SUICIDIO DI UNA NAZIONE di Igor Man
SUICIDIO DI UNA NAZIONE SUICIDIO DI UNA NAZIONE E, il suicidio d'una nazione, dice al telefono l'amico algerino. E un altro, con la stessa angoscia che la distanza non sfuma: è il suicidio della ragione, dice. Entrambi sono «laici»: avvocato il primo, professore il secondo. Paradossalmente, in forza di quel cinismo che proprio dei disperati, dopo l'imboscata (frutto della rivalità tra Fis e Già) tesa dall'esercito a una colonna di islamisti tre giorni fa, «una Termopili per i terroristi» (che avrebbero lasciato più di 300 militanti sul terreno; ma si combatte ancora) i due amici dovrebbero trar motivo di speranza dal ir ssacro. La speranza che la lunga, trucida stagione di Caino volga alla hne. E questo perché non sono in pochi, ad Algeri, a pensare che spostandosi lo scontro dalla città alla campagna, ciò potrebbe affrettare la conclusione della guerra civile, a vantaggio delle forze regolari. E poiché il Corano ammonisce: «Non chiedete la pace quando siete il più forte ma la debolezza vi consigli l'umiltà della resa» (XLVII, 8-9), si arriva alla convinzione che prima o poi («più prima che poi») tutti gli islamisti militanti (non soltanto quelli del Fis) imboccheranno «il sentiero di Sant'Egidio»: chiederanno di trattare, cioè, e con realismo. Invece i due algerini «laici» sono pessimisti. Rifacendosi alla guerra di indipendenza, ricordano che furono proprio le spaventose Igor Man CONTINUA A PAG. 6 QUINTA COLONNA
Luoghi citati: Algeri, Sant'egidio
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