Simple Minds sacerdoti dell'antico rito rock di Marinella Venegoni

La band scozzese apre il tour a Dublino La band scozzese apre il tour a Dublino Simple Minds, sacerdoti dell'antico rito rock Successo impeccabile e prevedibile perJim Kerr e Charlie Burchill DUBLINO DAL NOSTRO INVIATO E' dura rimanere rocchettari nel cuore e nella musica, dopo 17 anni di onesta carriera. E' dura soprattutto in questi tempi nei quali molti pretenderebbero di ascoltare invenzioni strabilianti che capovolgano il senso della storia: ma il rock ha i suoi canoni e le sue regole, e i Simple Minds - specialisti in tournées dense di pathos - di quell'antico rito classico si sentono sacerdoti. Sei anni dopo «Street Fighting Years» con il suo vibrante impegno politico, tornano solitari i due storici componenti, il cantante Jim Kerr e il chitarrista Charlie Burchill: il loro nuovo album carino e quasi intimista «Good News From The Next World» in Italia avrebbe già venduto 150 mila copie a dispetto dell'intasato periodo sanremese, e viene ora proposto dal vivo. Non a caso hanno scelto per il debutto europeo il 17 marzo a Dublino: 0 giorno di San Patrizio, patrono degli irlandesi, ha acceso di festeggiamenti la deliziosa città di Joyce e degli TJ2. C'è stata una parata di orchestrine e majorettes seminude nonostante il freddo polare, fra grandi sbornie di birra che si sono prolungate fino a notte: e per diecimila la festa è finita proprio a The Point, ad ascoltare i fratelli scozzesi. Tosti e «contro», proprio come loro. Li hanno seguiti in delirio e con le mani alzate per quasi due ore. Kerr e Burchill erano circondati da tre impeccabili turnisti: Malcom Foster al basso, Marc Schulmann alla batteria e Marc Taylor alle tastiere. Tastiere però non attive come un tempo. Come nel nuovo disco, dal vivo i due Simple Minds privilegiano ora la chitarra e Burchill si dà da fare nel rock più classico. S'allunga l'ombra degli U2 prima maniera (tormento esisten¬ ziale, per gli scozzesi); in lunga camiciola fuori dalle braghe, Jim Kerr rinnovella l'epopea di grande performer, con i riccioli rossi bagnati di sudore e le donne che se lo mangiano con gli occhi: perché lui ha un sex appeal speciale e ha fatto cadere due femmine toste come Chrissie Hynde prima e Patsy Kensit adesso, da qualche mese mamma del suo nuovo bimbo. Ma Kerr non bada tanto al sex appeal quanto alla dimensione epica del rock. Si bagna beato in quella comunità unita da ideali cantati, gode nel far tirare sule braccia alla gente come in una grande messa laica. E diventano epici anche i nuovi brani intimisti come la bella «She is a river» e le suggestive iterazioni di «Ipnotized», con una gradevolissima linea melodica. Ma poiché è San Patrizio, ecco sbucare una bandiera irlandese, ed ecco «The american» che Kerr non canta da dieci anni: «Dedicata ai vostri parenti emigrati». Interpreta a gambe larghe, fra grandi cori che aprono la strada a «Mandela», che a Wembley cantò con Little Steven e Gabriel nella storica festa per l'ex presidente sudafricano, quando questi era solo una bandiera rock. Ma il soffio della storia chiederebbe un rock per Sarajevo. Che non c'è. Il concerto è proseguito fra canzoni vecchie e nuove. Pregevoli gl'interventi di Burchill in «Waterfront», poi una «See The Lights» quasi da discoteca. Poche note di chitarra acustica hanno introdotto la «Belfast Child» che tutti aspettavano in un tripudio di fiammelle: un dialogo fra separatisti che si capiscono al volo. Concerto impeccabile e prevedibile come previsto. Successone. Marinella Venegoni Date italiane: 13 aprile Milano, 18 Roma, 19 Bologna

Luoghi citati: Belfast, Bologna, Dublino, Italia, Milano, Roma, Sarajevo