Poesia se l'avvicini la ami; per i Take That con tutte le forze

L'«Asl» non è cosa da tutti AL GIORNALE Poesia, se l'avvicini la ami; per i Take That, con tutte le forze Sgarbi quotidiani al sommo Montale Il sig. Giuseppe La Barbera il 9 marzo, sul vostro quotidiano, ha redatto un'apologia a favore del presidente della commissione Cultura della Camera. Se il presidente in questione ha fatto tanto, vorrei, affinché il suo amore per la poesia non cessi, invitarlo ad andare in un qualsiasi centro di formazione teatrale per meglio apprezzare l'emozione che un «racconto» può dare. Le manifestazioni che quel presidente reiteratamente propina sono ben lungi dal recare un servigio alla poesia. Il piacere di una lettura «metrica», «ritmata», con una dizione conveniente alla grandezza dello scritto, è cosa che il suo presidente nemmen si sogna. Per amare la poesia basta poco: basta avvicinarla. Ma quale impatto accostarsi a cotanta bellezza se il racconto è rimesso nelle mani di un individuo che ha fatto scempio del sommo Montale (nella rubrica Sgarbi quotidiani)? Meglio, per tutti quelli che amano la poesia e per me, che il presidente se ne stia fra i suoi danarosi amici tutti dediti a portare in giro i loro vestiti. Per il nostro pensiero, noi vogliamo il massimo! Roberto Simone, Torino Non parlate al manovratore Il mestiere della politica lasciatelo fare a me. Ovverosia, ragazzini lasciatemi lavorare. Non so quale eco possa avere avuto nell'animo dell'on. Liotta e delle altre «colombe» parlamentari di Forza Italia la sferzante reazione pubblica del Cavaliere al loro tentativo di ammorbidirne in extremis l'ostilità al governo Dini ed alla sua manovra finanziaria. A me è tornato in mente un divieto - Non parlate al mano¬ vratore - che non so se campeggi ancora, come ai tempi della mia lontana giovinezza, in tutti i tram e gli autobus di Roma: e che un altro Cavaliere, Benito Mussolini, fece proprio, puntandolo come un metaforico, perentorio avvertimento contro gli italiani e, in particolare, contro i frondisti dello stesso suo partito affinché non lo distraessero dall'impegno di guidare la folle corsa della vettura nazionale verso i catastrofici traguardi che tutti conosciamo. Romano Claudo, Caserta Industria, capitali e le pizze dei Festival Se è possibile mi piacerebbe sapere, se gl'industriali sfruttatori delle masse operaie dovessero emigrare all'estero con i loro capitali: il denaro per far girare le industrie, i comunisti D'Alema e Bertinotti dove lo prenderebbero? Dal ricavato delle pizze vendute al Festival dell'Unità? 0 dalle tessere di partito vendute ai loro iscritti? Ne dubito. Un pensionato Abbiamo solo 18 anni lasciateci divertire Siamo 5 ragazze di 18 anni fans dei Take That. Abitiamo in provincia di Reggio Emilia. Scrivo in merito alla lettera pubblicata, nella rubrica «Lettere al giornale» del 12 marzo, scritta dal signor Daniele Giasco. Sinceramente non capiamo come mai tanta gente ce l'abbia con questi 5 ragazzi e come si permetta di giudicare cose che, molte volte, non conosce; non crediamo che tutti quelli che criticano siano esperti di musica. Noi rispettiamo tantissimo le opinioni degli altri, ma sembra proprio che gli altri non rispettino le nostre. Non siamo qui per dire che i Take That sono la band migliore del mondo, che come loro non ne esistono, ecc, ecc.. Ma solamente per chiedere di rispettare le idee e i gusti degli altri. La musica dovrebbe unire i ragazzi e non dividerli. Si parla tanto di razzismo tra Nord e Sud, tra bianchi e neri, tra persone di religioni diverse, ma forse per risolvere questi grandi problemi dovremmo inco¬ minciare risolvendo questi più piccoli e cercando di rispettarci di più a vicenda. Non pretendiamo di essere intenditrici di musica, anzi pensiamo proprio di