Nel regno violento di «Er Pecora» di Cesare Martinetti

Nel regno violento di «Er Pecora» Nel regno violento di «Er Pecora» Ostia, perché i diseredati votano a destra TRA RAZZISMO E POVERTÀ' POSTIA ER arrivare a Ostia da Roma si può prendere la «via del. mare» e allora si finisce accanto al campo degli zingari. Oppure si può percorrere la «Cristoforo Colombo» e in questo caso si va a finire in mezzo ai viados. Chi non ha fretta può attraversare la pineta tra Castelporziano e Castelfusano, ma finirà in mezzo alle prostitute nigeriane. Si può anche prendere la metropolitana dalla Piramide, 35-40 minuti di viaggio, cambio di treno alla Magliana, ma quando si arriva alla stazione Stella Polare di Ostia e si passa sul marciapiede accanto al bar, il minimo che può capitare è di essere investiti da un tossico che rincorre il suo spacciatore: «E dai, dammi una dose perché sto per morì...». Vista dall'altro lato della barricata - e cioè dalla parte degli zingari, dei viados brasiliani, di nigeriane e slave, dei tossici e dei loro spacciatori extracomunitari - la situazione non ò più allegra. Qui non hanno ancora distribuito bambole esplosive ai piccoli nomadi come a Pisa, ma succederà. Contro i viados si fanno le manifestazioni con le fiaccole, i tossici si prendono botte, naziskin e aspiranti tali due settimane fa hanno riempito di calci e pugni una ragazza extracomunitaria incinta; un po' di mesi prima hanno mandato all'ospedale un tunisino, dalla parte del quale s'è schierata giustamente - l'opinione pubblica «democratica». Qualche settimana dopo, però, s'è scoperto che era uno spacciatore e nessuno ha più detto niente. Le nigeriane si avventurano sull'argine della pineta solo quando c'è luce, perché non appena cala il sole scendono su di loro branchi di predatori travestiti da giustizieri: ragazzini che toccano, rapinano, si sentono in diritto di poter fare qualunque cosa contro «questa porcheria», come sentono dire in casa da papà e mamma. Infagottate nelle goffe calzemaglie colorate, le bambole nere di 12, 13, 15 anni alle 8 di sera si rintanano nelle pensioni di Ostia Lido, costruite quando qualcuno pensava che qui si potesse fare la Rimini di Roma. Davanti c'è il Mediterraneo, ma è grigio come il mar Caspio. In piazza Gasparri, dove hanno fatto il monumento a Pierpaolo Pasolini, ammazzato qui vicino, giusto vent'anni fa, alle 8 di sera si incontrano solo ombre, di umani e di cani, randagi. Ci sono almeno cinque casi al giorno - dice il Giornale di Ostia - di maltrattamenti agli animali, hanno fatto anche una specie di telefono azzurro. Sarà per questo che i cani di piazza Gasparri scattano impauriti ad ogni rumore. Lo fanno anche gli umani. Da queste parti una volta si votava per i comunisti o per l'estrema sinistra. Il senatore Vittorio Parola, uno psiuppino torinese trascinato a Roma negli Anni 60 da Vittorio Foa a fare il pioniere informatico nella Cgil, ora nel pds, ricorda quegli anni eroici: «A Ostia, Dragona, Acilia il pei arrivava anche al 55-60 per cento». Un anno fa Parola è stato battuto nel testa a testa col geometra missino Lodovico Pace, uno dei fondatori della comunità poetica «Vertex», sindacalista di bancari: il 43 per cento ha votato per lui; solo il 36 per Parola, arpionato per il Senato con il recupero proporzionale. Ma il vero vincitore risponde al nome di Buontempo Teodoro, uno che certo non si offende se lo si chiama fascista, capopolo, masaniello, «er pecora» come dice la folkloristica etichetta romanesca che gli hanno appiccicato addosso. Il 52 per cento, più di uno su due, ha votato per lui. Il popolo impaurito e assediato di Ostia, disoccupati, abusivi, ex operai, impiegatini, pensionati, studenti, cassintegrati, disintegrati, disillusi, senza casa, ex baraccati hanno scelto quest'omino ghignante, con i capelli bianchi e ricci. Il suo pedigree politico è pieno dei peggiori stereotipi e luoghi comuni del dirigente missino. Di lui Giusva Fioravanti diceva che faceva «tenerezza» alle avanguardie dei terroristi neri perché era uno vero: non aveva casa e dormiva sulla 500 a villa Borghese, non aveva una lira e fa¬ ceva il cameriere nei night per guadagnarsi da vivere. Camminare per Ostia, ma anche per il centro di Roma, insieme a Buontempo è un grande spettacolo di varia umanità: ogni cinque metri qualcuno lo ferma, lo saluta, gli chiede qualcosa. I