Contro l'islamismo l'arma del dialogo di Aldo Rizzo
r r OSSERVATORIO "1 Contro l'islamismo Varma del dialogo TTENTATI anche ieri a .Istanbul, pur se l'ondata di violenza sembra scemare. In attesa non si sa di che cosa. Quel che è certo ò che, dopo l'Algeria, l'Egitto, la Palestina, per restare nel Mediterraneo, anche la Turchia (dove oggi arriva in visita ufficiale il presidente Scalfaro) è stata investita, in un gioco di azioni e reazioni, tra musulmani alauiti e sunniti, dal ciclone fondamentalista. E la Turchia, unico Paese che sia rimasto finora islamico, laico e filo-occidentale, è un pilastro della strategia della Nato nel fianco Sud. Qualche settimana fa, il segretario generale dell'Alleanza, Willy Claes, forse esagerò, dicendo che dopo il crollo del comunismo l'estremismo islamico è il nuovo Nemico, contro il quale la Nato deve tornare a erigere «un baluardo». Giustamente, l'«Economist», nel suo ultimo numero, osserva che il fondamentalismo islamico non ò una realtà compatta come il comunismo, contro il quale «resistere con le unghie e con i denti»; e che comunque «tutto ciò che ha il suono aspro di una crociata può essere controproducente». Ciò non toglie, secondo il più autorevole settimanale europeo, che sia necessaria una severa vigilanza. E infatti non di crociata si tratta, ma di vigilanza e di prudenza, nella decisione recente di dar vita - Usa, Gran Bretagna, Francia e Italia - a un sistema di difesa contro missili a medio raggio («Meads» o Medium Extended Air Defense System), da installare entro il 2005 nei Paesi che fronteggiano la riva meridionale del Mediterraneo. E poiché al 2005 mancano dieci anni, già nel 1998 dovrebbero sorgere batterie di Pac 3, la versione aggiornata dei Patriot della guerra del Golfo (quelli che, bene o male, fermarono molti razzi iracheni diretti contro Israele). Non è in discussione un attacco nucleare (o chimico o biologico) da parte di Stati in quanto tali. In questo caso, dovrebbe bastare la minaccia di una rappresaglia adeguata, secondo le vecchie leggi dell'equilibrio del terrore, che è finito (forse) tra America e Bussia, ma che può automaticamente ricostituirsi in aree più circoscritte. Un caso, peraltro, che potrebbe presentarsi realmente, e non nella pura teoria, pensando a un Iran che può diventare potenza nucleare in 5 anni, secondo stime diffuse. E' in discussione, piuttosto, la possibilità di ricatti di gruppi di guerriglia abbastanza forti, e con abbastanza controllo di territorio, da minacciare con missili corti del tipo «Scud», con testata convenzionale o anche chimica, Paesi o regioni del Sud Europa. Magari per ottenere la liberazione di guerriglieri catturati in azioni terroristiche, o per esercitare una pressione insopportabile sulle opinioni pubbliche e sui governi. I Fra parentesi, questo progetI to antimissilistico occidentale s'iscrive in una rivisitazione, come si dice, delle «Star Wars», delle famose guerre stellari di reaganiana memoria. Disegno strategico troppo ambizioso per essere realistico e che tuttavia ha lasciato un sogno profondo, come tutte le svolte che hanno in sé il segno della novità insieme tecnologica e concettuale. Tant'è che la nuova maggioranza repubblicana nel Congresso di Washington ne vorrebbe una riedizione più o meno globale, per la difesa della stessa America. Troppo complicato, ancora adesso, anche per i rapporti con la febbricitante, schizofrenica Russia di Eltsin (che infatti aiuta l'Iran nei suoi programmi nucleari, ufficialmente «civili», rna si aspetta ogni possibile aiuto finanziario e politico dell'Occidente, per non «scoppiare», creando problemi ben più gravi, addirittura catastrofici, di tipo generale). Altro discorso è un esperimento limitato, parziale, altrove. Tuttavia anche altrove, cioè nel Mediterraneo, tra il fianco Sud della Nato e l'ondata «islamista», il progetto antimissilistico può essere necessario ma non sufficiente. Accanto a misure di protezione militare, capaci di disinnescare minacce e ricatti di tipo terroristico (e magari anche di un terrorismo di Stato), non si può non pensare a una strategia più complessa, di tipo politico. Una strategia che deve comprendere, con tutte le energie possibili e facendo leva sugli interessi economici, che valgono anche per i fondamentalisti, la ricerca di un dialogo. Tanto più che l'«islamismo», cioè, nel linguaggio corrente, l'estremismo islamico, non va assolutamente confuso con l'Islam di per sé, che è una delle grandi civiltà planetarie, non certo incompatibile con quella ebraico-cristiana, in un comune disegno di progresso, per quanto complicati possano essere i rapporti storici e culturali. Nel caso della Turchia, che cumula la rivolta separatista curda con lo choc islamista, restando ancora un grande Stato laico, tra Europa e Asia, in uno dei crocevia più drammatici del dopo-Guerra fredda, il problema è più semplice, sebbene difficilissimo: aiutarla a liberalizzarsi, in tutti i sensi, a vincere le sue tentazioni violente, specie verso i curdi, e infine accoglierla nel grande porto dell'Unione europea. Prima che entrino in funzione le nuove armi Nord-Sud. Aldo Rizzo ÉZO^J i a ata In sa. po na, eo, arsita, ni, iti, E
Persone citate: Eltsin, Medium Extended, Scalfaro, Varma, Willy Claes
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