«Anche Mussolini è stato più democratico di Rocco» di Fabio Martini

llBllllI Mussolini è stato più democratico di Rocco» :. ■1 ■ ■■ \y\-V. ' ' ; _/■«■■•■ ■.■... 'mtt IL REPLAY DELLA SVOLTA LROMA EOPOLDO Elia, raffinato giurista che ò stato presidente della Consulta, confida il retroscena ai suoi amici: «Io avevo consigliato di affidarci a giuristi del valore di Pace e Rescigno e invece tutta questa vicenda l'ha gestita Peppino Gargano..». In un angolo dell'hotel Ergife Vito Napoli, grande amico di Gerardo Bianco, rincara la dose e racconta un altro retroscena: «I nostri si sono fatti infinocchiare da Buttiglione. E pensare che Franco Bassanini, del pds, due ore prima del Cn decisivo glielo aveva detto ai nostri: state attenti, non dovete prendere semplicemente atto delle dimissioni di Buttiglione, dovete farlo decadere per motivi morali, altrimenti un qualsiasi giudice vi frega. E così è stato...». Sono le tre del pomeriggio, nel buio salone dell'hotel Ergife i consiglieri applaudono Gerardo Bianco, cercano di tenersi su con i battimani, ma negli angoli più nascosti le chiacchiere e i sussurri sono tutti dedicati alla grande beffa: la sinistra ha confermato di avere con sé più della metà del partito, ma è riuscita nel «miracolo» di perdere la battaglia in tribunale. Racconta Vito Napoli, che in questi giorni con la sua scassata Y10 accompagna Gerardo Bianco per Roma: «La fase cruciale di questa battaglia sono state le ore che hanno seguito il voto del Cn che ha messo in minoranza Buttiglione. Lui era scosso e i nostri dovevano decidere: dare la mazzata o tergiversare? Bianchi, Marini, Gargani hanno preferito fare i signori, ha prevalso il vecchio riflesso democristiano di non rompere, non strappare. Ma non avevano fatto i conti con un personaggio come Buttiglione che del ppi se ne frega!». I nemici di Buttiglione hanno perso per un eccesso di «democristianismo», ma anche per un altro scrupolo. «Ma sì - racconta Roberto Pinza, che per la sinistra ha seguito passo passo la vertenza - c'è stato un iper-garantismo, una forma di rispetto assolutamente ingiustificato verso un personaggio che voleva una cosa soltanto: restare fisicamente al suo posto». E questo amaro in bocca, questo paradosso di essere maggioranza, ma fuori della porta, ieri si respirava eccome nei corridoi dell'Ergife. E' dell'ora di pranzo l'«istantanea» che fotografa meglio lo stato d'animo del ppi di Bianco. Il presidente del partito Giovanni Bianchi legge la frase-clou della mozione che il Cn deve votare: «L'onorevole Buttiglione si deve pertanto considerare decaduto per violazione del mandato polit...». Parole scandite nel silenzio, parole liberatorie che infatti fanno scattare l'applauso appassionato di una decina di consiglieri in platea. Ma lassù alla presidenza restano tutti impietriti, tutti molto depressi. Sembrano statue di cera: Nicola Mancino, col suo viso da Walter Matthau triste, resta con le mani conserte, Franco Marini non cambia espressione e si guarda bene dall'applaudire. E persino un istintivo come Vittorio Cecchi Gori, vista l'atmosfera, resta immobile, non partecipa all'entusiasmo della «base». Nei corridoi dell'Ergife continua a circolare un curioso sentimento, un mix di impotenza e di odio per il nemico Buttiglione. Gianfranco Petricca, un senatore (ed ex tenente colonnello dei carabinieri) che da Forza Italia è trasmigrato al ppi, tira fuori il più ardito dei paragoni: «Mussolini fu più democratico di Buttiglione: accettò la sfiducia del Gran consiglio del fascismo e si fece arrestare. Eppure aveva ancora il potere...». E in questa orgia di insulti, di denunce, la battuta più carina la dice Luciano Faraguti, quando tutto è finito, quando i riflettori e i microfoni sono spenti: «Ma la sapete una cosa? Pare che lunedì Buttiglione terrà un seminario a Vaduz nel Liechtenstein. Il tema? La democrazia nei partiti...». No, nessuno se lo aspettava un Buttiglione così duro, un filosofo che sapesse sfoggiare tanta spregiudicatezza, tanta abilità nei momenti più difficili. Un Buttiglione che la sera dell'11 marzo, battuto per tre voti, tornan¬ do a casa dal solito Ergife aveva confidato al suo autista Fabio in lacrime: «Lascio tutto». E invece in quelle ore di sconforto ha tenuto duro, è risorto, anche facendo leva sull'orgoglio, sull'alta considerazione di sé, un sentimento che è raccontato da uno splendido aneddoto. Lo racconta Giuseppe Giacovazzo: «Rocco aveva appena finito di parlare alla Camera sulla mozione di sfiducia a Berlusconi e aveva citato De Maistre. Io gli ho chiesto: come mai quella citazione? E lui: perché considero De Maistre uno dei più grandi pensatori degli ultimi due secoli. Gli altri? Gioberti, Del Noce ed io». Fabio Martini Rocco Buttiglione

Luoghi citati: Roma, Vaduz