Ma con il tuo rene sono ancora io?

Certi pesci deiGaraibi hanno cambiato abitudini: da solitari, sono diventati sociali, imparando a mangiare cibo congelato portato dagli uomini Certi pesci deiGaraibi hanno cambiato abitudini: da solitari, sono diventati sociali, imparando a mangiare cibo congelato portato dagli uomini ORGANI TRAPIANTATI Ma con il tuo rene, sono ancora io? // difficile processo di «incorporazione» CHE cosa si prova quando dentro di noi viene trapiantato un organo di un'altra persona? Se si pensa al fastidio che può dare una protesi odontoiatrica o un'eruzione cutanea, è naturale chiedersi quali sensazioni insorgano quando una parte «viva», e fino a poco prima appartenuta a un altro, entri a far parte della persona e debba integrarsi nella sua unità somatopsichica. Incorporazione è il termine tecnico che designa il processo, di durata variabile, in cui si assiste alla trasformazione di un organo donato da corpo estraneo a parte di sé. Ciascuno di noi è dotato di una immagine di sé costituita, oltre che dalla percezione dei propri caratteri psicologici e somatici, anche da rappresentazioni più o meno consapevoli di tutte le parti del corpo e delle sue funzioni, compresi gli organi di cui abitualmente non avvertiamo il funzionamento. Tutte le modificazioni di questa immagine innescano una serie di meccanismi volti a ristabilire l'omeostasi e l'equilibrio precedenti. Anche dal punto di vista biologico, oggi sappiamo che ogni nostra cellula e «riconosciuta» dal resto dell'organismo attraverso una sorta di «passaporto» immunitario, e che l'organismo reagi¬ sce con forza ai tentativi di invasione estranea, grazie a meccanismi umorali e cellulari. Nel caso dei trapianti d'organo, vengono utilizzati farmaci immunosoppressori come la ciclosporina, che inibiscono la risposta immunitaria favorendo l'assimilazione somatica contro il fenomeno del rigetto. Gli studi più avanzati dimostrano che una buona accettazione psichica dell'organo predispone a una più rapida integrazione somatica, e anzi rappresenta uno dei fattori principali che contrastano il rigetto. L'incorporazione avviene attraverso fasi successive, e inizia con l'asportazione dell'organo malato, che corrisponde a una situazione di lutto, e richiede una complessa elaborazione prima di venire accettata. Finché questa accettazione non avviene, il nuovo organo verrà percepito come estraneo, fragile e fonte potenziale di sensi di colpa, qualora venga vissuto come qualcosa che è stato sottratto a un altro. In seguito si assiste alla fase di introiezione, nella quale avviene un'assimilazione d'organo parziale, per lo più a livello mentale. Il paziente comincia ad abituarsi alla nuova condizione e riprende progressivamente le precedenti attività ma, a ogni minimo deficit, è an¬ cora portato ad attribuirne la causa al trapianto. L'incorporazione vera e propria avviene solo quando il paziente diventa in grado di scindere l'immagine dell'organo da quella del donatore e di identificarsi con esso. Ciò comporta l'assunzione nel Sé di qualità vere o presunte di un'altra persona, ed è per questp che la maggioranza dei riceventi preferisce avere un trapianto proveniente dal cadavere di uno sconosciuto. In questo modo risulta più facile il percorso di identificazione del paziente con quelle qualità positive che immagina essere appartenute al donatore e di cui si sente carente. Un paziente, ad esempio, ebbe una forte ripresa dell'attività sessuale dopo l'intervento, convinto che il cuore che gli era stato appena trapiantato fosse appartenuto a un focoso amatore. Per lo stesso motivo, i trapianti tra viventi hanno maggior successo quando tra familiare ricevente o donatore vi è una intesa autentica, mentre sono riportati anche casi mortali di rigetto in presenza di una situazione conflittuale. Il processo di identificazione può avvenire in maniera incompleta e generare conflitti di identità psicosessuale se l'organo proviene da un donatore di