intendercene poco, però la musica dei Take That ci piace. Chiaramente anche l'immagine fa la sua parte, ma non è tutto... Purtroppo non abbiamo letto la lettera del 3 marzo apparsa nella rubrica, dove la lettrice sosteneva che i Take That sono capaci di suonare strumenti e che i gruppi mito come gli Aerosmith dimostravano, nei confronti dei suoi beniamini, scarse capacità vocali. Noi non pretendiamo che i Take That siano paragonabili a gruppi come Deep Purple, Metallica, Led Zeppelin, Queen, Rolling Stones 0 Pink Floyd, anche perché, come diceva quel lettore, al quale stiamo rispondendo, sono due generi nettamente distaccati e tra i quali, secondo noi, non ci dovrebbero essere dissidi. Però 1 T.T. non dovrebbero essere degradati come ultimamente accade. Gruppi come quelli elencati precedentemente non ci permettiamo di giudicarli, primo perché non ne siamo in grado e secondo perché a noi piace molto il rock come tantissimi altri generi musicali. Non ascoltiamo solo Take That... Se preferiamo loro crediamo che non dovrebbe essere un problema per nessuno. Non sappiamo quanto questo gruppo resisterà, ma speriamo e crediamo che durerà molto più a lungo di quanto tutti pensino. Comunque Spandau Ballet, Duran Duran e Wham... sì è vero sono stati solo l'evento di pochi anni, ma chi ha detto che non hanno lasciato nulla?... Andiamo a chiedere a quelle ragazze che li hanno seguiti ad ogni passo, che hanno litigato con i genitori per poter andare ad un loro concerto... credete che non tenessero a quei ragazzi? Loro le hanno regalato dei sogni; vi sembra poco? Lasciatre stare i Take That e non continuate a criticarli, tanto qualsiasi cosa diciate non ci farete cambiare idea, noi li difenderemo sempre con tutte le nostre forze e poi abbiamo solo 18 anni, lasciateci divertire!!! by Five for Five, Reggio Emilia L'alone manageriale dei burocrati degeneri Come si fa a distinguere se un ente pubblico ha serie intenzioni di rinnovarsi o se, al contrario, segue solo le mode? Se alle dichiarazioni nei convegni e sui giornali si accompagnano cambiamenti sostanziali interni all'ente stesso. Riscontriamo, invece, che le espressioni «qualità totale» e addirittura «creatività» restano pun esibizioni per alcuni dei verti i pubblici, allo scopo di crearsi l'alone manageriale. Così alla «qualità totale» - a cui credono solo loro perché il restante personale è ben lungi dall'avvertirla nei cambiamenti strutturali, ma soprattutto comportamentali - ora fa seguito la «creatività». Sembra, infatti, che qualche ente, malgrado il deficit dilagante, abbia trovato i mezzi necessari per inviare un «team scelto» (da chi e come?) di dipendenti a frequentare i costosissimi corsi di Eduard De Bono, famoso guru della creatività, stabilitosi con la sua scuola sull'amena isola veneziana di Tessera. L'iniziativa non sarebbe malvagia se fosse stata anticipata da credibili cambiamenti. Quello che invece appare chiaro è che a corsi realmente necessari di formazione continua al lavoro quotidiano (che espone tanti dipendenti anche agli sportelli) si preferiscono corsi «sui massimi sistemi», o utili ad una «scelta» minoranza e ad elargire miliardi di consulenze, gettoni di presenza, indennità, missioni, carriere, ecc., in barba ad ogni ostentata trasparenza e alla maggioranza dei dipendenti costretti a subire il solito degenerato burocratismo, da quegli stessi che si vantano della creatività. Maria Iannelli, Roma Trapianti, problema di cultura E' vero che l'argomento di certi trapianti è anche problema culturale, come autorevolmente affermato da alcuni. Cultura rappresentata in quale forma concreta per i profani in materia? Chi, per es., può vedere, toccare, udire, assistere un espiantando? dott. Agnese Cantalamessa Roma

Luoghi citati: Reggio Emilia, Roma, Torino