Monti: «Ora acceleriamo Più coraggio sui tagli»

Monti: «Ora acceleriamo Più coraggio sui tagli» Monti: «Ora acceleriamo Più coraggio sui tagli» LA TERAPIA DEL COMMISSARIO EUROPEO LBRUXELLES A manovra approvata dalla Camera era un passo necessario, non certo risolutivo, verso il risanamento dei conti pubblici. Il governo ha dato i segnali giusti, annunciando anche la riforma delle pensioni, ma i mercati dei cambi guardano ormai sempre più alla stabilità politica. Finché questa non sarà garantita, la buona gestione delle cose economiche non basterà a dare respiro alla lira. Chi parla è il Commissario europeo Mario Monti, in un'intervista in cui affronta i temi più scottanti dei dossier di cui è responsabile nell'esecutivo comunitario. Commissario, innanzitutto una valutazione della manovra. «E' un passo importante, perché riprende il cammino di aggiustamento graduale della finanza pubblica, ma nessuno può pensare, e non lo pensa il governo, che sia un passo risolutivo. Se la manovra non fosse stata approvata le conseguenze sul mercato sarebbero state molto negative. L'approvazione dà invece un segnale positivo: la continuazione di un cammino che dovrà però certamente essere accelerato. L'intensificazione dell'opera di risanamento può giovarsi del fatto che l'economia produttiva in questa fase è orientata molto positivamente, grazie anche al guadagno di competitività derivante dalla svalutazione della lira. Questo significa che i costi economici e politici saranno inferiori che non in una fase di ristagno o di recessione. L'andamento positivo dell'economia reale verrà sicuramente valutato dai mercati, aldilà degli attuali turbamenti». E tuttavia, malgrado la manovra, i mercati hanno pesantemente penalizzato la lira. «E' il risultato di due circostanze. Innanzitutto c'è lo stato di nervosismo generale dei mercati, dovuto alla particolare debolezza del dollaro e, prima ancora, alla crisi messicana. Va detto poi che i mercati esprimono sempre più, attraverso la quotazione del cambio, una valutazione sulle prospettive di stabilità politica dei governi. E' comprensibile allora che nel caso italiano ci sia stata un'apprensione che si è tradotta in una debolezza della lira. Rispetto al quadro tradizionale delle svalutazioni competitive però, le attuali svalutazioni della lira, della sterlina e, con le dovute differenze, della peseta, presentano due differenze importanti. La prima è che, mentre in passato i governi svalutavano deliberatamente per guadagnare competitività, ora siamo in presenza di deprezzamenti imposti da un mercato che guarda più alle prospettive di stabilità politica che ai fondamentali economici di un Paese. L'altra differenza è che i Paesi, vittime e non attori di queste svalutazioni, sono diventati più virtuosi nella gestione della politica econo mica interna: non solo non ricerca no il deprezzamento come arma competitiva, ma hanno messo in opera meccanismi di difesa contro l'inflazione. L'Italia ad esempio ha una politica monetaria cauta, ed in materia di politica dei redditi ha avuto gli accordi realizzati da Amato e da Ciampi. Questo fa sì che una svalutazione anche molto grande abbia minori effetti inflazionistici nel Paese, e quindi man tenga più a lungo l'effetto di guadagno di competitività che la sva lutazione comporta. In altre parole l'inflazione impiega più tempo a rimangiarsi gli effetti della svalutazione, il che è naturalmente un bene per gli italiani, ma prolunga il problema per gli altri Paesi. E allora ci si interroga sulla compatibilità tra un mercato unico sempre più integrato e tassi di cambio così volatili, con ampi spazi per svalutazioni di fatto competitive. A fine '94, però, nell'interscambio con l'Europa l'Italia è tornata in rosso. Siamo già alla fine della pacchia? «Questo, con il tasso d'inflazione interna, può essere il primo segno dell'effetto inflazionistico della svalutazione della lira: ritardato sì, ma non del tutto evitabile. Vorrei dire però che in questi anni la forte svalutazione, non compensata da una pari inflazione, è stata compensata da rialzi nei tassi d'interesse, proprio per le aspettative preoccupate del mercato. Questo significa che il costo della svalutazione grava soprattutto sui debitori, nel caso italiano il Tesoro, mentre le imprese si giovano della situazione. E' il contrario di quanto accadeva negli Anni 80 quando l'Italia, dentro allo Sme, era costretta a mantenere una certo cambio, il che dava frustate alle imprese, che facevano ricorso a ristrutturazioni e guadagni di produttività. Mentre il Tesoro era al riparo dalla