«La guerra mondiale? Voluta da Roosevelt» di Maurizio Assalto

polemica. Pamphlet revisionista di Gobbi, che accusa: il mio libro boicottato da tutti polemica. Pamphlet revisionista di Gobbi, che accusa: il mio libro boicottato da tutti «La guerra mondiale? Voluta da Roosevelt» c HI ha provocato la seconda guerra mondiale? Il delirio , d'onnipotenza dei nazisti, è ila risposta più facile (pro^SéInabilmente troppo). L'intrico dei problemi politico-economici lasciati aperti dal conflitto del '14-18 e dai successivi trattati, è la spiegazione della storiografia più accreditata. Niente affatto, insorge ora Romolo Gobbi, storico del movimento operaio, ricercatore all'Università di Torino, che alla questione dedica un saggio intitolato proprio cosi, Chi ha provocato la seconda guerra mondiale? (sottotitolo Una revisione nel segno della complessità), in libreria fra qualche settimana per i tipi di Muzzio. Macché Hitler, macché errori della diplomazia internazionali;. La più grande tragedia nella storia dell'umanità è stata lucidamente voluta dagli Stati Uniti e dall'Unione Sovietica, e segnatamente da Roosevelt e Stalin, animati da opposte ma convergenti aspirazioni universalistiche: l'uno per costruire e dominare il mercato mondiale, l'altro per realizzare il comunismo su scala planetaria. Alle provocazioni storiografiche Gobbi ha fatto l'abitudine. Tre anni fa aveva suscitato discussioni a non finire con un pamphlet in cui smontava // mito della Resistenza, confezionato secondo lui da storici e politologi al fine di costruire un'identità nazionale. Adesso allarga il campo visuale «Non sono andato in cerca di fonti nuove premette -. Piuttosto, mi sono dedicato a un rimontaggio di materiali già pubblicati». E proprio riconsiderando questi materiali, dice, nascono i sospetti. Per esempio: come si spiega il voltafaccia della stampa britannica, e del Times in prima fila, che da una posizione favorevole all'appeasement a oltranza, nonostante l'avanzata nazista, nel '39 improvvisamente cambia registro? E perché mai nello stesso anno il premier inglese Chamberlain, sul treno che lo portava da Londra a Birmingham, per una conferenza, stracciò di colpo il discorso che aveva già preparato, e ne improvviso un altro con cui metteva in guardia contro la Ger- mania? Motivazioni ideali? Gobbi non ci pensa neppure: «Chamberlain aveva dato troppe prove di cinismo, per esempio abbandonando al suo destino la Cecoslovacchia di Benes, l'unica nazione democratica in Europa. D'altra parte il premier aveva ben chiara la fragilità dell'impero britannico e sapeva bene che una nuova guerra avrebbe potuto farlo saltare. Eppure si imbarcò ugualmente nel conflitto, e senza averne un interesse economico. Perché?». Fu forse un errore, o una scelta irrazionale. Oppure il frutto di una pressione, magari di un ricatto, suggerisce Gobbi. Di chi? Bisogna fare un passo indietro. «Alle origini della guerra c'è la crisi del '29, che rende clamorosa la supremazia industriale degli Stati Uniti e l'insufficienza del mercato interno a assorbire la massa delle merci prodotte. Ne consegue il disegno strategico di allargare i confini commerciali. Ma questa mira si scontra con la divisione del mercato mondiale, con la concorrenza della Gran Bretagna da un lato e del Giappone dall'altro». Sarebbe stato Roosevelt a giocare Chamberlain, inducendolo a agire contro gli stessi interessi inglesi. Il presidente americano puntava alla guerra perché sapeva che ne sarebbe uscito a pezzi il potenziale economico dei concorrenti sui mercati occidentali e asiatici. E, aggiunge Gobbi, «non avendo il potere di dichiarare le ostilità, con il massimo cinismo fece in modo di venire pugnalato alle spalle a Pearl Harbor. Lo stesso atteggiamento di Stalin». E qui entra in gioco il dittatore georgiano. «A differenza di Hitler fiducioso che il patto Molotov-Ribbentrop avrebbe avuto come effetto di dissuadere Londra dalla guerra antinazista, venendo a mancare l'appoggio sovietico - Stalin sapeva che proprio quell'accordo avrebbe reso inevitabile lo scontro. Ma perché, pur avvertito da molte parti dell'imminente attacco nazista, nel '41 si lasciò sorprendere? Forse aveva bisogno di essere aggredito per mobilitare il senso patriottico di una nazione tutt'altro che vogliosa di combattere». Nell'ottica sovietica la guerra avrebbe finito col consumare le energie delle potenze occidentali: l'ultima fase delle contraddizioni capitaliste che avrebbe preceduto l'instaurarsi del socialismo. Roosevelt e Stalin, dunque, i veri colpevoli. Più di Hitler e Mussolini. E l'opportunità di una «revisione» storica, sottolinea Gobbi, «è tanto più evidente oggi, quando la battaglia fra dollaro, yen e marco testimonia come la guerra del '39-'45 non abbia risolto nulla, e come si riproponga il problema di un mer- cato e di chi debba esserne egemone». Una tesi inevitabilmente destinata a creare polemiche. Gli indizi ci sono già tutti nella travagliata vicenda editoriale del libro («rifiutato da vari editori con scuse varie - scrive Gobbi in una risentita postfazione -, ma sostanzialmente coincidenti sulla natura "revisionista" del testo»), nonché nelle vicissitudini accademiche da cui il lavoro è stato accompagnato. Registriamo il parere di Massimo Salvadori, autore di una Storia dell'età contemporanea adottata nella gran parte dei corsi universitari, a cui abbiamo anticipato le tesi del saggio. Pollice verso: «Scusi se rido - è la prima reazione -. Ma credo che se Gobbi avesse scritto un giallo, forse forse...». In sintesi, ecco le obiezioni. Per quanto riguarda l'Unione Sovietica: «E' chiaro che Stalin vedesse di buon occhio un conflitto fra le nazioni capitaliste. Ma questo non significa che volesse coinvolgere il suo Paese nelle ostilità. Perché avrebbe voluto entrare in guerra, dal momento che la guerra se la stavano già facendo Germania, Inghilterra e Francia?». Per quanto riguarda Stati Uniti e Gran Bretagna: «Dire che Londra non fosse toccata nei suoi interessi vitali dalla politica tedesca è una cosa che non sta né in cielo né in terra. La posizione a lungo favorevole all'appeasement è spiegabile con il fatto che l'Inghilterra era stretta fra due pericoli, la Germania nazista e l'Unione Sovietica, e fino a un certo punto credette di poter giocare Hitler contro Stalin. Ma non dimentichiamo che se Chamberlain spingeva in questa direzione, la linea di Churchill era opposta. E poi gli Stati Uniti. E' vero che tenevano d'occhio le contraddizioni europee per sfruttarle a proprio vantaggio. Ma da qui a dire che Roosevelt abbia consapevolmente e programmaticamente perseguito lo scoppio della guerra mondiale, ignorando gli attori principali della vicenda... Questa non è storia: è sensazionalismo, scandalismo storiografico». Maurizio Assalto «Usa e Urss avevano interessi opposti ma convergenti al conflitto» Salvadori: «Tesi infondate, questo è solo sensazionalismo» Qui sopra Adolf Hitler e Benito Mussolini Nella foto in alto Roosevelt e Stalin a Yalta