1994: UN ANNO PERONISTA

1994: UN ANNO PERONISTA 1994: UN ANNO PERONISTA Deaglio, diario per ricordare MMILANO EMORIA di un anno memorabile, il 1994. Quando parecchi ragazzi italiani lanciavano pietre dall'autostrada. E lo zio di Totò Riina passeggiava solitario nel braccetto speciale di San Vittore. E a Bronte, Sicilia, un fratello ammazzava il fratello davanti all'obiettivo di una handy-cam. E Maria Gonzales, transessuale di Galizia, batteva i marciapiedi di Rimini, con le sue protesi al silicone, infischiandosene dell'Aids. E i 3 milioni di depressi italiani inghiottivano Prozac per fare buoni sogni senza desideri. E un uomo dal sorriso smagliante, re dei buoni sogni e della televisione, costruiva un partito per vincere le elezioni. Dalla finestra di «Milano, Italia», trasmissione cancellata nella nuova Rai, Enrico Deaglio ha guardato per ricordare, e i ricordi cono diventati un libro, Besame mucho. Diario di un anno abbastanza crudele (Feltrinelli, pp. 167, L. 20.000). Nato come? Un giorno dello scorso inverno il suo vecchio amico Amedeo Molciani (professore in pensione, membro del «Club della memoria», uno degli stravaganti personaggi di questo libro) gli ha detto: «Questo sarà un anno importante, tenga un diario, ci annoti gli avvenimenti, anche quelli più minuti». Deaglio lo ha fatto: quaderni, appunti, fotocopie. Non tanto per le notizie diventate cronaca ufficiale - il processo Cusani, la vittoria delle destre o, per dire, la guerra in Algeria - ma per annotare quelle sottotraccia, i dettagli che Carlo Ginsburg chiamava «indizi». E' pieno di indizi il libro di Enrico Deaglio - che adesso sta nellu sua poltrona, ultimo piano di casa con ballatoio, caffè, e là sul tavolo, il passaporto - a cominciare dal titolo eccentrico, con quel ritornello di canzone argentina, scelto per due ragioni: ((Avvertire il lettore che si tratta di un diario molto personale. Evocare l'Argentina di Perón, il peronismo, a cui ci stiamo pericolosamente avvicinando». Vicini quanto? «Abbastanza da averne paura». A metà libro compare una coppia di professori algerini Hassan e Houria, approdati all'università di Pisa, in fuga dal sangue di Algeri e, incontrandoli, Deaglio scrive: «Sono venuto perché vorrei capire che cos'è la paura, come nasce, come si manifesta». E più avanti: «La paura in Italia non c'è, anche se cominciamo a essere circondati. Ed è per questa curiosità, mista a un lievissimo presentimento, che vorrei sapere da Hassan come e quando ci si accorge che è tempo di andare». Adesso Deaglio sorride e là sul tavolo c'è sempre il passaporto. Dice: «Quel presentimento di minaccia lo sento ancora. Si è seminata troppa aggressività e si è capito così poco di come sta cambiando l'Italia, sempre più disunita, sempre più conflittuale, assediata dai misteri che non si // libro di Borsa, edito dal ( 'orhacrio. racconta il terremoto politico de/I' Uia dopo la bomba atomica su Hiroshima Im UNICA zona del ^9 mondo che non venne sconvolta dalla seconda guerra mondiale e dai suoi effetti furono le Americhe, dove non si sparò un solo colpo di cannone. Naturalmente cambiò profondamente il ruolo degli Stati Uniti, divenuti la superpotenza dell'Occidente. Per contro, tutti gli altri continenti ne risultarono modificati in maniera irriconoscibile: l'Europa divisa e sottoposta all'egemonia statunitense e alla dominazione sovietica; la potenza della Germania annientata, quella dell'Inghilterra e ancor più della Francia drasticamente diminuita; l'euroasiatica Unione Sovietica divenuta coprotagonista del potere mondiale; in Africa gettate le basi della crisi del colo- svelano mai, dal passato che non passa, ma anche incalzata da un presente sempre più veloce, choccante. La destra che vince in pochi mesi, si installa al governo, poi si sgretola, producendo crisi perpetue. E in sottofondo un rumore indistinto di rabbia, rancori, disillusioni. Ma ancora tutto inespresso. Ho viaggiato nel Sud e ho risentito l'aria degli anni più cupi. Ho viaggiato nel Nord e mi ha colpito scoprirlo esausto». La Terza Rete, per lui, è stato il punto di osservazione: «Dentro a "Milano, Italia" ogni sera passavano decine di storie, testimonianze, notizie che facevano appena in tempo a trapelare nei pochi minuti della diretta. Così le ho conservate nei miei appunti». E nel diario ha seguito quelli, facendoli diventare sentieri assolutamente personali. Avrebbe potuto scrivere in prima persona chi e come ha cancellato la sua «Milano Italia», raccontare il ventre della Rai che è poi il ventre di tutti gli altri Palazzi. Invece ha scelto il colpo d'occhio della Sala degli affreschi della società Umanitaria (luogo della trasmissione) ritornata ai suoi silenzi, per raccontare il rumore del nuovo conformismo. L'Italia di Enrico Deaglio è a doppio fondo: familiare e inaspettata. Ci racconta gli operai della Ferrerò che la mattina del 7 novembre, ad Alba, spazzano via l'acqua dell'alluvione, circondati da migliaia di ovetti arancione galleggianti, quelli delle sorprese Kinder. Oppure scava nei ricordi del padre di Ilaria Alpi, giornalista Rai ammazzata in Somalia, per riannodare i molti depistaggi, incongruenze, dimenticanze dell'inchiesta che si perde nel nulla di Mogadiscio, e nel quasi niente di Roma. O ancora: parla di una donna delle pulizie, che qui a Milano, 50 anni fa, era in piazzale Loreto e ricorda l'odore del sangue, i cadaveri appesi, ma anche (ricorda) la smagliatura nelle calze di Claretta Petacci. C'è per esempio il muratore bresciano che racconta la sua fatica da un milione e mezzo al mese: «Sveglia alle cinque meno dieci, traghetto da Monte Isola a Sala Marasino. Lì c'è il pulmino che ci porta a Milano. Mai stato a Sala Marasino alle cinque e mezzo di mattino? Sembra un aeroporto, è pieno di pulmini. Vengono giù tutti a Milano a fare gli edili. La sera torniamo. Alle nove e un quarto sono a casa, mi metto sul divano di fronte alla televisione e quando mi si chiudono gli occhi mi sposto nel letto. Tutto qui». C'è per esempio l'elettricista incontrato in un bar di Arcore, che racconta di avere installato nel mausoleo di Berlusconi (marmo, sculture siderali di Cascella, 36 posti pronti) un motore diesel Ruggerini per produrre elettricità: «Non ho capito perché abbiano voluto un gruppo elettrogeno così potente. Una cosa spropositata, senza senso. A meno che il cavaliere non voglia farsi ibernare». Possibilissimo, dentro a un mausoleo che ricorda contemporaneamente Tutankamon e Gadda e che le carte dell'ufficio catasto di Arcore registrano come «struttura marmorea con annessi materiali». nialismo europeo; in Asia un grande terremoto. Ed è al grande terremoto asiatico che Giorgio Borsa, uno dei nostri più autorevoli studiosi della storia dell'Asia, ha dedicato un limpido lavoro di sintesi, nella collana storica della casa editrice Corbaccio diretta da Sergio Romano, che copre il periodo che va dall'attacco nipponico alla pace con il Giappone: Dieci anni che cambiarono il mondo 1941-