I killer delle coppiette di Fabio Poletti

I killer delle coppiette Durante un colpo avevano ucciso un uomo sotto gli occhi dell'amante I killer delle coppiette Condannati i tre ragazzi di Brescia BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO Pensava peggio, Andrea Cipani. Da pochi istanti ha sulle spalle una condanna a 28 anni di carcere per aver ucciso un uomo, Giuseppe Facchetti, freddato con un fucile a pompa calibro 20 la sera del 17 dicembre '93 nella campagna di Cignano mentre si trovava in auto insieme a sua cognata, la sua amante. Pensava peggio, il ventunenne Andrea Cipani quando il presidente della Corte legge la condanna che è di due anni in meno della richiesta del pm, una vita in meno dell'ergastolo. «Pensavo peggio», ripete. E poi sorride. Non dicono nulla i due coimputati, la gabbia più in là. Sta zitto Hans Peli, si stringe nel giubbotto blu, ascolta la condanna a 25 anni. E forse pensa a quella sera quando urlò all'amico: «Spara, spara». Nessuna parola anche da Gianluca Vaglia, 21 anni, della Bassa bresciana pure lui, una vita bruciata in pochi minuti: al volante della Renault 5, in attesa che il colpo andasse bene. Come le altre volte. Sì, perché ci avevano già provato. Ormai li avevano ribattezzati quelli della gang delle coppiette. Ma stavolta qualcosa non ha funzionato. Per lui ci sono 10 anni .di carcere. Meno, molto meno delle richieste dell'accusa che anche per lui voleva una condanna pesante, 21 anni. La sua stessa età. «Sono ragazzi senza valori, desensibilizzati. Hanno i soldi in tasca e nessuno gli ha mai chiesto da dove arrivino. Ragazzi da bar, come tanti», sintetizza il pubblico ministero Guglielmo Ascione che no, non se l'è sentita di chiedere per loro la condanna a vita. Ragazzi da bar, anzi da discoteca. Come quella notte, prima del colpo. A ballare, e poi la rapina, il massacro, il fucile caricato a pailettoni che esplode sulla faccia di Facchetti, il sangue. E le urla di Carla Chiaf, rinchiusa insieme al suo amante agonizzante nel bagagliaio della loro Mercedes 250. Dieci ore accanto ai lamenti dell'uomo che amava. E che adesso stava morendo. E' un film quello che i ragazzi raccontano al momento dell'arresto. E poi ancora in aula, in questo processo durato due settimane e che loro - impassibili - hanno seguito dalla gabbia udienza per udienza. Torcendosi al massimo le mani, stringendo i denti, ricordando. E piangendo come Gianluca Vaglia, quando la donna scampata per caso al massacro rivive secondo per secondo quel film dell'orrore. Loro due in macchina, nudi, al buio, con la paura e il desiderio insieme. Poi come un incubo spuntano dal nulla i ragazzi. Hanno i passamontagna, i guanti, il fucile a pompa. Gridano e hanno l'aria da duri. Ma non sono professionisti. Sono ragazzi di bar che pensano che quella sia la strada veloce per fare tanti soldi. E invece quella strada portò solo all'omicidio, al carcere, alla condanna di ieri. Urlano i tre ragazzi. Vogliono i soldi, cercano la cocaina - che non c'è, non c'è mai stata, né loro l'hanno mai usata - intimano di fare presto. Giuseppe Facchetti, 42 anni, tenta la fuga. Le ruote slittano nel fango. I tre ragazzi perdono la testa. «Spara, spara...», urla Hans. E Andrea preme il grilletto. «Solo quando ho visto il sangue ho capito quello che era successo», ricorda in aula Andrea Cipani. E ieri mattina - prima di una camera di consiglio lunga 12 ore - ripete: «Mi spiace per quello che è successo». Ma il film di quella notte non finisce lì. Camminando con le sue gambe Giuseppe Facchetti viene infilato nel bagagliaio dell'auto. Con lui c'è la sua amante, Carla Chiaf. Dieci ore rimarrà accanto al cadavere prima di riuscire a liberarsi. Dieci ore che ricorda durante il processo, come ieri nascosta da una parrucca e da un paio di occhialoni neri. Lo choc continua fino a oggi. Ripete: «Sentivo il sangue di Giuseppe scorrere sul mio corpo gelido». Fabio Poletti Sospettati per altri assalti nelle campagne Giuseppe Facchetti e l'auto nel cui bagagliaio fu rinchiusa Carla Chiaf

Luoghi citati: Brescia