tassisti lo riconoscono anche di spalle, rallentano, gridano «Ciao Buontempo» e gli promettono un battage continuo: «Glielo dico io a quelli che non hanno ancora capito che le cose sono cambiate», annuncia il tassinaro di Messico 20. «La verità - racconta Buontempo, che a dispetto del soprannome non è per niente una macchietta è che in tutti questi anni io stavo sempre là dove c'era una problema, senza badare se vi fosse gente di destra o di sinistra. I blocchi stradali contro gli zingari, alle Case Rosse, sulla Tiburtina, li facevano gente di sinistra. Veniva il giornalista del manifesto, guarda- va, mi vedeva e poi scriveva: "...E' grave che ci fosse solo il fascista Buontempo". Sarà stato "grave", ma io ero là, gli altri no». Borghesi, intellettuali, radicalchic, capaci solo di far convegni e paroloni, faccendieri, burocrati circoscrizionali, coinvolti nel governo della città e quindi colpevoli per tutti i mali che da esso ne sono nati. Ecco la sinistra nell'immagine dei sottoproletari che si sono rifugiati in Buontempo. «Finti e impresentabili. Quando qualcuno dice l'onorevole -, temerariamente osava spingersi nelle borgate, si travestiva, metteva il cappotto vecchio, si faceva prestare la macchina piccola. Ripa di Meana, quando dovette andare a Tor Bella Monaca, lasciò l'auto grossa a largo Preneste e salì su una 500. Io, anche tra i baraccati, vado in Mercedes senza problemi: sanno che lavoro per loro». Guida Angelo, autisla e colletto¬ re di aneddotica: «Lui è un uomo di popolo, è uno che cammina per la strada e si guarda intorno, prende appunti». Camminiamo per queste strade, accanto alle case occupate di via Tortuga, in posti dai nomi che riproducono nel suono la sensazione di distanza: Tor Boacciana, Torrino: «Qui abbiamo paura». Di tutto, dei neri, degli slavi che bivaccano in pineta, all'alba si presentano all'incroci e sperano che arrivino i furgoncini dei caporali a trascinarli in una giornata di manovalanza in qualche campo dell'agro romano. Paura delle nigeriane e dei tossici, dei protettori zingari e degli spacciatori. E' un viaggio disadorno e angosciante nel senso di insicurezza: «Aò, siamo ridotti male, male, male...queste porcherie all'estero non ci sono e se ci andiamo noi italiani ci fanno stare diritti. Non possiamo farlo anche noi?». «A me - dice Buontempo ridendo - mi hanno aiutato un sacco le radio di sinistra. Facevano le trasmissioni in diretta del consiglio comunale e là ci stavo sempre e solo io a parlare di questi problemi». Non c'è abisso sociale e umano in cui non si sia calato l'instancabile Buontempo. L'anno scorso ha portato Gianfranco Fini al residence della Magliana, dove da anni vivono a spese del Comune centinaia di famiglie sotto-proletarie, sette-otto persone in ogni stanza. ((Appena siamo entrati - ricorda una donna mi ha preso sottobraccio: "Onorevole, stanotte hanno cercato di violentare mia figlia di 4 anni. Non posso denunciarli, se no mi ammazzano. Lo faccia lei". Naturalmente l'ho fatto. Fini è impallidito. Ma è l'unico segretario di partito che sia venuto dentro quell'inferno». In quelle condizioni, a Roma e dintorni, vivono 3-4 mila famiglie e il comune di Roma spende per i residence 33 miliardi all'anno. E adesso? Buontempo annusa l'aria e sa che il vento è già un po' cambiato. In piazza del Pantheon un ragazzo con gli occhiali neri lo aggancia con rabbia: «Ah onore', io ho preso le sassate per lei in una manifestazione a porta San Paolo, e mò lei sta a perder tempo con quei quattro stronzi», e indicava con la mano in direzione di Montecitorio. I ribelli sottoproletari egemonizzati dal «pecora» non sopportano le chiacchiere. Destra e sinistra, teorizza Buontempo, non sono più chiese, gli steccati sono caduti, rimangono i «bisogni». Segni nuovi arrivano alle antenne dell'onorevole nei fili diretti settimanali su Teleambiente e Radio Jolly: «Molti di destra dicono che voteranno Rifondazione. Più uno è emarginato e ghettizzato, più ha bisogno di sognare». Chi li farà sognare di più? A Ostia l'unica cosa colorata è un gigantesco manifesto di Forza Italia con il faccione illuminato di un Berlusconi sorridente. Servirà? I sottoproletari sono imprevedibili. Cesare Martinetti Il «nero» Buontempo: ho conquistato il quartiere stando vicino alla gente Anche se eradi sinistra fiW - ™l Un'immagine di Ostia A sinistra: Teodoro Buontempo