«Rivolta contro l'egemonia snob» di Marcello Veneziani

8fe «Rivolta contro l'egemonia snob» Da destra l'accusa: i salotti non bastano SENZA SINISTRA ITORINO L cuore sta a sinistra, ma il portafoglio è al sicuro a destra. Come dire: tasche piene e coscienza pulita. Oppure: Carlo Marx a braccetto di un Lamberto DinLcon.cilindro e tight da capitalista Anni Trenta. Saverio V'ertone, per far capire quanto il modo di esprìmersi della sinistra sia penetrato tra gli ex nemici, racconta di aver ascoltato durante una cena del Rotary il seguente giudizio: «Quella delle pensioni è una riforma di classe». Oppure, testimone lo scrittore Vittorio Sermonti: «La reponsabilità è reazionaria». Sdoganati anche loro al seguito del vento che ha trasformato i «neo» in «post» fascisti e il muto popolo televisivo in riserva di voti per Berlusconi, gli intellettuali della destra possono parlare chiaro e finalmente dire la loro. «Sì dice Marcello Veneziani - in Italia s'è verificata una saldatura tra la destra economica e la sinistra politica, un incontro di oligarchie nei salotti buoni». Proprio come raccontava quella vignetta sul Secolo d'Italia all'indomani della fiducia ottenuta da Dini grazie alla frangia dei rifondatori comunisti: il premier sotto braccio a Marx. Enzo Carnazza è uno dei nuovi opinionisti della nuova destra. E' funzionario alla Provincia di Torino, scrive fondi al vetriolo su il Giornale di Berlusconi-Feltri e proviene da quel circolo del ripensamento che fu Nuova Società di Vertone (c'era anche lo psichiatra Meluzzi, destinato a battere un pidiessino nel testatesta elettorale a Mirafiori). Viene dal pei ed è stato segretario del Club Turati (psi), ma quando hanno scritto che è diventato di «destra», s'è ribellato: «Sono sempre stato di destra». Forse prima non lo poteva dire? S'è sentito compresso, emarginato, avvilito da un conformismo anti-destra? Ha vendette da consumare adesso che può scrivere fondi su un quotidiano nazionale? Carnazza è troppo mite per manifestare tutti questi sentimenti: «Affermando che sono sempre stato di destra intendo dire che ho sempre appoggiato formazioni che, oggettivamente, facevano una politica che oggi si dice appunto "di destra". La politica dei redditi di Amendola negli Anni Settanta e il decreto anticontingenza di Craxi sono gli esempi che mi vengono in mente». Ha vissuto quegli anni camuffato o mimetizzato? Nemmeno. Confessa Carnazza che l'egemonia culturale della sinistra era tale che «votavo e sostenevo la destra possibile senza la consapevolezza che di destra e non di altro si trattasse». Il caposcuola Saverio Vertone, germanista, traduttore di classici, ex comunista, editorialista del Corriere della Sera dice che «non è avvenuta alcuna transizione di intellettuali da sinistra a destra, nessuna liberazione: lo sdoganamento è stato politico, non culturale». Per lui, nemmeno sul piano politico, vi è stato uno spostamento a destra, ma semmai un «rifiuto di massa all'egemonia della cultura di sinistra che sta finendo in un crampo snobistico». Esempi? Saverio attacca il suo ex amico Diego (Novelli): «Di fronte alla sorpresa del voto popolare per la destra ha detto che tra quegli elettori "c'è gente che non ha nemmeno la terza media" come se volesse dire che i voti contano più o meno a seconda del grado di istruzione di chi li esprime. Lui che ha fatto la quarta...». Vertone è implacabile e viscerale nella distruzione delle icone della sinistra: «Se vincono non avranno nemmeno bisogno della polizia per instaurare la dittatura. Il conformismo è solidificato: non hanno bisogno di impedire alla gente di pensare perché gli fanno già pensare quello che vogliono». Circoli culturali, caste universitarie, giornali, opinion