Un Majorana contro Einstein

Un Majorana contro Einstein Un Majorana contro Einstein PIÙ' volte Fermi ebbe a dire, del fisico Ettore Majorana, che era un genio, e di quelli rari. Majorana, giovane professore all'Università di Napoli, scomparve misteriosamente nel 1938. Non si sa a tutt'oggi se sia morto suicida, come volle far credere, o se sia vissuto nascosto in Argentina o in un convento di Toscana. La sua genialità si rivelò ai pochi che potevano capire i suoi lavori di fisica; ma forse si manifestò anche - come suppose Fermi - nel programmar bene quel suo misterioso eclissarsi, esito possibile di una crisi esistenziale. Alcune lettere, che di Majorana pubblicò Recami (Il Caso Majorana, Mondadori, 1987), comprovano che, pur distaccato dalla politica (la quale allora in realtà poco interessava gli scienziati italiani, intenti a guardar dentro l'atomo senza trascurare la carriera), il fisico catanese, mentre dimorava a Lipsia (1933) con una borsa di studio, e per qualche anno di poi, guardò con simpatia a quel che Germania. «La ebraica Quirino Majorain avveniva persecuzione scriveva alla madre riempie di allegrezza la maggioranza ariana. Il numero di coloro che troveranno posto nell'amministrazione pubblica e in molte private è rilevantissimo...». Tutto esatto; ma, sbagliando, scriveva al padre (giugno '33): «Non credo che la Germania possa costituire in avvenire un pericolo per la pace». Cinque anni dopo, da Napoli, dove era stato nominato ordinario di Fisica teorica, scriveva alla madre: «Sono all'Albergo Bologna, via Depretis, che è abbastanza buono... Ho una stanza discreta; oggi me ne daranno una migliore, da cui potrò vedere, fra tre mesi, il passaggio di Hitler». Un mese dopo (25 marzo) scriveva alla famiglia, annunziando quella sua scomparsa, che per l'appunto resta un mistero. Un altro Majorana, Quirino, fisico egli pure e congiunto dell'oramai più noto Ettore, chi scrive questa nota incontrò una prima volta, nel 1921, al Politecnico di Torino, dove sedeva ad ascoltare la sua prima lezione di fisica, che fu per il docente l'ultima a Torino. Era stato infatti chiamato a insegnare a Bologna, dalla prestigiosa cattedra già tenuta da Augusto Righi, maestro e consigliere di Marconi. Quirino Majorana era uno sperimentatore ammirato; già direttore dell'Istituto superiore delle Poste e Telefoni; autore di ricerche sulla telefonia senza fili e su altri modi di comunicazione. Al suo nome [Effetto Majorana) è kgato il fenomeno della birifrangenza provocata da un campo magnetico su soluzioni colloidali. A Torino insegnava Quirino Majorana CHI SA RISPONDERE? dal 1914; ma, durante la summenzionata lezione, non si fece parola di fisica, per il molto baccano degli studenti. Manifestavano essi, perché non volevano che lui se n'andasse; l'applaudivano perché rimanesse. Egli rispondeva con brevi inchini e sorrisetti. Ragione di tanto affetto era ch'egli non bocciava mai nessuno, mentre il successore designato, Eligio Perucca, veniva dai licei con una fama di temibile severità. Passarono anni e passò la guerra. Nel 1949, il Majorana, ormai uscito dall'insegnamento, ma ancora operoso nel laboratorio dell'Università di Bologna, avendo letto sul Corriere d'Informazione la recensione di un libro di Franck su Einstein, ne scrisse al giornalista, ch'era il sottoscritto. Diceva tra l'altro: «Io sono, se non il solo che non accetti la teoria di Einstein, l'unico che francamente osa dire il suo pensiero. Mi accade che, in conseguenza del quasi generale consenso che essa ha ora (una volta c'erano molti oppositori; scomparsi questi, non ne sono venuti altri)..., quanto penso non riscuote credito fra i miei colleghi. Eppure io sono sicurissimo del mio pensiero. Lavoro sperimentalmente per cercare una prova del mio punto di vista. Ma, non essendo più direttore dell'Istituto (sono a riposo da 7 anni), ho grande penuria di mezzi». In sostanza, con questa lettera (e con altre che seguirono) egli intendeva far conoscere meglio, tramite la stampa, il suo pensiero. Io cercai di accontentarlo, come potei, senza entrare nel merito di contrastanti opinioni, con uno o più scritti (del '49), che non ho più ritrovato. Quanto agli esperimenti cui egli accenna (e che non potè condurre al termine voluto), ho ragione di ritenere che fossero una ripetizione (per correggerne l'esito) di quelli di Michelson e Morley, che portarono a negare l'influenza della velocità di traslazione della Terra, nei fenomeni ottici, riferiti alla Terra. Negli Anni Venti, la polemica tra gli entusiasti della relatività e i contrari aveva trovato posto anche nelle pagine dei quotidiani. La memoria mi ha conservato uno scambio di scritti, su La Stampa, tra l'allora direttore dell'Osservatorio di Pino Torinese e il matematico Guido Fubini. Questi (prò Einstein) sosteneva che, con la nuova teoria, si poteva dare ragione di certe anomalie dell'orbita di Mercurio, intorno al Sole; l'astronomo (contro Einstein) ribatteva che quelle anomalie erano, per lui e per i suoi colleghi, «le dernier des soucis». Didimo Perché i primi fiori della primavera sono gialli? Quante probabilità di vincere si hanno giocando un ambo, un terno o una quaterna? Come fa il pulcino a uscire dall'uovo? Perché la pista del circo è sempre rotonda, e non rettangolare come un palco di teatro? Risposte a «La Stampa-Tuttoscienze», via Marenco 32, 10126 Torino. Oppure al fax 011 -65.68.688 Luna è calante o crescente. L'unica differenza è che gli australiani vedranno il nostro satellite (e quindi anche le fasi lunari) «rovesciato» rispetto a come lo vediamo noi. Succede la stessa cosa per le costellazioni prossime all'equatore celeste. Paolo Barretta Chiusi Scalo (Si)