«L'antitrust anche per auto e computer. Prodi? Metà Balanzone e metà fra Giocondo» Berlusconi rivincita il 23 aprile di Zeni

[ «L'antitrust anche per auto e computer. Prodi? Metà Balanzone e metà fra Giocondo» «L'antitrust anche per auto e computer. Prodi? Metà Balanzone e metà fra Giocondo» Berlusconi: rivìncita il 23 aprile «Fini è fedele, il leader del Polo rimango io» MILANO. Dentro, davanti alla platea del teatro Manzoni che lo invoca («Silvio, Silvio...»), lo interrompe («Sei grande...»), lo rielegge leader del Polo, lancia la sua ultima sfida. «Hanno voluto confiscare alla gente il diritto alle elezioni politiche? E noi chiederemo agli elettori di fare delle elezioni regionali un grande pronunciamento di libertà, faremo capire a tutti che il voto del 23 aprile è un voto politico tra i più importanti della nostra storia». Poi, alla fine, dopo gli applausi e lo sventolio frenetico delle bandiere, ecco il fuori programma nell'atrio del Manzoni: altri cinque minuti di comizio, in piedi sopra la cassa, un megafono in mano, per tuonare («Contro le menzogne che attribuiscono a noi che siamo i missionari della verità») e parlare a chi non è potuto entrare. Lancia il suo guanto di sfida, Silvio Berlusconi. E lo fa, da Milano, nell'anniversario della sua («Della nostra...») grande vittoria. «Un 27 marzo che cambiò la storia dell'Italia». Una vittoria, ricorda, conquistata dalla gente contro tutto e contro tutti: «Contro i vecchi partiti elenca - contro i grandi giornali dei grandi gruppi proprietari, contro la tv di Stato, contro la gioiosa macchina da guerra della sinistra, contro Martinazzoli, contro l'establishment finanziario». Coincidenze: quell'establishment che due chilometri più in là, nell'auditorium dell'Assolombarda, sta applaudendo Lamberto Dini, suo successore a palazzo Chigi, invitato dai grandi nomi dell'industria milanese, Pirelli, Falck, Tronchetti Provera, Cingano, Rondelli, Lucchini: un invito che a lui, Berlusconi, non era mai arrivato. Fischiano e coprono di «buuuu», i mille del Manzoni. Tira aria da campagna elettorale, tira aria di rivincita. Silvio li ha voluti tutti lì, presenti all'appello, in prima fila Urbani, Pilo, Lo Jucco ma anche il buttiglioniano Formigoni (e a un certo punto, tra gli applausi, ecco anche La Russa di An), per lanciare il suo messaggio. Per ribadire che è lui il leader del Polo: «Nonostante le subdole manovre della sinistra che puntavano a catturare l'amico Gianfranco Fini che resta alleato e compagno fedele». Per giurare che, nonostante il ribaltone e la scorrettezza di Scalfaro (nome mai pronunciato) nel non concedere le elezioni («Prima del 27 marzo andammo a votare perché così voleva la sinistra sicura di vincere: niente è più instabile e volubile della funzione di arbitro nel nostro Paese»), la vittoria è certa. Alza la voce, nel suo appello finale: «Siamo intenzionati a ripetere il motto degli antichi romani, repetere libertatem, vogliamo riprenderci la libertà che ci siamo costruiti il 27 marzo del '93 e questa volta la vittoria sarà ancora più bella». E' un boato alle sette e dieci minuti, quando Berlusconi, le mani strette sul petto, gli occhi che corrono su e giù per la sala, finisce di parlare. In alto, in uno dei palchi pieni di giornalisti e telecamere c'è anche mamma Rosa, zia Liliana e Maria, la sorella. Quando Silvio cessa di parlare mamma Rosa alza le mani coccolandoselo con lo sguardo: «Che bravo, che bravo Silvio». Il tempo per chiederle se le è piaciuto il discorso («Bello, bellissimo») e poi via, catturata dalla scorta: «Mio figlio mi aspetta». Se ne va contenta mamma Rosa e con lei la gente di Forza Italia. Resta nei discorsi fuori dal teatro l'eco della carica suonata da Berlusconi. Contro la sinistra, contro Scalfaro, contro chi vuole ridurlo al silenzio. Che sarà lui a vincere, Silvio non ha dubbi. «Il prossimo 23 aprile - avverte - suonerà una campana, il Paese che ha scelto il rinnovamento farà sentire il suo rifiuto delle menzogne e i signori della politica romana si sveglieranno dal loro sogno di poter cancellare la vittoria popolare del 27 marzo». Così, insiste, a poco o nulla sarà servito il ribaltone di febbraio. Le hanno tentate tutte, spiega, i suoi avversari: «Hanno messo su un piano di guerra per eliminare Forza Italia e il suo leader». E adesso, aggiunge, le sinistre vorrebbero addirittura fare decreti ad personam: «In tutti i Paesi civili una legislazione antitrust vale per tutti e in ogni settore, dalle auto ai computer, ma la sinistra pensa solo a devastare quanto è stato co¬ struito con la fatica e il lavoro di uomini liberi». Eh no, conclude, «solo un nuovo Parlamento potrà dignitosamente legiferare in materia tanto grave». E nel nuovo Parlamento, dà per certo il presidente di Forza Italia, la gente sceglierà ancora il Polo. La riprova? «Quelli del ribaltone sono divisi e dispersi e non sapendo a che santo votarsi si sono attaccati alla faccia larga e paciosa di un dottor Balanzone, misto con fra Giocondo». Zac, tra gli applausi, eccoti liquidato Prodi, prossimo avversario. Mentre il Polo non è mai stato unito e compatto come ora: «Il Paese sta con noi, altri amici sono arrivati a rafforzare l'alleanza». Non fa nomi, Berlusconi, ma è chiaro a tutti che si parla di Buttiglione: «Abbiamo gli stessi valori, gli stessi ideali, la famiglia, il cattolicesimo, una posizione comune che riflette il magistero di Giovanni Paolo II». E tra gli applausi ripartono le note: «E forza Italia...». Armando Zeni [ L'onorevole Gianni Pilo mago dei sondaggi di Forza Italia

Luoghi citati: Italia, Milano