Vendetta per un amore lesbico rifiutato di Fulvio Milone
Vendetta per un amore lesbico rifiutalo PUNIZIONE IN NOME DI SAFFO Napoli: la giovane è stata anche sequestrata e violentata per un mese dagli uomini del clan Vendetta per un amore lesbico rifiutalo Le uccidono ilfidanzato per aver detto no alla sorella del boss CASERTA DAL NOSTRO INVIATO A volte succede che un bel sogno si trasformi all'improvviso in un incubo e che una persona che ritenevi amica d'un tratto getti la maschera per mostrare il suo vero volto: quello del tuo persecutore. E' capitato a Carla, una bella e ingenua ragazza di 24 anni che ha avuto la sfortuna di incontrare sul suo cammino la donna di un boss: una «lady» della camorra invaghitasi di lei al punto da tenerla segregata per un mese in un appartamento con pareti insonorizzate e violentarla dopo averla drogata. La storia avrebbe dell'incredibile, se a raccontarla non fossero i carabinieri che nella notte tra mercoledì e giovedì hanno ammanettato tre persone: Angela Barra, 31 anni, il fratello Carmine, di 32, e Luigi De Vito, un operaio di 20 anni. I Barra 1 sono accusati di sequestro di persona, violenza privata e violenza carnale; De Vito deve rispondere solo del rapimento. Ma c'è dell'altro, in questa fosca vicenda maturata in un paese, Teverola, da anni soffocato dalla violenza camorrista. C'è anche un omicidio, quello del fidanzato di Carla, Genovese Pagliuca, morto a venticinque anni con la faccia cancellata da una scarica di lupara. Il suo corpo fu trovato in un'auto a pochi metri dalla gelateria di proprietà di Angela Barra, sospettata di essere coinvolta nel delitto. Tutto cominciò un anno e mezzo fa con un bel sogno d'amore. Carla e Genovese si amavano e si sarebbero già sposati se le loro condizioni eonomiche glielo avessero consentito. Lei, apprendista parrucchiera, guadagnava quel tanto che le serviva per sopravvivere; lui, garzone in una macelleria, doveva mantenere la madre e un fratello con il suo magro stipendio. Fu allora che, come nelle favole che si raccontano ai bambini, comparve la fata buona. Aveva il volto volitivo e il fare deciso di Angela Barra. In paese la conoscevano tutti come la donna di Francesco Bidognetti, un camorrista che prima di finire in carcere le aveva anche dato un figlio. Carla la conobbe nell'ottobre del '93 e subito le confidò le sue pene. Le disse che senza un aiuto economico non avrebbe mai potuto sposare il fidanzato. E lei, Angela, si dimostrò una vera amica: «Non preoccuparti, ti aiuterò. Tanto per cominciare vieni a stare a casa mia, così ti togli da tutta quella miseria». Carla accettò. In principio tutto filò per il verso giusto: la coppia poteva incontrarsi quando voleva e fare progetti per il futuro. Angela sembrava davvero una sorella maggiore, piena di premure e di buoni consigli. A poco a poco, però, tutte quelle attenzioni divennero eccessive, e Carla cominciò a sentirsi prigioniera in casa della donna che ormai si comportava come un innamorato geloso, più che da amica fidata. Malgrado le sue resistenze, fu costretta a diradare gli incontri con il fidanzato che, dopo qualche tempo, fu definitivamente allontanato. Ai primi di gennaio del '94 Angela Barra decise di rapire la ragazza. Con l'aiuto del fratello e dì Luigi De Vito trascinò la sua vittima in un appartamento nelle campagne di Aversa, un paesone alle porte di Caserta. Più che una casa, era un bunker con tanto di porta blindata e pareti insonorizzate. Qui, secondo i carabinieri, Carla fu violentata dai due uomini e dalla stessa Angela, che la costringeva a prendere dei sedativi per tenerla tranquilla. Le violenze durarono un mese, finché ana sera Carla trovò l'occasione e soprattutto la for¬ za di fuggire dalla prigione in cui era stata rinchiusa. Tornò dai suoi, potè riabbracciare il suo Genovese. Decise d'accordo con U fidanzato di non denunciare i suoi aguzzini e di tentare di dimenticare. Ma non fu così. Sui due ragazzi cominciarono a piovere minacce anonime e misteriose aggressioni notturne tanto che Carla, disperata, si rifugiò in casa di parenti, lontano da Teverola. Genovese volle invece rimanere in paese. Una decisione che gli costò la vita: il suo corpo fu trovato in un'auto, il 19 gennaio scorso, sfigurato dai proiettili. Fu allora che lei decise di raccontare tutto ai carabinieri. «Non ho più nulla da perdere», disse in lacrime a un ufficiale che cominciò ad occuparsi di Angela Barra: un'indagine durata un mese e mezzo e conclusa due giorni fa, con l'arresto della donna del boss. Fulvio Milone
Persone citate: Angela Barra, De Vito, Francesco Bidognetti, Genovese, Luigi De Vito, Pagliuca
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