L'Italia cade, i politici godono; anche gli organi hanno un'anima di Ferdinando Camon

L'Italia cade, i politici godono; anche gli organi hanno un'anima LETTERE AL GIORNALE L'Italia cade, i politici godono; anche gli organi hanno un'anima Il signor dialogo è andato in ferie Carissimi politici, negli ultimi mesi assistiamo all'assurdo. Credete che tutto ciò che fate sia condiviso dai vostri elettori, siamo delusi, le cose non sono così. Vediamo partiti che si spaccano, uomini che urlano, ideologie che cadono. 10 posso essere di una forza politica, ed un mio amico di una opposta, ma se uno di noi, o una terza persona, ha bisogno siamo i primi ad aiutarci reciprocamente. Voi osservate la caduta libera dell'Italia godendo in base alle situazioni, giocando sul nostro futuro. 11 signor dialogo è andato in ferie, non c'è, volete metterci l'uno contro l'altro: la nostra sensibilità non ce lo permette, siamo un'altra cosa; impotenti davanti ai vostri intrallazzi, ma svegli e dotati di memoria. E' doloroso vedere l'Italia precipitare e non poter fare per ora niente. Nei vostri discorsi lasciate perdere Dio, perché lui è dalla nostra parte. Renato Buttazzo, Torino Seguono 13 firme Niente agguati con le arance Da diversi anni partecipo al Carnevale di Ivrea e credo sia una delle più belle manifestazioni cui abbia mai partecipato, delle più sincere e anche più semplici. A Ivrea ho capito il sapore antico del Carnevale, pagano e religioso allo stesso tempo, fatto di rito e di improvvisazione, di spontaneità capace di cementare una comunità e di sano giovanilismo. Non sarà certo un «lettore di giornale» impressionato da esagerati titoloni che interromperà una manifestazione così amata e antica. Le battaglie delle arance si svolgono infatti in un clima di cavalleresca sfida e il berretto frigio (rosso) garantisce l'invulnerabilità: non ci sono agguati o esecuzioni colle arance, lo scherzo e la beffa vigono, sempre. Se tra due arancieri non scorre buon sangue talvolta i due si sfidano in duelli ad «aranciate» e tutto finisce lì, perlomeno fino all'armo seguente... Provare per credere. Intanto a tutti gli arancieri: Arvedse a giobbia a 'n boti Gianni BottineUi, Torino I trapianti e il dono della vita E' giustificato e comprensibile che il sig. Carlo A. Maffeo, presidente A.I. {La Stampa dell'8/3), accusi un «senso di penosa tristezza e sconforto», ma non per i pertinenti argomenti scientifico-legalitari di Nerina Negrello, presidente della Lega contro la predazione degli organi Bergamo, bensì per i motivi seguenti. Il senso di colpa di ogni trapiantato non può essere celato, poiché egli ben sa che l'organo ricevuto e stato «non donato ma predato ad un soggetto vivente», che può trovarsi in - prognosi di morte -, ma non è certamente un cadavere. I cadaveri, infatti, non forniscono e non possiedono organi vitali, i loro organi, quando hanno veramente reso l'anima a Dio, sono putrescenti e come tali non sono in assoluto trapiantabili. I credenti devono sapere che chi è in coma, chi ha perduto coscienza, non è un cadavere e pertanto non può aver reso l'anima a Dio. Il suo cuore pulsa, i polmoni catturano l'ossigeno, tutti i suoi organi sono vitali. Ciò significa che tutti i suoi organi sono animati e che seguiteranno a possedere tale animazione, anche se trasferiti in un altro soggetto. Il trapiantato, più o meno consciamente, intuisce che gli organi ricevuti possiedono un'altra anima, di un suo consimile, al quale è stato carpito il divino dono della vita, vita che tentava di non perdere con un più o meno sonno prolungato. Tale anima, diversa materialmente (rigetto) e spiritualmente, contrasta con il soggetto ricevente. «Mors tua, vita mea» è un concetto naturale che vale solo per i predatori che digeriscono la loro preda, ma non la rendono schiava del loro corpo. Bioetici e tecnologi dovranno inevitabilmente accettare tali semplici argomentazioni. Marialuisa Gallò, Roma Rai, le firme e i partiti Leggo con ritardo e con incredulità, su La Stampa del 10 marzo scorso, che Curzio Maltese nell'articolo titolato «Guerriglia per la tv» mi definisce «raccomandato speciale». Non so se riderne o piangente. Chiedo al bravo Curzio di indicare cortesemente da chi sarei raccomandato, gliene