Un anno dopo il Ruanda, la faida tra le etnie contagia il Paese vicino. Un ex religioso a capo dei killer? Hutu-tutsi massacro in Burundi

Un anno dopo il Ruanda, la faida tra le etnie contagia il Paese vicino. Un ex religioso a capo dei killer? Un anno dopo il Ruanda, la faida tra le etnie contagia il Paese vicino. Un ex religioso a capo dei killer? Hutu-tutsi, massacro in Burundi Cento morti, 20 mila in fuga dalla capitale BUJUMBURA. Hutu contro tutsi, il massacro è ricominciato. La guerra civile tra etnie rivali che, dal 6 aprile dell'anno scorso, aveva seminato sangue e orrore in Ruanda per 3 mesi provocando oltre mezzo milione di morti, contagia adesso il Burundi, Paese vicino e «gemello». Gli scontri tra la minoranza tutsi ( 15 per cento della popolazione) e la maggioranza hutu (85 per cento) nella capitale Bujumbura hanno già fatto un centinaio di vittime, mentre 20 mila dei 300 mila abitanti della città, hutu e africani di altri Paesi, sono in fuga verso il vicino Zaire, il cui confine dista appena 25 chilometri. La cruenta faida tra i due gruppi etnici ha avuto inizio nell'ottobre '93, in seguito al fallito golpe militare tutsi sfociato nell'assassinio del presidente Melchior Ndadaye, hutu, e nella morte di altre 50 mila persone. La nuova carneficina sembra tra l'altro vanificare la missione della «trojka» europea (i ministri degli Esteri di Francia, Germania e Spagna), giunta in Burundi nel tentativo di riconciliare le due fazioni. La capitale del Burundi è teatro di scontri quotidiani da domenica scorsa, quando un comando di sospetti estremisti hutu uccisero 3 belgi e 4 cittadini del Burundi in una imboscata. Il conflitto è riesploso violentemente venerdì. Dopo una notte di incendi, sparatorie ed esplosioni, i combattimenti sono continuati ancora ieri. Secondo l'agenzia cattolica Alfazeta, in contatto con le missioni nella regione, i morti nei due quartieri Bwiza e Buyenzi sono oltre cento, ma anche in altri due sobboghi, Musaga e Kanyosha, ci sarebbero decine di vittime. A dirigere le milizie tutsi sarebbe un ex religioso, cintura nera di karaté. Stando a testimonianze citate da Alfazeta, si chiamerebbe Deogratias Niyonzima, avrebbe 38 anni e da oltre un anno sarebbe l'organizzatore delle milizie «Sans echecs», fedeli all'esponente dell'opposizione ed ex dittatore Jean-Baptiste Bagaza. Niyonzima avrebbe fatto parte della «fraternità» domenicana di Bujumbura, il cui superiore generale ha ripudiato qualsiasi violenza, aggiungendo che, se sarà provato quanto viene detto su Niyonzima, egli non potrà più figurare tra i religiosi consacrati. Radio Burundi intanto afferma che venerdì notte il quartier generale del partito del presidente Sylvester Ntibantungaya - il Fronte Democratico del Burundi, a guida hutu - è stato distrutto dalle fiamme. In un discorso alla nazione, il presidente ha dichiarato ieri sera che tutti i ministri, deputati e funzionari del governo sono stati sospesi per un mese dai loro incarichi e che gireranno tutto il Paese per negoziare la pace con i cittadini. Il segretario dell'Onu, Bqutros Ghali, ha detto di recente: «La comunità internazionale non saprebbe accettare una ripetizione nel Burundi dei tragici avvenimenti avvenuti in Ruanda». Ecco, invece, il macabro bis. Un anno dopo, il Burundi ripropone un'identica tragedia umana sia pure con una politica capovolta. Mentre in Ruanda la maggioranza hutu (85 per cento, con la totalità del potere politico e militare) ha sterminato la minoranza tutsi, in Burundi i tutsi (anche qui il 15 per cento) hanno sempre detenuto il potere politico (perso solo dopo le prime elezioni democratiche del giugno '93), mantenendo però quello sociale e militare. Sociale, perché le famiglie e le personalità dei ceti dominanti che contano e la quasi totalità degli studenti universitari sono tutsi, e mili¬ tare poiché in due anni di potere politico gli hutu non sono riusciti a scalzare i militari tutsi nelle caserme e nella polizia dai loro postichiave. Consci di questa superiorità e poco disposti ad accettare il verdetto delle urne, i tutsi del Burundi hanno tre obiettivi: limitare la rappresentanza parlamentare e ministeriale degli hutu con la speranza di riprendere il potere, proteggere l'etnia tutsi dai massacri e dalle violenze delle bande armate hutu e vendicare i loro fratelli ruandesi evitando ai tutsi del Burundi la stessa sorte. In Burundi si sono formati gruppi di miliziani incontrollati tutsi. Sono queste bande che fanno paura alla gente e che spingono gli abitanti di Bujumbura a cercare scampo in Zaire. Secondo l'Alto commissariato del¬ l'Onu per i rifugiati (Unhcr) nelle ultime 24 ore circa 3600 persone hanno attraversato il confine dello Zaire provenienti dal Burundi e altre 2000 hanno tentato di lasciare il Paese ma sono state fermate dall'esercito. Per l'emittente radiofonica francese Rfi, sarebbero almeno 20 mila gli abitanti di Bujumbura in fuga verso la città zairese di Uvira attraverso il lago Tanganika. Nei campi profughi zairesi vivono ancora circa un milione di ruandesi hutu fuggiti l'anno scorso a causa del conflitto armato. E mentre da Ginevra un portavoce dell'Unhcr ha affermato che esistono mezzi sufficienti per accogliere fino a 50 mila rifugiati del Burundi nello Zaire, da Kinshasa giunge notizia che le autorità zairesi ritengono di non poter più accogliere rifugiati, (e. st.] In Burundi si rischia una replica delle stragi compiute in Ruanda. A sinistra, il Papa

Persone citate: Ghali, Melchior Ndadaye, Sylvester Ntibantungaya