Indianapolis: ad attendere il campione davanti al carcere 200 fans e cinquecento reporters Ore 6,16 Tyson torna sul ring della vita

Indianapolis: ad attendere il campione davanti al carcere 200 fans e cinquecento reporters Indianapolis: ad attendere il campione davanti al carcere 200 fans e cinquecento reporters Ore 6,16: Tyson toma sul ring della vita L'abbraccio alla fidanzata, poi in moschea con Cassius Gay LA LIBERTA' DEL RE DELLA BOXE PLAINFIELD DAL NOSTRO INVIATO La seconda vita di Mike Tyson comincia alle 6,16, ora di Plainfield, Indiana. Rinasce attraversando la soglia del penitenziario e ci sono dieci uomini del suo clan a scortarlo, 20 guardie a regolare il traffico, 50 televisioni a filmarlo, -508-giornalisti a-prendere appunti, 200 fans ad applaudirlo, quattro elicotteri a sorvegliarlo dal cielo, un migliaio di uccelli ad alzarsi in volo proprio mentre esce. Mancano gli aruspici per interpretare il presagio nascosto in quel volo, così si può solo aspettare che il destino di Tyson si compia e, aspettando, augurargli di essere lo stesso pugile, ma un altro uomo, perché il mondo intorno a lui non è cambiato e, da quello, non bastano i pugni martello a difenderlo. Il mondo comincia ad aspettare il nuovo Tyson alle 4 del mattino. Lo spiazzo intorno al carcere è affollato di antenne paraboliche e telecamere. Persino una guardia si è portata la sua personale per riprendere l'evento. Le persone comuni, i tifosi di Tyson, sono confinati fuori del recinto della stampa. Sonnecchiano nelle auto acquattate nei viottoli laterali. Hanno portato striscioni e cartelli ricavati da scatoloni di birra. Ci hanno scritto su «Iron Mike, we love you» e disegnato un cuore. Un gruppo di ragazzi indossa una maglietta nera. Davanti c'è scritto: «Mike is back», Mike è tornato. Dietro: «Ora trionfa la giustizia» e la data del 25 marzo '95. Più tardi la Cnn diffonderà l'esito di un sondaggio secondo cui Tyson è stato condannato ingiustamente per il 73% dei neri e solo per il 30% dei bianchi. Tyson si è fatto tre anni di galera, comunque. Adesso è finita, manca solo mezz'ora. Un funzionario della prigione racconterà poi che alle 5,30 Tyson si è alzato, ha fatto colazione man giando brioches e semolino e be vendo un succo di frutta, si è seduto ad aspettare, leggendo una rivista di boxe. Sono gli ultimi minuti di una detenzione che il funzionario definisce «straordi nariamente non straordinaria» in cui l'ex miliardario ha guada gnato 150 dollari al mese e rice vuto 150 lettere al giorno, ha pu lito pavimenti, non si è fatto amici. I suoi amici sono qui, fuori. Arrivano alle 5,54. E' un corteo formato da cinque automobili e una Limousine, una Lincoln nera presa a nolo con targa JBT373 dell'Ohio. Ne scende Monica Teresa Turner, la fidanzata di Tyson. Indossa un tailleur blu, gonna corta. I grandi orecchini d'argento mandano lampi. Dietro di lei il gran cerimoniere, Don King, un paio di armadi guardaroba in pelle nera e due bianchi con la scritta «wanted» in sovraimpressione. Gli autisti restano al volante, senza spe¬ gnere il motore, come se gli altri fossero entrati in banca per fare un colpo. In effetti stanno portando via la loro cassaforte: Mike Tyson. Alle 6 un ragazzo fa il giro dei giornalisti distribuendo un volantino firmato Tyson, che dovrebbe essere una sua dichiarazione non ufficiale. Dice: «Sono molto felice di essere fuori e sulla strada di casa. Ringrazio tutti per il sostegno che ho ricevuto. Avrò più cose da dire in futuro. A presto». Nello stesso momento Tyson sta firmando le carte per uscire. Alle guardie dice solo: «Goodbye and thank you». Straordinariamente non straordinario. Monica Teresa esce e va ad aspettarlo nella Limousine. Alle 6,16 tocca a lui. Lo precede un gigante nero con il cappotto aperto per coprirlo. Lo affiancano tre persone, lo segue, mano