Bettino, il titano di Hammamet di Filippo Ceccarelli
Bettino, il titano di Hammamet Bettino, il titano di Hammamet II super-attivismo di Craxi, esule annoiato CARTOLINE DALLA TUNISIA ACCI oggi il nostro messaggio quotidiano. Ed eccolo, stavolta attraverso il settimanale britannico European. Se ieri, ovviamente dalla Tunisia, Bettino Craxi aveva reso pubblici i suoi rapporti «d'amicizia c di solidarietà» con Frangois Mitterrand, oggi affronta con severità i destini storici e istituzionali dell'Italia, consiglia il rapido scioglimento delle Camere («rissose e inconcludenti») e dopo un fugace accenno a una sopraggiunta ernia del disco, ha anche rispolverato il suo primo baldanzosissimo alterego, Ghino di Tacco, sulle cui avventure, come ai boi tempi, Craxi ha scritto un romanzo storico. Alla sua seconda controfigura, intanto, al dumasiano eroe della vendetta Edmond Dantès, ha fatto firmare, su Panorama, un dotto saggio polemico intitolato «Le lottizzazioni attraverso i secoli». Mentre di persona, giorni fa, ha voluto interrompere la clausura ricevendo il presidente portoghese Soares. I fotografi hanno immortalato l'incontro, e così l'ultima immagine di Bettino consegnata al pubblico italiano è quella di un uomo che sembra ritornato potente, elegante (in giacca e cravatta, almeno, e senza più giubbotti fucsia o cappellone) e almeno in quell'istante felice come una Pasqua. Su questo attivismo - non proprio convenzionale per un politico espatriato, infermo e plurinquisito - ci sono diverse spiegazioni. Intanto a marzo Hammamet ò desolatamente noiosa. E tuttavia, al di là delle valutazioni climatiche o dell'indubbia espansione di ore libere, l'esilio di Craxi sembra davvero mutare orizzonti e intensità. Forse è lo scorrere del tempo - è passato più di un anno - che gli impone di variare in qualche modo la parte e il canovaccio. Forse è questa sua prolungata e disagevole condizione a suggerirgli di non star troppo lì a difenderei solo con miserabili atti giudiziari e pietosi certificati medici. Forse è questa sua stabilissima, ormai, precarietà a consigliargli di non far pubblicare libri noiosi come 11 caso C, che richiamano sferzanti epigrammi: «Col processo di Craxi che arriva in Tunisia' straripano i diritti di Kafka in Tunisia» (Gaio Fratini). E nemmeno a indulgere a certe artistiche stravaganze tipo la serie litografica dedicata a «Bugiardi ed extraterrestri» (foto ritoccate di Scalfaro, Scalfari, Occhetto, Napolitano e Spadolini, quest'ultimo defunto in corso di creazione, quindi con foto bianca e scritta necrofila ((requiem aeternam»). Serie, Dio ne scampi, inviata come dono per l'anno nuovo, in attesa della prossima, serie «I becchini». Basta, insomma, con il vecchio e semplice esiliato che si difende. Necessariamente osservata da lontano, l'ultima trasformazione craxiana integra l'istinto di autoprotezione con un profilo politico che tenta disperatamente di essere più alto, distaccato, addirittura immerso nella storia: quella volta che Reagan, quella che mi opposi al bombardamento di Tripoli, quelle trattative con l'Olp... L'esule punta diretto su interlocutori assai lontani dalle beghe di quella che ha l'altro giorno voluto definire «Italietta». Rivendica sempre più spesso un ruolo decisivo a livello internazionale: «Sono stato il primo tra i capi di Stato occidentali a recarsi a Budapest, a Varsavia, a Berlino Est...». Sceglie con cura i giornali, dal New York Times a Mosca News, dal Bild am Sontag uU'Euwpean. Ai media italiani, via fax, molla pagine fitte fitte. Se gli tagliano i tosti, reagisco con incredulità, e talvolta sospetta censure. Si sente un sopravvissuto, c in qualche modo lo è. E' corto, per dire, che questa storia dell'esilio l'attiri psicologicamente più di quanto si pensi. Non a caso ha ricordato con una certa vanità che il suo eroe totemico, Garibaldi, fu costretto a vivere un anno a Tunisi, «condannato a morte dal potere sabaudo». Ma forse, con la passiono romantica dei déracinés, pensa anche a Caprera, o all'Inghilterra di Mazzini, alla Germania di Giolitti e - sempre con le debito alterazioni - alla Francia di Nonni o Pertini. Ma por certi versi, anche senza volerlo, evoca la figura primordiale dell'animalo braccato: «Sono un trofeo di caccia grossa». Oppure confida: «0 mi batto o crepo». In qualche modo tendo a coltivare un atteggiamento d'insofferenza e di ribellione verso tutto ciò che limita le sue possibilità di leader. Una specie di titanismo che contiene già in so il castigo. E se non è del tutto blasfemo accostare Dante a Bettino «Nullo martirio, fuor che le tue rabbie,' sarebbe al tuo furor dolor compito» - il personaggio di riferimento è il gigante Capaneo dol XIV canto dell'Inferno, quello che aveva Dio «in disdegno». Ma la sensazione, anche al di là degli istinti o del copione, è che Craxi ha proso sul serio a identificarsi con un periodo, in pratica un intero ciclo di governo italiano, che ritiene felicissimo rispetto all'oggi. Por cui, corto, continua a spedirò mesti bollettini sanitari, a ricusare giudici, a contestare arresti e sentenze, a querelare giornali o tv (ha chiesto 5 miliardi a Striscia la notizia por via di una cordiale prosa in giro sulla storia dei lingotti d'oro). Perù adesso scrive anche, con curiosi rifiossi postmussoliniani: «Nei 4 anni in cui il Paese fu governato dalla buonanima dol socialista Craxi...». Come pure, con sarcastico orgoglio, il giorno dol tonfo della lira: «Al tempo dol deprecato governo Craxi il marco si cambiava a 720 lire». Non nascondo la propria assoluta superiorità sui personaggi dell'oggi; «Sono tutte seconde o terzo (ilo della Prima Repubblica, ox trombati...». Molte delle suo valutazioni sono obiettivamente indiscutibili. Ma è il contosto, il tono, la lontananza, la crisi e i cambiamenti, è in sostanza quel che noi frattempo accade in Italia nel nome di Craxi, ad aumentalo lo sgomento. Il titano di Hammamet non può capirlo. Perché è titano, in fondo, e perché sta ad Hammamet. Filippo Ceccarelli Dopo la lettera di Mitterrand ha rispolverato il soprannome di Ghino di Tacco L'ex segretario psi Bettino Craxi ad Hammamet
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