni («Son qui dalle 9 del mattino. Mi avevano detto che c'era una bomba. Son distrutto, ma ne valeva la pena»). Peccato piuttosto per quel signore in ottava fila che inter- rompe di continuo «Silvio» per finirgli le frasi, come nella celebre gag di Petrolini-Nerone. «Hanno voluto fare il...» «ribaltone!». «E ora hanno paura della...» «gente, han paura della gente». «Grazie, quanto a D'Alema...» «...fa schifo!». Al che Silvio con molta classe lo disinnesca: «La prossima volta il discorso me lo scrive lei, vedo che ha un senso di sintesi mag- giore del mio». Ma poi si mette a giocare anche lui col popolo. «Si può fermare il futuro?» «noooo» «Vogliamo lasciare il Paese alle sinistre?» «buuh». Vero è che nel dialogo inciampa nell'elogio di Buttiglione («occhio!», gli fa il solito). Ma per compensare arruola subito dopo il Papa: «I nostri valori sono gli stessi del pontificato di Giovanni Paolo II». Comunque è un successone. A grande richiesta, Berlusconi si esibisce in un piccolo bis per il centinaio di fans rimasti fuori dal teatro. Mentre all'uscita un manipolo di signore aggredisce al grido di «comunista!» l'inviato del TG3, Fabio Venditti, veltroniano e pure vestito Standa. «Noi siamo per il confronto...», sorride il mezzobusto, difeso da un solitario passante («ma cosa ci avete paura, che vi espropriano la seconda pelliccia?»). Manca poco alle otto e tutti corrono a casa, al telegiornale. Per vedere e rivedersi alla festa del 27 marzo. Un anno dopo. Fra un anno, chissà. Curzio Maltese Boato per Fini, applausi per Casini e Michelini, silenzio per Costa, fischi per Buttiglione E mamma Rosa si commuove A sinistra: Silvio Berlusconi ieri al teatro Manzoni Qui accanto: il presidente Scalfaro In basso: la signora Rosa mamma di Berlusconi