sulla spalla, Don King. Dietro il titano, Tyson sembra persino piccolo. Ha sulla testa un copricapo bianco da musulmano, il kufi. Si è lasciato crescere due righe di baffi. Porta una maglia bianca e una tuta nera. La Limousine lo inghiotte. Partono. Alla fine Don King ha acconsentito alla sosta alla moschea. Deve aver capito che fa immagine. Si forma un corteo di auto. Luci e clacson. Gli elicotteri, sopra. Alla moschea ci sono 300 fedeli ad aspettarlo per pregare in¬ sieme. Ad accoglierlo, la sua guida spirituale, Mohammed Seddiq e il suo modello di vita, Cassius Clay. Scendono nella sala delle preghiere. Dopo l'alba non si potrebbe più, ma questa è un'occasione speciale: bisogna ringraziare Allah per aver concesso a Tyson di tornare libero. L'imam recita due cicli di preghiere e legge il primo capitolo del Corano, poi salgono al piano di sopra per un banchetto. Tyson non mangia prima di aver servito personalmente Clay. Il vecchio campione è vittima del morbo di Parkinson, il suo erede gli mette sul vassoio frutta e tè e glielo porta. E' il suo modo per ringraziarlo della solidarietà dimostrata. «Ora Tyson - dirà poi il segretario della moschea - è un musulmano a tutti gli effetti. Non importa che cambi nome, quel che conta è che abbia trovato l'umiltà, propria di chi è veramente religioso. Lui non dice più: sono il migliore, perché sa che è da arroganti. Il talento è un dono di Dio. Ogni evento buono della nostra vita lo è. Mike lo ha capito e questo fa di lui un uomo nuovo di zecca». Alle 8 il nuovo Tyson riparte con tutta la processione che lo venera. Ancora pochi chilometri e poi sarà ad Indianapolis dove lo attende un aereo privato. La destinazione finale è Southington, nell'Ohio, dove possiede l'ultima grande villa che gli è rimasta. Gli apriranno il grande cancello in ferro battuto con le lettere del suo nome forgiate nella parte alta e la porta della casa rustica con trenta stanze e la palestra. E' lì che dovrà ricominciare davvero. Ma questo è un giorno di tregua, in cui tutti sono felici. Lo è Tyson fra le braccia di Monica Teresa. Lo è Don King con la calcolatrice in tasca. Lo sono gli amanti della boxe che ritrovano un idolo. Lo sono i giornalisti sportivi che dicono: «Con questo qui libero, finalmente si ricomincia a girare». Ricomincia a girare la pallina e tutti puntano sul nero. Tyson, più che un giocatore, sembra la pallina stessa. Lo buttano dentro, lo tirano fuori, ma solo quando c'è lui si può giocare. Che il gioco sia pulito, questo è chiedere troppo. La prossima volta, almeno, si può scommettere su di lui a occhi chiusi. Adesso che il gioco è ripartito, si riparte anche da Plainfield, lasciandosi alle spalle le sue tante chiese e le sue tante fedi, il cartello che assicura «Dio è buono sempre» e quell'altro, a un chilometro dal carcere, che avverte: «Siete vicini ad una prigione, non date passaggi ad autostoppisti». Temono che qualcuno carichi un pericoloso evaso o un ex detenuto incattivito. Ma quello che si definiva «l'uomo più cattivo del mondo» se ne è andato via di qui in Limousine. Gabriele Romagnoli Ha mangiato j brioches prima di uscire di cella «Ringrazio tutti per il sostegno che ho ricevuto in questi anni» E' salito su una Limousine Dopo le preghiere ha servito frutta e tè aMohammedAlì Si è rifugiato nella sua villa nell'Ohio «Sono molto felice di essere sulla strada di casa» j Nella foto grande Mike Tyson mentre esce dal carcere. Indossa il kufi, copricapo bianco da musulmano Sopra Mike Tyson mentre sale sulla Limousine nera che lo porterà alla moschea. A destra la donna che l'ha denunciato, Desirée Washington A destra Foreman, accanto Cassius Clay, a sinistra Sonny Liston. Sotto il tennista Bjorn Borg, che aveva tentato di riprendere l'attività dopo il ritiro

Luoghi citati: Indiana, Indianapolis, Ohio, Washington