Messaggi di morte ai giudici

Indagano sulle denunce presentate dal sindaco di Terrasini Indagano sulle denunce presentate dal sindaco di Terrasini Messaggi di morte ai giudici Nel mirino due procuratori di Palermo PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Pesanti minacce a due dei quattro magistrati della Procura impegnati nelle indagini sul caso Terrasini (sul suicidio del maresciallo Lombardo indaga invece un altro sostituto). Sono Francesca Imbergamo e Salvatore De Luca, entrambi di 35 anni. La Procura di Caltanissctta, competente per giurisdizione, ha avviato accertamenti. Le minacce ai due magistrati non sono certo le primo ma hanno suscitato immediata preoccupazione. Il capogruppo della Rete all'Assemblea siciliana, Franco Piro, ha rilevato che «c'è chi ha interesse a fermare il lavoro dei giudici che stanno indagando sui vari aspetti della vicenda di Terrasini». In particolare sullo denunce del sindaco del paese a 30 chilometri da Palermo, Manlio Mele, pure lui retino, a proposito di minacce che avrebbe a sua volta ricevuto. La dottoressa Imbergamo ieri mattina si è vista recapitare una lettera composta con ritagli di giornale, per formare la scritta: «Farai la fine che meriti». Un'altra lettera minacciosa era stata fatta trovare nel suo ufficio un mese fa. In quell'occasione la busta ora indirizzata anche al procuratore Caselli. A fine novembre, e poi il 18 dicembre, sulla porta di casa di Francesca Imbergamo era stata tracciata una croce, con la punta di un cacciavite. E lo stesso segno era stato fatto contro la porta dell'abitazione del sostituto De Luca. Mentre l'attenzione, con una certa inquietudine, si centra sui magistrati, è tornato a Palermo uno dei due ufficiali dei carabinieri (un capitano) che erano stati allontanati dalla città per precauzione, dopo che si era scoperto che i loro cellulari erano stati clonati dalla mafia. Sembra addirittura dal clan che, capeggiato dal latitante Pietro Aglieri, avrebbe portato a termine alcuni dei più recenti delitti a Palermo. Una cosca sbaragliata dai carabinieri quattro giorni fa con l'operazione «Venerdì nero» che ha portato a una quindicina di arresti dopo la confessione e il pentimento di uno dei killer, Salvatore Barbagallo, 34 anni. A confermare quanto a Palermo si viva sul filo del rasoio vi è la singolare coincidenza che uno dei presunti killer catturati dopo le rivelazioni di Barbagallo, Giuseppe Panzeca, 39 anni, imprenditore incensurato di Caccamo, abita nello stesso edificio in cui alloggia il sostituto procuratore De Lucia, uno dei magistrati impegnati nelle inchieste sui boss. Panzeca è accusato di essere esecutore materiale dell'omicidio del nipote di Buscetta, Domenico. Il giudice e il killer coinquilini, come in «Guardie e ladri», il celebre film neorealista con Totò e Aldo Fabrizi. Sulla tragica situazione del Sud, alle prese con gli assalti della criminalità organizzata, ieri mattina a Corleone, e in serata a Palermo, Massimo D'Alema ha sostenuto che «la mafia punta a reinvestire in un'economia senza regole le risorse accumulate con i traffici illeciti». Il segretario del pds ha assistito alla scopertura di un busto di Pio La Torre nella sede dell'Assemblea siciliana. E ha osservato che nel Mezzogiorno «in assenza dello Stato» la mafia rischia, purtroppo, di apparire veramente come l'unico elemento di sviluppo. Antonio Ravidà

Luoghi citati: Corleone, Palermo, Terrasini