QUO LAPIS, MAESTRO? USA LA FANTASIA, RAGAZZO

QUO LAPIS, MAESTRO? USA LA FANTASIA, RAGAZZO QUO LAPIS, MAESTRO? USA LA FANTASIA, RAGAZZO faceva assai di più: insegnava a inventare, dava un metodo alla fantasia. E furono I draghi locopei (Einaudi), successo immediato e duraturo. Adesso lo stesso Vassalli e lo stesso editore propongono un fratello spirituale della Zamponi. Si chiama Lino Di Lallo, va per i cinquanta, si è laureato in architettura a Firenze con Eugenio Battisti, insegna nelle medie delle periferie cittadine, e ha una doppia valenza di letterato e pittore. La sua confidenza con Wittgenstein e Kandinskij, con i surrealisti e con i poeti del Novecento è di quelle che riposano su una conoscenza profonda, ma risolta in gioco elettrico, quasi spiritato, tanta è l'allegra frenesia con cui li giostra, li somma, li incrocia. Siamo, per intenderci, nell'area cara a Rodari e a Toti Scialqja, a Dossena e a Bartc.zaghi, con in più un estro figurativo che è insieme lirico e scanzonato, alla Munari. Quando deve scrivere agli amici, Di Lallo inventa con le tecniche dell'acquarello e del collage delle buste che so¬ no dei capolavori di arte postale, una meraviglia che sta tra i dadaisti e Klee, Folon e Pericoli: deve costare molto ai postini non tenersele per loro. Di Lallo, garantisce Vassalli, è un poeta e un matto. La sua follia sta nel fatto che, chiamato a insegnare educazione artistica, non si limita a trasmettere le solite quattro nozioni precotte, ma inocula nei ragazzi il virus della creatività combinando le infinite possibilità dei giochi di parole con le tecniche della manualità. Ma anche qui: poesia non viene forse dal greco poièin, fare? Un gustoso campione della pirotecnica didattica di Di Lallo è ora raccolto in un libro le cui provocazioni sono esplicite sin dal titolo: Quo lapis? Sottotitolo: inventare una scuola colorata (Einaudi, pp. 234, L. 28.000). Dove a essere colorate sono in primo luogo le parole, come sanno bene molti scrittori del Novecento, da Eluard a Calvino, da Pessoa e Bruno Schulz a Octavio Paz. Di Lallo comincia mettendo davanti ai suoi ragazzi un foglio bianco. La prima immagine che il foglio evoca è quella del muro, dell'esclusione, dell'estraneità. Ma superato il primo disagio, offre anche una possibilità di associare liberamente parole e immagini: è un silenzio ricco di possibilità, basta ascoltare il suo suono interiore. «L'orologio del nulla va di moda, sempre», scrive una ragazza. E un'altra: «Intoccabile irreale». Il foglio diventa un oggetto di esplorazione, una pianura da attraversare. Basta cominciare ad elencare i vari tipi di bianco che si possono dare: bianco di piombo, di cerussa, di Crems, dì Meudon, di zinco, di bario, bianco di silicio, di marmo, di cervo, di perla, di San Giovanni... Ogni nome può evocare una storia, una possibilità combinatoria, uno scatto fantastico. Il Bianco di piombo - scrive un ragazzo sforacchia il foglio e per contrappeso alza la nostra immaginazione. Per Elisa, il Bianco di Crems è il colore del Cremlino. Del Bianco di Cina, Leandro

Luoghi citati: Cina, Dossena, Firenze