Ucciso dopo la lite sul tradimento in tv di Pierangelo Sapegno

Cremona, stavano seguendo il caso del marito infedele che da Mengacci aveva chiesto perdono j Mafia e cocaina Cremona, stavano seguendo il caso del marito infedele che da Mengacci aveva chiesto perdono Ucciso dopo la lite sul tradimento in tv Giornalista accoltellato dalla moglie gelosa CREMONA DAL NOSTRO INVIATO Una storia cosi, Luciano forse l'aveva già scritta. «Mi piace far la nera», diceva, «perché parli della vita». La nera, nel linguaggio dei giornali, è la cronaca dei delitti. E' morto come in uno dei suoi racconti, involontario protagonista del suo lavoro. Ieri pomeriggio, l'Ansa ha spedito sui tavoli delle redazioni tre lanci: «Giornalista ucciso dalla moglie a Cremona». Luciano Zignani era un cronista di provincia, 44 anni, metà dei quali passali a cercar notizie e a scriverle, e ha finito di vivere quand'era scesa la sera di martedì, nel tinello di casa davanti alla televisione. Una lite richiamata dalla storia che il Tg5 stava riportando, quella di un marito infedele che dopo aver chiesto scusa pubblicamente alla moglie, c'era invece ricascato. La moglie, Donatella Galimberti, l'ha colpito con un coltello da cucina alla gola, forse senza volerlo, o forse in un raptus d'ira. Il delitto, in fondo, sarebbe tutto qui. Una notizia a una colonna, come si dice in redazione, una delle tante. Dicci righe dentro una pagina. Se i giornali oggi riempiranno colonne d'inchiostro, è solo perché Luciano Zignani ha fatto questo mestiere, in prima linea, ed ò questo ciò che colpisco. Stava dall'altra parte, queste storie le raccontava, e chissà perché quel confine invisibile che divide i te- stimoni dai protagonisti sembra una barriera che non si può passare. Non è vero, invece, questa volta come altre. Luciano Zignani viveva Cremona, una di quelle città che si addormentano presto. Si era sposato prestissimo con Donatella Galimberti, che aveva tre anni in meno di lui. Angelo, il padre di lei, è un uomo molto conosciuto: possiede un'impresa di opere stradali e ha cointeressenze nei dolciumi Vergani. Adesso è distrutto, parla con un 111 di voce: «E' un terribile incidente, ne sono sicuro, una disgrazia. E ora mi ritrovo con un genero che non c'è più, una figlia in carcere, e un nipote solo, senza papà e mamma». Luciano quando aveva vent'anni faceva il maestro e poi s'era impiegato alle Poste a Pizzighettone, un paese della Bassa, a pochi chilometri da Cremona. Ma il suo sogno era quello di fare il giornalista, e c'era riuscito nel '76, quando l'avevano assunto alla Provincia, il quotidiano della città. Aveva 25 anni, allora. E un po' di carriera ne aveva fatta. Era diventato caposervizio al suo giornale, e corrispondente dell'Ansa e del Giornale. Di nera, la sua passione, ne scriveva più poca. «Mi manca», diceva alla sera quando indugiava con i colleghi, «perché a me piace stare in mezzo alla gente, e sapere per primo le cose che gli altri vogliono conoscere». L'altra sera, Luciano se n'era uscito dal giornale poco dopo le 21. Pochi minuti per andare a casa, in un rustico riadattato a San Quirico. Qualche mese fa, i rapporti fra lui e Donatella erano diventati tesi, per via di un'avventura che aveva preso Luciano. Negli ultimi tempi, però, erano tornati normali. «Li avevo visti venerdì e avevamo parlato insieme», ricorda don Angelo, il loro parroco. «Donatella mi aveva detto che lui voleva un altro figlio. Mi sa che glielo darò, aveva aggiunto». Ma l'altra sera, mentre stanno cenando, in tivù si narra di Andrea Vernassa, artigiano che implora perdono dal carcere di Cuneo per aver sparato a sua moglie e ad An¬ gelo Locci. Angelo Locci, un infedele impenitente, se n'era andato a Retequattro da Mengacci per chiedere pubblicamente scusa alla moglie. Qualcosa scatta amaro nella mente di Donatella: «Ecco gli uomini, promettono sempre e poi ricadono». Luciano sbuffa: «Ancora con queste storie, non si può continuare in eterno». Donatella urla, torna sulla vicenda di qualche mese prima fra il marito e una ragazza. Lo afferra per la camicia, lui la spinge via. Lei prende dal tavolo un coltello, e lo abbassa. Un raptus? Un gesto minaccioso? Il coltello penetra nella gola di Luciano e gli trancia la carotidite. Lei chiama il 113. «Accorrete, ho ferito mio marito». La trovano se¬ duta, affranta: «Ma cosa ho fatto? Come ho potuto?». Il sostituto procuratore che guida le indagini, Giuseppe Giuffrida, per ora parla di omicidio volontario. Lui, Luciano, lo conosceva bene Giuffrida. E conosceva bene anche Francesco Nuzzo, un altro magistrato che adesso si passa una mano sulla testa: «Che dire? Un raptus. Ma anche meno. Io penso che se Donatella avesse avuto sottomano un libro gli avrebbe tirato quello». Luciano chissà cosa avrebbe scritto. Ci sono cronisti che sanno leggere le storie e raccontarle. Ma il destino mai. Quello, non lo si può leggere. Pierangelo Sapegno «Amava la cronaca nera, è diventato protagonista di una delle sue storie» Luciano Zignani e la moglie Donatella Galimberti A sinistra la casa in cui e avvenuta la tragedia

Luoghi citati: Cremona, Cuneo, Pizzighettone, San Quirico