TIZIANO il giallo dei tre amori

Toma una tela scomparsa per oltre cent'anni La mostra romana rivela i segreti di un capolavoro discusso da secoli wr\ ROMA 1 i N vero mistero, su cui si è 1 esercitata l'iconologia più I I sfrenata, sino alle più in^ I verosimili invenzioni forzose. Vi hanno visto l'amor Inge nuo e l'Amor Sazio, oppure Sincerità e Diffidenza, ma anche Desiderio d'amore contrapposto a Desiderio Appagato oppure Felicità Breve contro Felicità Eterna, e persino Venere che esoita Medea a seguire Giasone. Ed infine Diana e Callisto. Un'antica querelle tra storici ed icognografi dal nome illustre: Morelli, Panofsky, Friedlaender, sino a Argan, Calvesi, Gentili. Quello su cui concordano tutti è che il titolo classico con cui la grande tela è conosciuta al mondo intero, Amor Sacro e Amor Profano, è assolutamente inadeguato, per non dire insensato. Evviva la semplicità di Carlo Ridolfi, uno dei primi a citarlo nei repertori della Galleria Borghese, che vi leggeva molto più letteralmente: «Due donne vicine ad un fonte, entro cui si specchia un fanciullo». Era il 1648: dobbiamo riguadagnare anche noi quella semplicità fanciullesca, ora che il capolavoro di Tiziano, dopo anni di restauro, toma a fiammeggiare nella notevolissima mostra che si apre domani al Palazzo delle Esposizioni? Un passo indietro: Ridolfi scriveva nel 1648, nel 1650 il Borghini parlava d'una tela «dei tre amori». Ma come mai sino a quegli anni tardi, quel quadro ora datato 1515, era stato così a lungo ignorato, celato alla vista dei più, occultato quasi come in un giallo? Eppure - annotavano Crowe e Cavalcasene - nel loro classico su Tiziano: «Questa tela fu forse sin dai primi tempi reputata un capolavoro, la cui comparsa dovette far epoca nella storia dell'arte veneta. Tuttavia ignoriamo la data di esecuzione e il titolo del primo possessore, il cui stemma intravvedesi nel quadro stesso, rimane ancora indecifrabile». Dal 1902 in cui Gnoli individua sul fronte del sarcofago lo stemma della famiglia Aurelio di Venezia alla più recente scoperta dell'altro indizio nel cuore di bronzo del bacile (che collega questo quadro ce- lebrativo al matrimonio d'amore e tormentato di due rappresentanti in vista di famiglie in lotta) molti passi importanti sono stati fatti, per la decifrazione dell'opera. Opera da non considerarsi più soltanto come allegorica (anche se il discorso non va comunque disgiunto) ma come un «quadro di matrimonio»: appunto tra Nicolò Aurelio, segretario del Consiglio dei Dieci e la padovana Laura Bagarotto (allora le due città erano in conflitto). Allego».a della pax sociale, come vuole qualche interprete? Certo, in questa chiave di quadro celebrativo, il discorso muta sensibilmente: ma se si tratta di un'opera matrimoniale perché manca ogni riferimento alla figura maschile? (Qualcuno vede nel robusto bocchettone del sarcofago che ruscella acqua un chiaro riferimento fallico). E poi siamo sicuri che quel Cupido, che sembrerebbe temperare gli sguardi che non s'incrociano delle due donne, l'una vestita (ed è paradossalmente l'amore terrestre: l'idea del nudo, allora, non aveva nulla di peccaminoso) l'altra castamente nuda (ed è l'amore celeste) siamo sicuri che quel fanciullo che dovrebbe portare pace non stia invece minacciosamente trovando nell'acqua, che sonda con grave impegno - Mélisande rinascimentale - qualcosa che a maggior ragione spezzerà quell'equilibrio instabile? Ora per di più, grazie al meticoloso restauro (naturalmente discusso, perché ragionalmente parziale e come scompensato: uno scrupolosissimopetting di restauro, che non ha voluto violare le zone ossidate del verde, nel timore di non trovar sotto più nessuna materia croma¬ tica originale) altri dettagli vengono in luce. Ampi pentimenti (volti virili tra il verde, la donna nuda orientata di profilo) che dimostrano che nel corso dell'opera Tiziano ha mutato soggetto, forse adattando un'allegoria alla fretta delle nozze da celebrare. La mostra, assai ben calibrata (non si direbbe nemmeno progettata in Italia e vanta un catalogo Electa ricchissimo di autorevoli contributi) vuole proprio illuminare quel momento crescente della celebrità del giovane Tiziano (ha circa trent'anni a quella data) ma anche del Lotto, di Cariani e soprattutto dei magnifici scultori dell'epoca, con pezzi sceltissimi di Mosca, dell'Antico, di Tullio e Antonio Lombardo. Quasi a sottolineare quest'esigenza di corposità drammatica delle anatomie di Tiziano, quest'aggettare realistico delle forme (rispetto a Bellini e Giorgione) sullo sfondo di natura. Ma è molto utile anche la sapiente scelta delle incisioni, quasi una sequenza in crescendo, che documenta il periglioso equilibrio tra figura e paesaggio. Si va da Jacopo de' Barbari che dietro le sue Veneri evoca come il vuoto sordo e zigrinato dell'incisione, l'assenza palpabile d'ogni Natura, a Giulio Campagnola che apre qualche finetra su paesaggi nordici di disapro, che si rifanno a Dùrer, castelli puntuti come armature o mazze da combattimento a Bernardo Montagna, in cui l'aria aperta si fa tersa come un bucato. E mentre Nicoletto da Modena stende dietro gli amanti, occupati in una ginnastica piuttosto osée, un grande lenzuolo da fotografo di paese, Agostino Veneziano sospinge, distesa di schiena, la sua Venere sul limitare del paesaggio, come al verone della Natura: quasi metro di distanza metafisica. Domenico Campagnola, infine, le sue vergini polpose le adagia, mollemente, sul verde sofà del panorama. Qui sopraggiunge Tiziano, con le sue polpe emotive e vibratili, con le forme di Flora che si sfanno, loro stesse palpitante giardino, alla luce d'un tramonto d'epoca. «Pare che ne' suoi colori Dio abbia riposto il Paradiso» cantava un trattatista, quando l'Italia aveva ben altri speroni e leghe di ben più nobili metalli. E in un delirio manierista: «Le sue imagini sono tali che è meglio l'esser dipinto da lui che generato da natura». Marco Vallora Il restauro offre nuovi dettagli: ripensamenti d'artista Toma una tela scomparsa per oltre cent'anni Le due donne alla fonte dove si specchia un fanciullo a oli A sinistra: nei cfrontnon tanto_randBellindi G nei confronti non soltanto del _rande Bellini e di Giorgione, A sinistra: la «Venere». Sopra: «Amor sacro e amor profano

Luoghi citati: Italia, Medea, Modena, Mosca, Roma, Venezia