Spot in tv e computer per il trionfo di Allah di Giuseppe Zaccaria

Spot in tv e computer per il trionfo di Allah Spot in tv e computer per il trionfo di Allah L'AVANZATA INTEGRALISTA LISTANBUL A ragazza è poverissima e bella, sotto i lembi del «chador» gli occhioni scuri paiono lame puntate sulla coscienza del mondo. «Mio padre ha perso il lavoro - dice - siamo poveri, senza casa, e il governo non fa nulla». Pausa. Poi lo sguardo s'accende: «Ho deciso: vado col Refah». Dissolvenza, arabeschi di musica che s'intrecciano a una marcia, immagini di donne in corteo chi' impugnano cartelli con spiga e mezzaluna rosse. Ecco, nella continua altalena turca, uno dei momenti in cui il Paese sembra più lontano da quell'Europa che continua a immaginare. E' solo uno «spot» televisivo ma contiene tutto. Il «Refah Partisi» o partito del Benessere, rampante movimento islamico, si candida anche così a guidare la Turchia di fine millennio. Può sembrare strano un discorso sul fondamentalismo, proprio mentre le truppe speciali turche inseguono i curdi anche in territorio iracheno. Ma se a SudEst questo problema è appena riesploso, se a Nord-Ovest lo strisciante conflitto con la Grecia alterna sopori a impennate, se al centro esatto del Paese s'è appena acquetata la rivolta degli alauiti, nello vicende turche la questione del «Refah» resta centrale. E si tratta di un partito in molti sensi straordinario. Un movimento integralista che guarda all'indietro sedendo al desk di un computer, che aiuta i diseredati l'ondando banche, che impone il velo alle donne ma crea una propria Confindustria. vuol dipingere il Paese del verde coranico ma apre televisioni proprie. Il «Refah» ò temibile proprio perché vuol tornare indietro applicando quanto di più moderno l'Europa possa fornire. Quartiere di Beyoglu (l'antica, peccaminosa Pera già ripulita dai suoi eccessi occidentalizzanti, in primo luogo spettacoli di strip tease). Piccola sede del partito del Benessere. 11 funzionario è cortese ma inflessibile: nessun colloquio coi dirigenti del partito e neanche col sindaco del quartiere, Mustafa Dindarol, se non dietro richiesta scritta e attesa indennità. Dietro la vecchia scrivania e un divano dall'aria parecchio usata fa però capolino un terminale Ibm. Si sa come vanno certe cose: l'attesa di un tè, quattro chiacchiere che servono a motivare qualche spiegazione, ed ecco chiarita la funzione del terminale. «Qui conserviamo traccia di tutte le persone che abbiamo aiutato». Un archivio, insomma. Una schedatura. Sono anni, dalla caduta del «Partito della Salvezza Nazionale», che il rinnovato partito islamico di Turchia ha deciso di cambiare sistemi. Il punto di partenza non è diverso dagli altri. Militanti, quasi sempre donno, battono porta a porta i quartieri più devastati, si rivolgono a gente che ha abbandonato le campagne per la povertà e la paura e adesso vive in sterminati ghetti. E le buone donne islamiche del «Refah» a bussare, a chiedere «di cosa hai bisogno?», a portare piccoli doni, assicurare appoggio, procurare una visita medica, dare consigli. Necmettin Erbakan, 71 anni, leader indiscusso del partito islamico, docente d'ingegneria e uomo d'affari, l'Europa la conosce bene: ha studiato in Germania, vi ha lavorato per molti anni, e del concetto di organizzazione ha mantenuto una considerazione altissima. Dall'ardore che lo anima sono prova le frequenti apparizioni televisive, tutte coronate da grande successo. Le tesi sono nette, comprensibili a tutti ed enunciate con la perizia di un «anchorman». La Comunità Europea? «Guardare a Occidente ci ha condotti al disastro, bisogna volgere lo sguardo dall'altra parte. Ci battiamo per la nascita di un Mercato Comune Islamico, dove anziché spettatrice la Turchia sarebbe trainante». Quando e in forma, il professor Erbakan non lesina sulla forza delle immagini. Immagina una Turchia dove alla vecchia e inflazionatissima lira si sostituisca il «rial» saudita. Dove il sistema bancario - travolto un paio d'anni fa da una nuova serie di scandali e fallimenti - sia sostituito da un «sistema di solidarietà» che intanto può già contare su una banca capofila e numerose consociate. La «Feisal Finans», formata con capitali sauditi, ha inaugurato un sistema di prestiti che esclude l'usura (come da prescri¬ zioni della «Shariah»), ma per il momento si limita ad azioni dimostrative sul piano dell'aiuto ai bisognosi. E alla Confindustria turca si è già affiancato da qualche anno il «Tusiad», assise di industriali islamici che può contare su alcuni dei maggiori gruppi del Paese. Lo scandalo degli aiuti ai «fratelli» di Bosnia non ha frenato l'attivismo del sistema finanziario del «Refah». Pare che molti miliardi raccolti in Turchia per la gente di Sarajevo (la cifra è assolutamente incerta: si va dai 5 ai 60 milioni di dollari) siano transitati dalla Germania per poi rientrare in gran parte e finanziare l'espansione politica degli inte¬ gralisti. Adesso il partito possiede anche due networks televisivi: «Samanyolu» e «Trgt». Spot pubblicitari, vecchi film western, lunghi reportages su pellegrinaggi alla Mecca e ogni tanto qualche svago. «Trgt» ha trasmesso di recente un servizio sulla moda islamica. Un servizio montato benissimo, dove tra veli e palandrane ad un certo punto sono apparse anche modelle che sotto il «chador» -portavano- vestiti al ginocchio. Gonne corte per una tradizionalista? La speaker ha avvertito, tranquilla: «Si possono indossare, ma solo quando si ò fra donne». Giuseppe Zaccaria Il leader del partito islamico, il «Refah» è un tecnocrate che immagina una Turchia che abbia come moneta il rial saudita

Persone citate: Erbakan, Mustafa Dindarol, Necmettin Erbakan, Pera