«Ucciso da un sospetto» di Giovanni Bianconi

«Ucciso da un sospetto» «Ucciso da un sospetto» // capo dei Ros su Lombardo LA VERSIONE DELL'ARMA ALL'ANTIMAFIA ■ ROMA I L mistero del suicidio del mareim sciallo Antonio Lombardo approda in Parlamento, con tutte le sue ombre. Il comandante del Ros dei carabinieri, Mario Nunzella, primo testimone ascoltato dalla Commissione antimafia, mette sul tavolo alcune novità e qualche considerazione. Rivela, ad esempio, che il pomeriggio del 4 marzo, poco prima di spararsi un colpo alla tempia, il maresciallo parlò col suo ex comandante di compagnia, il capitano Baudo, il quale gli riferì che un magistrato di Palermo aveva espresso «perplessità sulla sua linearità di condotta»: un fatto, specifica il generale, che lasciò Lombardo «alquanto turbato». Ancora, la mattina di quello stesso giorno il maresciallo seppe che qualcuno aveva fatto sparire il suo cane: un segnale e una minaccia piuttosto espliciti secondo la simbologia mafiosa. Infine Nunzella comunica che il boss Gaetano Badalamenti fece sapere di non essere più disposto a tornare in Italia la sera del 24 febbraio, e cioè 24 ore dopo la trasmissione tv Tempo Reale nella quale Orlando lanciò le sue accuse al maresciallo Lombardi; forse, sostiene il generale, proprio per «l'eclatanza avuta dalla trasmissione». Una versione che però contrasta con quanto afferma l'avvocato italiano di Badalamenti, Rocco Gullo, secondo il quale il suo cliente aveva rinunciato già da tempo alla trasferta italiana. Sono tutte circostanze che dovranno essere chiarite, ma che nel frattempo rischiano di scatenare altre tensioni e altre polemiche. Come quell'accenno al magistrato che avrebbe espresso perplessità sul conto di Lombardo. A telecamere spente il generale ha fatto anche il nome del magistrato, il sostituto procuratore Ignazio De Francisci, e un commissario ha chiesto la sua audizione. Ma ieri sera dal palazzo di giustizia palermitano si replicava che fino alle sue ultime ore di vita la procura si è avvalsa della collaborazione del maresciallo Lombardo, sia per l'assistenza al pentito Cancemi sia nella vicenda Badalamenti; fatto questo che escluderebbe qualsiasi perplessità sul conto del sottufficiale. Il colloquio tra il magistrato e il capitano sarebbe andato diversamente da come è stato riferito, e le dichiarazioni del pentito Salvatore Palazzolo su Lombardo, che risalgono al settembre '93, sono sempre state considerate irrilevanti dalla procura. Inoltre, nell'ultima lettera di Lombardo, non si fa cenno ai presunti giudizi del magistrato, così come non ci sono riferimenti alle accuse di Orlando. Secondo la ricostruzione di Nunzella, alle 7 di sera del 4 marzo Lombardo parlò col colonnello Cagnazzo, sia del suo confidente ucciso pochi giorni prima, sia delle accuse in tv. «Lombardo - racconta il generale - faceva riferimento a quella che definiva "delegittimazione televisiva", e rimarcando la gravità da at¬ tribuire a tale segnale ipotizzava uno scontro ad altissimo livello». Di più non disse. Tornò nel cortile della caserma, dove fu visto da un paio di colleghi, e alle 22,30 si sparò. Lasciando quella lettera nella quale, per spiegare la delegittimazione, si parla solo dei «viaggi americani». Nunzella dice che forse il fine della delegittimazione era proprio l'annullamento di quei viaggi, e quindi il mancato rientro di Bada- lamenti, che secondo il generale è successivo alle accuse di Orlando al maresciallo. Badalamenti non poteva ancora sapere che a prenderlo non sarebbe andato Lombardo bensì un altro maresciallo, e la sostituzione fu decisa dopo Tempo Reale per non «sovraesporre» il sottuficiale. «Se non ci fosse stata la trasmissione - dice il generale -, non sarebbe successo nulla». Ma l'avvocato del boss ripete che Badalamenti gli aveva già comunicato da diversi giorni che non sarebbe tornato. Perché? La risposta la cercherà l'Antimafia. «Il fine della nostra inchiesta - spiega la presidente Parenti - è quello di chiarire chi e perché non voleva il ritorno di Badalamenti, tanto che il maresciallo Lombardo ha preferito uccidersi». Giovanni Bianconi «Prima di spararsi seppe di essere sospettato di mafia da un magistrato» Il maresciallo dei carabinieri Antonino Lombardo si è suicidato nel cortile della sua caserma a Palermo perché qualcuno metteva in dubbio l'integrità della sua condotta

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