Contrapposti ma «ad armi pari» con un nemico comune l'orologio
TIVÙ' & TIVÙ' TIVÙ' & TIVÙ' Contrapposti, ma «ad armi pari» con un nemico comune: l'orologio SCHIERATI. Contrapposti. Divisi. Ma «ad armi pari», obbligati soprattutto a rispettare i tempi. Un orologio conta i minuti in sovrimpressione, come già succede da Paternostro a «Diritto di replica». La sede del nuovo settimanale «Ad armi pari», in onda dall'altra sera su Raitre, è un teatro, il Belsito di Roma, che ricorda tanto il salone dell'Umanitaria di Milano, da cui veniva trasmesso il mai dimenticato «Milano, Italia», di Gad Lerncr prima, di Gianni Riotta e Enrico Deaglio dopo. «Milano, Italia», con quel conduttore solo nella fossa dei leoni, è stato per l'informazione ciò che «Quelli della notte» fu per il varietà: un programma che ha fatto epoca. Grazie alla novità, alla freschezza, al richiamo popolare e nello stesso tempo elitario. Un'apparente contraddizione sanata semplicemente dai fatti. Trasmissioni come queste rappresentano casi felici, e in quanto felici rarissimi, di quadratura del cerchio televisivo: una televisione di sostanza che riesce pure a piacere a molti, a beneficiare del magico ascolto. Poi le cose sono cambiate, alla a me I asco 1 Pc Rai, la fisionomia di Raitre è diventata incerta. Cacciato Guglielmi, l'uomo che più volte era riuscito a mettere insieme il popolare e il sofisticato, la rete e il suo pubblico si sono sentiti vagamente allo sbando, come peraltro tutta l'azienda. Al posto della foga di «Milano, Italia», sono andati in onda a lungo i tranquilli dibattiti di Andrea Barbato, civili, civilissimi, spesso ai confini con il soporifero. «Ad armi pari» era particolarmente atteso anche perché segnava l'arrivo, sulla rete che fu la più rossa, di Arturo Diaconale, giornalista di destra. Scandalo, come se il «sancta sanctorum» fosse stato violato, A mano a mano le caratteristiche della trasmissione sono andate precisandosi, non una voce alla destra, ma un confronto settimanale su temi politici: nella prima puntata si è parlato di elezioni. I conduttori sono due, Arturo Diaconale, che rappresenta la destra, e Renzo Foa, che rappresenta la sinistra. Ognuno di loro ha due ospiti (l'altra sera Giuliano Ferrara e Pierferdinando Casini da una parte. Beniamino Andreatta e Cesare Salvi dall'altra) assisi su una specie di scran¬ no a gradoni. Tra loro un grande orologio, tutto in delicati colori grigi e azzurri. Anche il pubblico è diviso in due e così quando si fanno le domande si capisce subito dove si va a parare. I due conduttori hanno un minuto per introdurre l'argomento, gli ospiti hanno un minuto ciascuno per illustrare la loro posizione, poi ci sono sei minuti per il «controintcrrogatorio», dopo tocca al pubblico. Al debutto, come spesso accade ai debutti, Diaconale e Foa (che per essere «ad armi pari» il più possibile sono anche coetanei, 49 anni) erano un po' impacciati: qualche problema con le mani - chi non recita per professione non sa mai dove metterle qualche incertezza nella voce, qualche tentennamento nella prontezza interventista volta a sedare le urla che nonostante la ferrea regolamentazione non sono mancate. Chi ha vinto? Nessuno. E nonostante l'intento dichiarato dai due all'inizio del programma («Speriamo che qualcuno passi nelle file opposte»), tutti sono rimasti ben arroccati al proprio parere. Alessandra Co mazzi zzi |<
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