concorrenza internazionale, grazie alle restrizioni sui movimenti di capitali. Oggi c'è una situazione di fondo incoraggiante nell'economia reale, che la reazione delle imprese italiane alla svalutazione è stata migliore di quella di altri Paesi, e il fatto che il cambio sia fortemente penalizzato dall'incertezza politica è di per se preoccupante, ma è un fattore più prontamente reversibile, ove ci fosse un rasserenamento delle prospettive politiche, di quanto non siano fattori fondamentali dell'economia». Questo vuol dire che anche se Dini riuscirà a far passare la riforma delle pensioni, la lira non avrà requie finché non vi sarà un governo più stabile? «I fattori sono due: preoccupazione del mercato sulla finanza pubblica, preoccupazione del mercato sulla stabilità politica. La riforma delle pensioni attenuerebbe le preoccupazioni sulla finanza pubblica, non credo che toccherebbe la prospettiva di stabilità politica». La Commissione ha proposto di liberalizzare i fondi pensione, scontrandosi però con le resistenze degli Stati, abituati a gestirne gli utili per finanziare i deficit. Ora che questo non è più possibile, il mercato si aprirà? «Il discorso dei fondi pensione è importante anche sul piano europeo. In passato alcuni Stati membri non parlavano volentieri di liberalizzazione, soprattutto per quanto riguarda le possibilità di impiego all'attivo dei fondi pensio¬ ne. E tuttavia in un mercato unico sempre più integrato, con piena libertà di movimento dei capitali, occorre pensare alla piena libertà anche per la gestione degli attivi dei fondi pensione. Mi pare che il problema sia molto in alto nelle priorità del governo Dini, ed in generale il sentimento predominante in Europa è ormai favorevole alla liberalizzazione». Spetterà a lei spingere per l'armonizzazione dei regimi fiscali degli Stati dell'Unione. Le attuali divergenze provocano forti distorsioni del mercato interno, ma qui si toccano i nervi della sovranità nazionale: come pensa di superare l'ostacolo del voto all'unanimità? «Questo è il cuore di uno dei problemi della costruzione dell'Europa. Date le norme istituzionali attuali, cioè la necessità di un voto unanime, progressi nel campo dell'armonizzazione possono esserci solo attraverso sforzi di persuasione. Non è detto sia impossibile, ad esempio ieri il Consiglio Ecofin ha approvato la seconda direttiva di semplificazione dell'Iva. Bisogna vedere se la Conferenza intergovernativa del '96 vorrà prendere in considerazione il tema: se mantenere o no la regola dell'unanimità per tutto ciò che è fiscalità. Credo che più apparirà l'esigenza di un vero mercato interno integrato, più si percepirà la necessità di un maggiore grado di armonizzazione. Da qui dovrebbe venire una disponibilità a superare la norma dell'unanimità, magari con maggioranze qualificate». Le modifiche al regime Iva apportate dalla manovra sono in linea con i dettami comunitari? «Sì, con un'eccezione minore: la riduzione dell'aliquota per i medicinali dal 9 al 4% non è coerente con le norme comunitarie». Il Parlamento europeo ha più volte chiesto una direttiva contro la concentrazione dei media. Ne ha discusso il G-7, e la cosa è fondamentale per la società dell'informazione... «Per quanto riguarda le norme anti-concentrazione, sono in corso consultazioni, e mi pare che il termine sia giugno. Poi c'è il tema dei nuovi servizi audio-visivi e, più in generale, il quadro normativo della società dell'informazione. Su questo ci sarà in Commissione una comunicazione mia e dei Commissari Bangemann e Oreja, in cui cercheremo di delineare i principi generali. Si tratta di settori nuovi, in cui senza un minimo di regolamentazione non vi saranno i grossi investimenti necessari per lo sviluppo delle famose "autostrade dell'informazione". Il quadro normativo dev'essere leggero ma funzionante, e coordinato su! piano internazionale». La Commissione ha recentemente vietato per la prima volta una concentrazione in ambito nazionale: quella degli operatori tv Bertelsmann e Kirch, e della Deutsche Telekom. E' l'indicazione di una linea? «Quando ricorressero circostanze analoghe, quel precedente farà giurisprudenza». Fabio Squillante «Se la manovra non fosse passata avremmo avuto danni pesanti I mercati ora vogliono stabilità politica» «11 guadagno di competitività rischia di finire La svalutazione può riaccendere focolai pericolosi deH'inflazione» Mano Monti (foto grande) e da sinistra il francese Edmond Alphandery con il ministro italiano delle Finanze Augusto Fantozzi

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