Le cifre «luminose» della bancarotta italiana; convivere con la mafia di Luca Giurato

Le cifre «luminose» della bancarotta italiana; convivere con la mafia lettere AL GIORNALE Le cifre «luminose» della bancarotta italiana; convivere con la mafia Camera, su tabellone il debito pubblico Propongo di riportare ogni giorno, accanto agli altri indici economici (borsa, cambi, futures, eccetera eccetera) anche la cifra aggiornata del debito pubblico. Tale cifra dovrebbe diventare il più importante indice della nostra politica, perché ci permette di capire se chi ci governa, e tutti coloro che influiscono in modo determinante sul futuro del Paese, ci portano di nuovo verso l'Europa oppure, dissennatamente, preferiscono illuderci con le manovrine ricorrenti mentre, invece, mantengono la rotta verso l'isolamento facendoci rischiare la bancarotta, il caos e la miseria. Bisognerebbe, poi, cercare di convincere i nostri parlamentari a far sì che la stessa cifra aggiornata, venga riportata in un grande tabellone luminoso all'ingresso di Camera e Senato. Così tutti ricorderebbero questa ineluttabile realtà, che dovrebbe pesare molto di più in tutte le decisioni che contano. Prof. Diego Balducci, Roma Un cancello abusivo da dodici anni Parole su parole, tutti scrivono, tutti parlano di Mafia, ma bisogna viverci giorno dopo giorno, gomito a gomito per parlarne! Vogliamo i fatti e i fatti in un paese del Meridione sono questi: ordinanza del sindaco Antonio Acri, dell'estate 1983: abbattere un cancello abusivo che impedisce ad alcuni cittadini l'accesso alle proprie case. Ebbene, né vigili urbani, né carabinieri, né nessuno (compreso il prefetto di Cs) in questo paese dell'estremo Sud, ha ottemperato a questa ordinan¬ za di dodici anni fa! Chi sono in questo caso i mafiosi? Antonio Mancina, Cosenza Trapianti, nessuno interpella gli italiani In merito a quanto scritto dal Sig. Carlo Maffeo - presidente dell'Aitf - e alle affermazioni della senatrice Elisabetta Alberti Casellari, voglio manifestare, a nome di tutti coloro che sono contrari ai trapianti, il senso di penosa tristezza e di ribellione davanti al mancato rispetto della libertà di opinione, grossolano errore politico e sociale. Chi presiede un organo politico così importante come la commissione di Igiene e sanità del Senato, prima di decidere arbitrariamente intorno a una questione, dovrebbe avere almeno il pudore di interpellare le parti sociali in causa: coloro che sono in attesa di trapianto e i potenziali donatori. Quando mai si sono interpellati gli italiani sulla questione dei trapianti? Nessuno, mai, ha delegato i propri rappresentanti alla Camera e al Senato a decidere su questa importante questione e, pertanto, non essendoci stata una risposta consenziente o no sull'argomento, ogni decisione spetta al singolo o chi per esso. «Chi per esso» sono i congiunti della «onorata e rispettabile salma» che hanno il diritto solo loro, non lo Stato, di decidere in merito all'espianto. La legge del silenzio assenso, come tutti sappiamo, è una legge ipocrita, che gioca sulla disinformazione dei cittadini, sulla loro mancata preveggenza, sulla non possibilità di cautelarsi da parte di molti (non tutti possono rivolgersi ad un notaio o sanno di poterlo fare) sulla mancanza o scomparsa di documenti attestanti la propria volontà, sulla incomprensione della questione da parte degli extra comunitari. La nostra Costituzione si esprime con chiarezza sulla libertà di culto religioso con tutti i risvolti etici che comporta. E al signor Maffeo che ho sentito parlare a una conferenza dell'Aido - Salone dell'Unione Industriale a Torino (contesto in cui fu proposto di sottrarre ai congiunti la potestà sulla salma, dichiarandola di proprietà dello Stato), vorrei chiedere se sarebbe tranquillo, se vivrebbe bene, sapendo di contenere dentro di sé l'organo di un non consenziente. E' questo che vuole? Mors tua vita mea? E' questo l'al- truismo che chiedete? O non e piuttosto la dittatura dell'espianto coatto? Chi vuole essere consenziente sia. Chi non lo è, ha diritto di essere tutelato, anche attraverso i propri con giunti, nella sua opinione per sonale. Franca Bernatti, Torino Non è un mito italiano chi non paga le tasse Da La Stampa del 9 marzo apprendo che alla famosa top model Carla Bruni è stato conferito il premio «Donna 1995» in una cerimonia tenutasi nella Galleria Valabrega davanti a centinaia di distinti torinesi, a decine di fotoreporter e ad autorità dell'arte, della cultura e della politica. Mi pare che sia immorale premiare una persona di nazionalità italiana che ha la residenza a Montecarlo, noto paradiso fiscale (secondo diversi periodici) per decine di connazionali famosi come Pietrangeli, Patrese, