Bottiglione caccia dal suo ppi 114 ribelli

Chiesta l'espulsione per la maggioranza del Consiglio nazionale, Andreatta: è ridicolo Chiesta l'espulsione per la maggioranza del Consiglio nazionale, Andreatta: è ridicolo Bottiglione («(io dui suo ppi 114 ribelli E poi firma l'accordo con Berlusconi ROMA. Antonio Ambra si mette in posa accanto a Gerardo Bianco, i flash dei fotografi crepitano e la foto è pronta. E' mezzogiorno, siamo nello studio di Gerardo Bianco, segretario-bis del ppi e quell'istantanea racconta meglio di ogni aggettivo l'irrefrenabile anarchia che da 48 ore si è impadronita del partito popolare. Un'anarchia che ha consentito di infilarsi nella stanza del segretario ad Antonio Ambra, un attempato mingherlino che da 40 anni ciondola sotto il portone di piazza del Gesù, ripetendo che lui è «il proprietario dello scudo crociato» ed «oramai è questione di poco tempo: Scalfaro mi vuole fare senatore a vita». E mentre Bianco, uomo di squisita gentilezza, stringe la mano ad Ambra al primo piano di piazza del Gesù, al terzo Rocco Buttiglione parte all'attacco, lancia in resta: fa preparare ai probiviri la sentenza di espulsione dal partito dei 114 consiglieri che hanno partecipato all'«illegale» consiglio nazionale di due sere fa che ha eletto segretario Gerardo Bianco. E poi, in serata, il professore torna in casa Berlusconi, firma col Cavaliere un accordo in vista delle elezioni del 23 aprile. «L'accordo con Forza Italia c'è e spero che anche il Ccd possa parteciparvi», dice Buttiglione. E' vago il professore sul simbolo che presenterà il Polo di centro e la ragione è semplice: nessuno dei due ppi sa ancora chi vincerà la lite in tribunale e dunque né Buttiglione né Bianco possono promettere lo scudocrociato ai rispettivi alleati. Ma lo strappo più forte, Buttiglione lo ha dato con l'espulsione dei suoi ex compagni di partito, consumando così, in questo venerdì 17, l'ennesimo paradosso di un partito che ha deciso di suicidarsi nel modo più plateale possibile. Il paradosso di un segretario che non ha più la fiducia del suo partito ed espelle la maggioranza dei membri del Consiglio nazionale. Gerardo Bianco, uno dei 114 espulsi, dice che «gli atti di Buttiglione sono nulli ed emerge chiara la sua volontà di trasferire sotto altre bandiere parte del nostro glorioso movimento», Beniamino Andreatta se la cava con un gioco di parole («Credo sia doveroso un richiamo al senso del... ridicolo»), Rosa Russo Jervolino è lapidaria («Una pagliacciata»), mentre Leopoldo Elia si sforza di essere aderente ai fatti: «Non era mai accaduto che una minoranza chiamasse scissionista la maggioranza». Ma in questa circostanza il più sprezzante è Buttiglione. A chi gli chiede dell'altra metà del partito, il professore risponde così: «Lasciate che i morti seppelliscano i morti». Che sarà pure una citazione evangelica, ma fa trapelare l'alterigia e il nervosismo di un personaggio che aveva fatto della compostezza la sua forza. Ma venerdì 17 marzo 1995 resterà comunque una data memorabile, destinata a finire nei Bignami della storia patria: in un partito degno di questo nome non si era mai visto che due signori dicessero di essere il segretario dello stesso partito. Gerardo Bianco è arrivato a piazza del Gesù a bordo di una ansimante Y10 guidata da un ex deputato, Vito Napoli. E passeggiando sulla scorticata moquette color grigio topo che copre i pavi¬ menti di palazzo Cenci Bolognetti, Bianco si è insediato nell'ufficio al primo piano del presidente del partito, Giovanni Bianchi. Qui ha ricevuto Segni, Boselli e Bordon che gli hanno chiesto se fosse pronto a correre alle regionali col simbolo dell'Ulivo. «Troppo presto», ha risposto Bianco, che poi nel primo pomeriggio ha avuto l'incontro più importante. E' stato ricevuto al Quirinale dal suo vecchio amico Oscar Luigi Scalfaro, anche se l'incontro non ha avuto il crisma del comunicato quirinalizio. Tutto un altro passo Rocco Buttiglione che è arrivato a piazza del Gesù a bordo della Thema del partito, guidata dall'autista Fabio che pianse lacrime amare la sera della sfiducia al suo segretario. Buttiglione si infila nel suo studio al terzo piano alle 10,25, cinque minuti prima dell'arrivo di Bianco. E dal suo quartier generale dispiega l'offensiva, studiata a tavolino già da tre giorni. Fa preparare l'espulsione dei 114 del Consiglio nazionale e poi convoca la direzione del partito. Sa benissimo che 1'«altro ppi» non lo riconosce più come segretario e quindi Buttiglione sa che alla riunione non verranno i suoi nemici interni. E' quello che vuole perché la direzione serve soltanto ad ottenere il via libera formale per l'intesa col Polo e commissariare i segretari regionali che sono contro il segretario. Semmai la sorpresa è che dei 47 della direzione, soltanto in 18 abbiano risposto alla convocazione di Buttiglione. Fabio Martini Il filosofo e Bianco sono arrivati a cinque minuti di distanza Formigoni il più «sfortunato» ha l'ufficio accanto a Bianchi T3 o ' o : a e é o , o , Gerardo Bianco Sotto: l'«altro» segretario Rocco Buttiglione In basso a destra: la sala riunioni nella sede del ppi Porta chiusa e bandiera con lo scudo

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