Kohl e Gorby bambini nell'orrore di Emanuele Novazio

Kohl e Gorby bambini nell'orrore Gli anni terribili della seconda guerra mondiale raccontati dai protagonisti della storia più recente: un libro molto atteso in Germania Kohl e Gorby bambini nell'orrore «Tra bombe e lutti, imparammo a vivere» BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Helmut Kohl se lo ricorda bene, il giorno di settembre in cui «con l'aggressione tedesca alla Polonia scoppiò la guerra». Quel giorno, per il futuro Cancelliere della Germania unita «l'infanzia finì all'improvviso». Quel giorno, il bambino di nove anni che aveva vissuto «senza turbamenti, fino ad allora, a Ludwigshafen», capì quanto suo padre era stato «preveggente» a far costruire una pompa nel giardino, «nonostante fossimo collegati all'acquedotto», e a comprare per tutta la famiglia biciclette nuove, con ruote e pneumatici di scorta. Papà Kohl, tenente dell'esercito tedesco nella prima guerra mondiale, aveva capito con buon anticipo che Hitler avrebbe portato la Germania in guerra. E nonostante la famiglia di un funzionario delle imposte «vivesse sempre al risparmio» (una salsiccia da mangiare dopo una gita «era considerata già una dissolutezza»), aveva deciso di investire i suoi risparmi per fronteggiare l'emergenza. Molti chilometri più a Oriente, in quello stesso giorno di settembre, un bambino più anziano di appena pochi mesi non immaginava - ancora - che la guerra avrebbe raggiunto il suo villaggio, che i tedeschi avrebbero invaso il suo Paese, che «i soldati di Hitler» avrebbero ferito il suo papà facendogli credere di averlo ucciso. Si sarebbe accorto del pericolo, del baratro, il 22 giugno 1941 all'improvviso: nel soviet di Privolnoie, «dove c'era un apparecchio radio» e dove «insieme con gli altri ascoltai Molotov». Mikhail Gorbaciov si ricorda molto bene come andò, quel giorno: come Helmut Kohl e come migliaia di altri «bambini della guerra» - troppo giovani per andare al fronte, troppo «vecchi» per «riuscire a non ricordare», a mantenere il buio su quegli anni - il futuro presidente sovietico capì che era «tutta la vita vissuta fino ad allora» a crollargli intorno. Che da quel momento, «la guerra e la sua immagine» non gli sarebbero «mai più uscite dalla memoria e dalla testa». Cinquant'anni dopo la fine di quell'incubo Helmut Kohl, Mikhail Gorbaciov e altri «personaggi della storia» raccontano ognuno la propria guerra, in un libro che apparirà in Germania a fine mese e che la Frankfurter Allgemeine Zeitung anticipava ieri in sintesi (Es wird nicht mehr zurùckgeschossen, Non si risponderà più al fuoco, a cura di Reinhard Appel, Lingen Verlag). Cinquant'annni dopo la fine della guerra, il lungo racconto intrecciato e sovrap¬ posto è l'evocazione emozionante di un orrore vissuto «dietro le quinte», al riparo illusorio e fragile di una giovinezza finita all'improvviso. Ricorda Gorbaciov: «Un paio di settimane dopo non c'era più un uomo nel villaggio. Le convocazioni dell'esercito arrivavano la sera: quando tutti erano tor- A sinistra Helmut Kohl, a destra Mikhail Gorbaciov. Sotto Henry Kissinger, nato in Franconia, emigrato in America nel '38. In alto aerei da guerra nati dal lavoro, quando ci si sedeva attorno al tavolo a mangiare. All'improvviso sentivamo un rumore di zoccoli e ci ir¬ rigidivamo. Il messaggero avrebbe continuato o si sarebbe fermato proprio qui, a questa porta?». Succedeva lo stesso per «le notizie della morte»: «Di nuovo, verso sera, si sentivano gli zoccoli. Se il messaggero si fermava davanti a una capanna c'era silenzio e poi, dopo qualche minuto, un orri¬ bile, disumano, insopportabile lamento». Ricorda Helmut Kohl: «La morte era sempre presente anche a scuola, sempre più spesso si parlava di padri o di fratelli caduti al fronte». Un giorno, si parlò anche di suo fratello Walter. Aveva diciannove anni, dopo lo sbarco in Normandia era stato ferito ed era tornato a casa per l'ultima licenza: «Mi raccontò dell'enorme quantità di materiale con la quale gli americani erano sbarcati. Tornò al fronte come paracadutista: poche settimane dopo era morto». E' l'immagine che più ritorna, quella della morte sempre presente eppure sullo sfondo, della morte «vissuta» eppure «raccontata», della morte vicinissima e lontana. E' l'equivoco tremendo della guerra, la sua capacità di travolgere umanità e passioni, di accelerare il tempo, di colmare la memoria. Quando il nazismo crolla Mikhail Gorbaciov ha quattordici anni ma è diventato adulto: «Quanto abbiamo vissuto allora ci ha bruciato, la guerra ha impresso il timbro su di noi, sui nostri caratteri, sulla nostra idea del mondo», scrive. Quando l'incubo finisce Helmut Kohl ha tredici anni: l'annuncio lo sorprende in fuga dalle campagne dov'era sfollato insieme alla sua scuola, quattrocento chilometri verso casa, a piedi. Subito dopo aver ricevuto una lettera del padre con mille Reichmark e un saluto che lo colpisce «come un tuono», che lo fa piangere per giorni perché gli sembra l'addio, l'annuncio della fine: «In ricordo del tuo caro fratello, abbi cura di te, saluti cari da papà e mamma», c'era scritto. Quando tornò a Ludwigshafen, Kohl ritrovò la madre e il padre. Ma la città era sparita, un cumulo di sassi e di macerie che gli sembrò, forse, l'immagine del Paese devastato dal nazismo e dalla guerra. In quelle stesse ore, un altro futuro protagonista della storia entrava nel villaggio dov'era nato 22 anni prima, Fùrth, in Franconia. Quel giorno, però, Henry Kissinger indossava la divisa del Paese nel quale era emigrato nell'agosto del '38, la divisa del 335° reggimento fanteria Usa. Per il futuro segretario di Stato americano l'incontro col passato è un varco, l'occasione per capire: «Non era semplicemente il mio luogo di nascita, quello. Era una parte del mondo al quale ero legato, i villaggi e i boschi e le strade. Ma non era più la mia patria. Ebbi una certa soddisfazione ma non pensai a vendicarmi dei tedeschi. Pensavo che non era giusto trattarli, tutti, come eravamo stati trattati noi ebrei». Emanuele Novazio Il giovane Helmut: la mortemi seguiva anche a scuola L'ex leader sovietico: mio padre ferito, ogni sera l'elenco dei caduti

Luoghi citati: America, Franconia, Germania, Normandia, Polonia, Usa