makers: per Vertone è tutto in mano alla sinistra, alleata della borghesia nel mantenere i propri privilegi, visto che non fa più paura al grande capitale, veste le stesse camicie, ha una semiologia che il popolo recepisce con diffidenza: «La gente è preoccupata, il futuro non è limpido, l'occupazione rischia, i sindacati difendono le posizioni più inerti del mon- do del lavoro». Si verificano così due paradossi («ossimori», dice Vertone): la borghesia è a sinistra, il popolo a destra. Marcello Veneziani, direttore de l'Italia settimanale ne fa anche una questione di lingua: «L'elitismo intellettuale della sinistra la taglia fuori nei rapporti con il popolo. La destra, invece usa un gergo più autentico e più immediato». Il conformismo di sinistra, per esempio, domina nei giornali, là dove, secondo Veneziani, s'è celebrato il matrimonio tra destra economica e sinistra culturale. Un incastro da cui la «nuova destra», però, non sa venire fuori: «Non ci sono nuovi opinion makers, anzi il Polo della libertà dal 27 marzo in poi ha favorito una nuova forma di doroteismo che, in televisione, lascia le cose come stanno. Non ci sono nuovi volti, ma i vecchi legati a singoli uomini di potere: si è passati dalla lottizzazzione al neo feudalesimo. Non è un gran passo in avanti». Massimo Fini, ex Giorno, ex Indipendente, battitore libero del barnum opinionista pensa anche lui che i «media» italiani esprimano in gran parte un atteggiamento di sinistra: «I giornalisti sono figli di quella cultura, non v'è stato ricambio». Ma la cultura di destra cosa dà? Fini non ha dubbi: «Sarà anche stata ghettizzata per molti anni, però quando si viene al dunque non mi sembra che abbia molto da dire. La pattuglia dei nuovi editorialisti del Giornale, per esempio, è di una tale faziosità che ci farà presto rimpiangere la faziosità della sinistra». Un altro ex comunista irregolare come Vittorio Sermonti dice che intanto s'è rumorosamente sviluppata la «sindrome del cecchino» e cioè: ti sparo perché non sei con me. E' la televisione, dice Sermonti, che porta a semplificare le idee e ad affermare le più elementari, come l'odio per l'avversario. «Questa cultura è stata propagandata anche alle massaie: 1 odio è il più efficace surrogato dell'identità. Non riconoscendomi più in schemi o ideologie, la mia identità si afferma nell'odio verso gli altri». L'Italia oggi è così: c'è chi odia Berlusconi, chi detesta i baffetti di D'Alema o il sorriso di Prodi. «Io - dice Sermonti - non voglio essere indotto ad odiare, né essere odiato». Anche perché, con la logica del maggioritario, nel giro di due anni si dovrebbe poter passare - eventualmente - da una metà all'altra e in tal caso «sarei costretto ad odiarmi». Antipatico. Cesare Martinetti (4 ■ Fine) Vertone: «Impera il conformismo nella difesa dei propri privilegi» Sermonti: «L'odio si sta sostituendo alle idee» Veneziani: «In Italia c'è stata una saldatura tra cultura del '68 e grande borghesia Ma l'elitismo taglia i rapporti con la gente e porta alla sconfìtta» Degli Antoni, professore di informatica all'università di Milano ha sparato a zero contro i suoi colleghi. Durissimo, l'esor- Qui accanto: Saverio Vertone A destra: Marcello Veneziani bene deve essere cacciato via. Magari ce ne vogliono più di uno». Ma non solo di univer¬ c'è più posto nelle università? E allora fuori gli studenti». Fabio Potetti Veneziani: «In Italia c'è stata una saldatura tra cultura del '68 e grande borghesia Ma l'elitismo taglia i rapporti con la gente e porta alla sconfìtta» A sinistra: Vittorio Sermonti Sopra: Massimo Fini Qui accanto: Saverio Vertone A destra: Marcello Veneziani

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