sarei molto grato: non ha letto, su la Stampa dell'8 marzo, cioè due giorni prima, la ricostruzione delle mie «persecuzioni» nell'intervista rilasciata a Fulvia Caprara? E allora perché mi diffama gratuitamente? Non ricorro alla querela, non tema, non posso andare avanti cosi: mi basta un Giurì d'onore, previsto dal Contratto Nazionale della Stampa, o l'apertura di un dibattito su questo modo di intendere la professione che ormai ottunde anche i colleghi più validi. Perché se la definizione volgarissima e ingiustificata di Maltese può essere solo una «caduta», molto più serio è il motivo dell'insulto. Ho firmato, con Ricossa, Vertone, Pera e altri «straccioni» nostri pari, un manifesto contro la riduzione a una sola rete privata a testa e il mantenimento di tre reti Rai, per giunta nelle fauci dei partiti. Per questo «delitto di opinione», bisogna infamare i firmatari, se no magari si è costretti a discutere seriamente del merito. E' sempre, cfr. Valéry, «l'aggressione al ragionatore quando non si può aggredire il ragionamento». E' davvero ormai impensabile che uno non sia schierato né con D'Alema né con Berlusconi, e giudichi nelle cose, senza preoccuparsi del «cui prodest»? Che brutto esempio, mio bravo Curzio... Che ne penseranno i tuoi eredi professionali, quando rileggeranno tra dieci (cinque?) anni i tuoi furibondi, pregiudiziali corsivi? Oliviero Beha, Roma Mio bravo e ingenuo Oliviero, ma come?, ci hai scandalizzato tutti con la storiacela di Italia-Camerun, ti sei spinto nell'Africa nera per intervistare le nuche, e non ti sei accorto stando alla Rai che i politici decidono tutto, a cominciare dai nomi dei conduttori? Quanto ai firmatari del manifesto contro il referendum sulla Mammì, non li ho mai definiti «straccioni» come fai tu. Con modestia eccessiva: siete tutti decisamente benestanti. Al contrario, mi sono ribellato quando l'ottimo professor Ricossa al Tgl ha chiamato te, Baget Bozzo, Gervaso, Vertone, Gismoncli, Diaconale, Mellini, Pialuisa Bianco e altri firmatari «semplici cittadini che se ne infischiano della politica». Capisco che il populismo sia di moda a destra, ma insomma non buttatevi giù così. Auguri di cuore. Curzio Maltese Eserciti, eroismi e superficialità Mi riferisco all'articolo «L'urna scambiata dell'alpino» apparso il 18 febbraio, e in particolare all'affermazione di Ferdinando Camon che «ogni organizzazione milita¬ re, anche in tempo di pace», sarebbe «un abisso di superficialità, cinismo, indifferenza». Essendo io un uomo che ha speso più di quarant'anni della propria vita nei ranghi dell'esercito ed in tempo di pace, sento di dover opporre un «no». L'autore ha trinciato il suo giudizio prendendo spunto da un episodio sicuramente doloroso (una salma di caduto in Russia restituita ai familiari al posto di un'altra, con ripetute assicurazioni sulla sua identità) ma andava valutato anche nell'ambito dell'opera promossa per riportare «a baita» i resti di alcune migliaia di nostri connazionali: è stata un'opera di pietà che ha impressionato gli stessi esponenti dell'Armata Rossa, disabituati, loro sì, al culto dei morti, tanto da trovarsi oggi rassegnati a considerare ignoti milioni di loro connazionali caduti nella loro stessa patria nel corso della «guerra patriottica». Corrado Raggi, Torino Generale (aus.) Parlando di «ogni» organizzazione militare volevo proprio dire che è un problema di tutte le organizzazioni militari, non di quella italiana in particolare. Lei dice che quella russa ha fatto di peggio: se è vero, è una conferma di quel che dico. Nello stesso giorno in cui leggo la sua lettera, leggo anche una dichiarazione del candidato progressista alla guida del prossimo governo che dice: «Il servizio militare è una perdita di tempo per i ragazzi e di denaro per la collettività. L'esercito com'è non funziona. Nemmeno quando deve organizzare le task force di pace. Al posto del servizio militare ci deve essere un servizio civile obbligatorio per tutti, maschi e femmine». Io non ho un'idea così negativa del servizio militare, so bene che ci sono eroismi dentro di esso (lei ne ricorda alcuni, nella sua lunga e appassionata lettera), ma se un'idea del genere è arrivata a Prodi, bisognerà domandarsi perché. Ferdinando Camon