Se l'uomo ritorna all'età della pietra
Se l'uomo ritorna all'età della pietra Se l'uomo ritorna all'età della pietra CI sono notizie che riportano in superficie strati di civiltà arretrati Che tu credevi sepolti dal progresso; ma se questa, che arriva da Milano (punta avanzata della nostra civiltà industriale ed economica), sarà confermata così come la facevano girare ieri i dispacci d'agenzia, allora lo strato che vien riportato in superficie, e che ci viene sbattuto in faccia, a noi italiani, è una fetta di società che credevamo morta col neolitico. La notizia parla di violenze sessuali su un minore, un bambino di 8 anni, cioè che «adesso» ha 8 anni: questo bambino racconta di essere stato violentato dalla madre, dal convivente della madre (colui che doveva fargli da padre), dal convivente della zia, e da due bisnonni. Non da quello che i sociologi chiamano «un sottosistema» della famiglia, cioè i genitori: ma da una famiglia allargata nello spazio (un clan di famiglie) e nel tempo (addirittura la famiglia dei bisnonni). Tutto il parentado^cpnsjde"* 3rava dunque #bambihò «a disposizione», sessualmente parlando. Quando il giornalismo raccontava le prime storie di violenza su donne, e si trattava in generale di una violenza sessuale di piccoli gruppi, per esempio due amici, Musatti se ne uscì con una interpretazione che ebbe bisogno di tempo per essere accettata: disse che quegli amici, facendo sesso con la stessa donna uno dopo l'altro, in realtà facevano sesso tra di loro: la loro non era più amicizia, diventava una forma di omosessualità dispiegata. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti della psicanalisi, ormai anche le lezioni nelle elementari e le cronache giornalistiche adottano spiegazioni del genere. Sicché nessun lettore si stupirà più, adesso, se diciamo che questo clan di familiari, che ammonta a seisette persone, che facevano sesso, tutti, col bambino piccolissimo, ciascuno conoscendo il comportamento degli altri, in realtà finivano per far sesso I tra di loro: letta così, la storia I mostra ancor più chiaramente il ruolo del bambino per quel che è: vittima sacrificale di riti di perversione del clan. Dicevo prima che la notizia ci riporta così indietro, da farci piombare nel neolitico. Lo dicevo perché è da allora, dalle prime famiglie e dai primi villaggi, che l'umanità si è accorta che con la sessualità sfrenata all'interno della famiglia, la famiglia si disfaceva continuamente: per nascere e restare, aveva bisogno che fosse imposto un ordine. L'ordine che qui non c'è, è stato rotto. E non per ignoranza o per barbarie: la notizia, che stupisce fino all'ultima riga, dice che uno del clan è addirittura laureato. Se mai leggerà queste righe, proverà, suppongo, un moto di orgoglio: noi bloccati all'età industriale avanzata, del tardo cristianesimo, delle remore psicanalitiche, del rispetto dei bambini, e lui che balza di colpo a prima dei villaggi, all'orda, quando tutti i piccoli erano a disposizione di tutti. Lui sperimenta mille, noi zero. Perché purtroppo c!è anche unaforma di «orgoglio» nelle* esperienze negative, se sono uniche, se differenziano, se rendono eccezionali. E questa tale è. Distrugge la famiglia che c'è e rende impossibile farne un'altra. Quel bambino non avrebbe potuto mai farsi una famiglia domani: perché queste esperienze «diventano ereditarie», si trasmettono di generazione in generazione. Storcono i geni, deformano, e il bambino così deformato adotterà comportamenti asociali, che deformano coloro che incontra. Questo bambino aveva già cominciato, è dai suoi comportamenti a scuola, povera creatura devastata, che hanno avuto dei sospetti. Subito la polizia si è messa in moto, ha scoperto altri casi di violenze su altri piccolissimi, ha arrestato qualcuno, più d'uno, ha trovato armi, fucili, pistole: sì, sono degli eversori della società, ma le armi più tremende che usano sono le perversioni sessuali calate come un lievito nelle coscienze non ancora formate. Ferdinando CarnonJ
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