«Sangue tra clan ecco i killer»

e' il sicario del nipote di Buscetta: grazie alla sua collaborazione sventati due agguati a carabinieri e' il sicario del nipote di Buscetta: grazie alla sua collaborazione sventati due agguati a carabinieri «Sangue tra don, ecco i killer» Palermo, pentito fa luce sui delitti PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La catena di delitti programmati da Cosa nostra è stata spezzata. I carabinieri hanno individuato in Salvatore Barbagallo, 34 anni, il killer basista degli agguati, l'uomo che «dava la battuta», come si dice nel gergo mafioso e lo hanno «infiltrato» con miscrospie. In cella sono finite quindici persone tra mandanti ed esecutori. Ci sono anche gli assassini del nipote di Tommaso Buscetta. All'operazione «Venerdì nero» - l'hanno chiamata così per la coincidenza con il giorno 17 - hanno partecipato 500 carabinieri e avrebbe mandato a monte una riunione della cupola mafiosa. Appena Salvatore Barbagallo, agricoltore incensurato, ha fatto nomi e cognomi, gli inquirenti hanno accelerato i tempi temendo altri delitti. Fra l'altro Barbagallo ha rivelato che nel mirino del «gruppo di fuoco» c'erano due ufficiali dei carabinieri impegnati in indagini sulle cosche. I mafiosi erano riusciti a spiare le telefonate degli ufficiali con i cellulari a loro disposizione e la circostanza conferma che, come avvenne già per la strage di via D'Amelio, Cosa Nostra all'occorrenza si avvale di esperti in grado di risolvere ogni problema logistico e di carattere tecnico. Ma dei «gioielli» della tecnologia si sono avvalsi anche gli investigatori per dare una svolta alle indagini. Alcune microspie sono state piazzate nell'alloggio di Barbagallo e il killer, del tutto ignaro, ha parlato per giorni «a briglia sciolta» con altri «picciotti» delle missioni eseguite e di quelle in programma. E quando è stato condotto in caserma dopo l'assassinio martedì sera a Villabate di Giuseppe Di Peri e del figlio Salvatore, messo alle strette, ha confessato. Non solo. Ha deciso anche di comin¬ ciare a collaborare con la giustizia. Da sicario a pentito. Il quadro non è stato ancora definitivamente chiarito, ma sembra che l'uomo-chiave della recente ondata criminale sia Piero Aglieri. E' uno dei membri della Cupola, latitante da anni, ricercato anche all'estero. E' sempre andato d'accordo con Bernardo Provenzano che, dopo l'arresto di Totò Riina, è diventato il nuovo numero uno di Cosa nostra. E i delitti dei giorni scorsi, nella logica voluta da Aglieri, avrebbero risposto all'esigenza di colpire le «famiglie» perdenti o i rami secchi di quelle vincenti, per meglio gestire affari grandi e piccoli e per mantenere al clan dei corleonesi la leadership dell'organizzazione. Aglieri che fra l'altro è imputato del delitto di Salvo Lima e della strage di via D'Amelio, avrebbe studiato un piano diabolico con alcune «trasversalità» per metter l'uno contro l'altro anche gruppi mafiosi che in linea di massima non avrebbereo avuto ragione di combattersi. Insomma ha messo zizzania, creando non pochi diversivi che in principio avevano confuso gli investigatori. Fra gli omicidi dei quali ha parlato Barbagallo quelli in novembre di Francesco Montalto fi- glio del boss di Villabate, Salvatore, ucciso a sua volta tempo fa, del nipote di Tommaso Buscetta Domenico (12 giorni fa), dei Di Peri l'altra sera. Durante l'operazione «Venerdì nero», i carabinieri hanno sequestrato due mitragliene, tre pistole, detonatori, munizioni, due giubbotti antiproiettile. Il procuratore della Repubblica Gian Carlo Caselli e ufficiali dell'Arma non hanno nascosto la loro soddisfazione. L'operazione ha permesso di ricostruire alcuni particolari importanti della strategia e del modo di agire di Cosa Nostra. Ad esempio, Barbagallo ha confermato che, di volta in volta, i killer incaricati degli agguati studiano alla perfezione i movimenti delle vittime. «Prima di andare a sparare - ha raccontato il pentito - studiamo il territorio per non dare alle nostre vittime possibilità di fuga». E ha aggiunto che per la sera dell'omicidio di Domenico Buscetta gli fu raccomandato «di farsi trovare con un ferro davanti al motel Forte Agip». Qui fu raggiunto da Giuseppe Panzeca che sparò mentre lui «gli guardava le spalle». L'operazione fa riaccendere i riflettori su Alcamo, zona di «alta mafia», nelle cui campagne fu catturato dopo quattro anni di latitanza Michele Greco che forse fu «ceduto» da Riina ben deciso a tenere per sé tutto il potere. Antonio Ravidà Gli ultimi due delitti di mafia a Palermo Accanto, l'uccisione dei Di Peri, padre e figlio membri di una nota «famiglia» A sinistra, l'assassinio di un nipote del pentito Tommaso Buscetta

Luoghi citati: Alcamo, Palermo, Villabate