La poesia fa discutere di Mirella SerriBeppe Sebaste

La poesia \fa discutere La poesia \fa discutere Non ridete sulle Muse NCOR oggi il poeta incontra le Muse e ha commercio con loro», scrive Giuseppe Conte nel suo bel Manuale di poesia, edito da Guanda, intorno al quale fervono umori polemici, dopo la recensione-presentazione di Mirella Serri su Tuttolibri e alcune repliche un po' indignate sugli schermi dell'Altra Edicola, la rassegna delle pagine culturali che va in onda a mezzanotte sul Tg2. A Mirella Serri, che aveva riservato a Conte pesanti ironie, non è piaciuto l'inatteso «contrappasso». Ma viviamo, volenti o nolenti, in un campo della comunicazione culturale fortemente segnato dall'ironia, a volte dall'irrisione (basti pensare a certi stroncatori di professione) tanto che forse rischiamo tutti di essere in facile balia di riflessi condizionati. Gioverebbe chiedersi, allora, dove l'ironia anche «cattiva» serva, e dove rischi di essere un riflesso, e ci accechi. Credo che nel caso del libro di Conte, questo confine sia proprio segnato, direi sorvegliato, dalle Muse. Perché nella frase citata all'inizio sta il cuore del libro: un cuore di poetica, che si può non condividere, ma che va discussa e capita. Il problema è se davvero si possa, oggi, parlare di Muse, le figlie di Zeus divine ispiratrici della poesia. E cioè se si possa parlare di sacralità della poesia. Il «sacro» impaurisce, ma è troppo facile liquidarlo con una battuta. Il sacro è il radicalmente diverso, e anche senza scomodare Bataille o Callois, potremmo accontentarci di definirlo come la comunicazione che si sottrae a tutte quelle codificate, alle strutturel'istituzionali del nostro mondo. Il sacro parla unallngua spesso ignota. E' il linguaggio delle muse, la sorpresa. Potremmo chiederci a che cosa si riferiva Joyce quando teorizzava le «epifanie» o gli «epicleti»: non erano anche, quegli agguati dello spirito, voci delle Muse? O a che cosa si riferiva il Borges citato proprio da Conte, quando si chiede se per «Muse dobbiamo intendere ciò che gli Ebrei e Milton chiamarono Spirito e che la nostra triste mitologia chiama Subcosciente». Le Muse non sono statuette polverose di stampo neoclassico. Hanno vissuto nel nostro '900, attraverso i massimi scrittori del secolo. E una risata non le seppellirà. Mario Baudino Una lettera per Vince Fasciani Caro Tuttolibri, vorremmo riportare l'attenzione sull'assai azzeccato annuario Poesia '94, edito da Castelvecchi. Ne esce, come ogni suo lettore sa, un panorama critico estremamente stimolante. Sia l'editoriale di Giorgio Manacorda che l'intervento brillantissimo di Alfonso Berardinelli vorrebbero che la nuova poesia italiana «uscisse dal suo giardino d'infanzia». E, indicando tra i migliori libri del '94 gli ultimi editi di Mario Luzi, Franco Fortini, Dario Bellezza, ecc., oltre all'importantissimo repechage di Allergia di Massimo Ferretti, il curatore Giorgio Manacorda dimostra il senso anche «militante» quale dovrebbe essere il recupero del senso della poesia (il tanto negletto «senso» oltre che l'antica «forma» da sempre usata dai manieristi per veicolare il loro Nulla). Stupisce, quindi, che un unico intervento, quello di Roberto Varese sui «poeti brutti», abbia a tal punto travisato il senso e la sostanza degli interventi degli altri partecipanti di questo interessante annuario. Egli, adoperando con stanca «brillantezza» una forma di giornalismo culturale che da molte stagioni ha fatto il suo tempo, sceglie come oggetto da distruggere la poesia di Vince Fasciani. Il guaio è che quando Varese appiccica il sommario giudizio «schifo» alle poesie di Vince Fasciani, fa pure, assai pateticamente, autogol. Vorremmo con vivace senso etico oltre che estetico salvare l'utile e attualissimo «messaggio» di Giorgio Manacorda, Alfonso Berardinelli e i loro più che onesti collaboratori. Il «killer-aggio» culturale, del resto, ha da essere puntuale e probo per raggiungere il suo fine, altrimenti finisce che l'innocente ma spesso colto oltre che iniziato lettore scambia, come si suol dire, capra per cavoli. E finisce per pensare che la poesia di Vince Fasciani sia opera invece di un vago e indistinto «nemico culturale», li contributo di Vince Fasciani al recupero del senso di una poesia italiana tristemente caduta nell'asilo d'infanzia preme a molti, non solo ai poeti. Aldo Rosselli, Giancarlo Ferretti, Amelia Rosselli, Carlo Bordini, Fabio Ciriachi, Giorgio Messori, Beppe Sebaste, Vito Bruno

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