«lo, felice fuori dal mondo» di Pierangelo Sapegno

«lo, felice fuori dal mondo» «lo, felice fuori dal mondo» Suor Paola: Dio e il calcio le mie passioni UNA VITA IN CLAUSURA VIGEVANO DAL NOSTRO INVIATO Madre, ma come fate a fare questa vita? «Noi ci chiediamo la stessa cosa: ma come fate voi, a fare quella vita». Che strano. Nell'era dell'informatica e della comunicazione, nel regno dell'immagine, a due passi dalla capitale della televisione, c'è chi vive ancora come nel Medioevo, a passar le ore e i giorni pregando in una cella, un letto un mobile e un inginocchiatoio, come se la vita si fosse fermata nei secoli, come se niente fosse cambiato nel tempo del Signore. Eppure, spiega suor Paola, «non siamo fuori dal mondo». Semplicemente, «lo vediamo con occhi diversi». Pensate a suor Paola, 56 anni e da 36 monaca di clausura, madre badessa, occhiali e sorriso dietro le grate: s'interessa un po' di calcio, tifa per il Torino, parla bene del sesso, vota Ppi, le piace tanto Scalfaro, ma tanto. «Sembro una persona fuori dal mondo?» No, madre, no. Nemmeno il posto sembra tanto fuori dal mondo, nel cuore di Vigevano, i gradini davanti alla porta e i rintocchi del campanile aguzzo. Il monastero delle suore Sacramentine sta su un cortile chiuso dai cancelli, in faccia a una chiesetta puntuta, su questa via senza rumori, senza macchine, senza fabbriche. Ma oltre le quinte di quelle case che paiono finte, dietro quelle mura, tutt'attorno c'è la città delle gioie e dei dolori, con la sua vita e le sue frenesie. Si potrebbe parlare con suor Paola divisi da quella grata, che separa da una stanza con pochi mobili alla fine di un breve percorso che dalla porta conduce alla soglia finale del viaggio consentito ai visitatori. Oggi, nemmeno questo. Sono giorni di Quaresima, e dentro non si può entrare. Sul portone appare una sorella, sguardo mite e cantilena. «Sì, c'è una televisione. Ci serve per guardare i telegiornali», dice, «e per tutte le volte che parla il Papa». Letture? «Certo che leggiamo». Trenta monache, e soltanto tre sorelle con voti semplici, le uniche che possono uscire per fare la spesa e le commissioni. Le altre no, vivono qua dentro, curando il giardino interno con gli alberi da frutta, e pregando, in quel mondo che comincia dietro quelle grate: la più giovane ha 36 anni, la più anziana 83, e sessant'anni di vita di clausura. Regole rigide, tutti i giorni, ancora più dure adesso che è tempo di Quaresima: ogni ora dedicata all'adorazione del Santissimo Sacramento, preghiera continuata, i canti dei salmi quattro volte al giorno, turni noaurni di due ore, sveglia alle cinque mono un quarto del mattino. «Solitamente ci corichiamo alle 22, preghiamo in ogni momento del giorno e della notte, e durante i turni notturni la preghiera non t i lai solitaria, ma viene fatta da alméno due monache». Fuori, le sirene delle fabbriche, i turni di lavoro, le corse a Milano, il mondo della festa, le discoteche, il regno della tivù. Dentro, «ci alziamo presto, e preghiamo in cappella. Poi ci chiudiamo nelle nostre stanze, e alterniamo le meditazioni alla lettura del Vangelo. Le ore che dedichiamo alla vita in comune le passiamo occupandoci della vita del monastero. Alcune di noi curano un piccolo orticello all'interno del convento: gran parte delle nostre esigenze alimentari le ricaviamo da lì». Con suor Paola Bianchi si può parlare solo al citofono. Vita da prigioniera? Macché. «La vera libertà è la nostra», dice. «Non mi interessa passeggiare sotto un viale, nel mondo che sta fuori. Ma quando è il momento dell'adorazione io corro felice». Si comincia anche a 15 anni, chissà se per scelta o per altro. Sempre qui, tra questa cella, il corridoio e il piccolo altare, sempre qui fra queste mura, senza luci, senza corse, senza niente. Ma oggi si può ancora vivere così, nel cuore di una città, accanto a una metropoli. «Sì, si può». Lei, suor Paola, aveva 21 anni quando decise: ((Avevo una vita serena e spensierata, senza problemi. Avevo frequentato il liceo scientifico con buoni risultati e da alcuni anni frequentavo l'Università di Medicina. Mi mancava qualcosa, quello che avevo non mi bastava. Ho pensato che fosse un segno del destino». Questa vita da reclusa, non facendo nient'altro che pregare per gli altri. E l'altro mondo? «Ma guardi che noi viviamo in stretto contatto con la società. Che favola è mai questa, non siamo staccati dal mondo». Leggono. «Giornali: L'Osservatore Romano e l'Avvenire, ma pure il Corriere della Sera. Libri. Sto leggendo Giovanni Paolo II, Varcare la soglia della speranza. Ma ho anche sottomano Umberto Eco, L'isola del giorno prima». Guardano. «La televisione, certo. Le Messe, ma non solo». Seguono il calcio. ((Abbiamo visto i campionati mondiali. Io sono tifosa del Torino. Un amore nato dopo la tragedia di Superga». E la politica. «Siamo preoccupate, come tutti gli italiani. Non è un bel momento. C'è dovunque uno svilimento dei va¬ lori e tutte le vicende legate allo scandalo di Tangentopoli ne sono un sintomo. Insomma, che valori ci possono dare quelli che fanno politica fingendo di dedicarsi al bene del prossimo, della collettività, mentre in realtà pensano solo a rubare e a speculare? Io, poi, ho paura di questa nuova classe politica, perché è il frutto di due reazioni contrapposte: la protesta e le facili promesse. Non si possono deludere le promesse, perché se non vengono rispettate possono creare pericolose tensioni sociali». Suor Paola, e le sue passioni. Il Toro. E Scalfaro. «L'unico al quale darei senza problemi le chiavi del monastero è lui, il presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro». E gli uomini? «Mi piace la bellezza maschile, e non dico un'eresia perché diventando suora non si perde la femminilità, anche se è una cosa diversa da come la si intende fuori di qui. Ma la vera bellezza c'è, è completa, quando una persona è bella soprattutto dentro. Scalfaro, per esempio, è un uomo che mi piace molto». Per il resto, a che serve inseguire miti e illusioni che non appartengono a questo silenzio. E poi, chi lo dice che sono lontane, che sono sole? «Sono molte le persone che ci aiutano. E soprattutto sono molti quelli che vengono qui per cercare aiuto da una società che li soffoca». Adesso, la sorella con le mani giunte e il sorriso dolce, ci caccia via. Cielo chiaro e sole tiepido. E sempre questo silenzio, come se non ci fosse una città, come se non ci fosse niente attorno a questo mondo. Sorella, ma per Buttigliene le dite le preghiere? China la testa, va via in fretta: «Preghiamo per tutti. Anche per voi». Pierangelo Sapegno

Luoghi citati: Milano, Vigevano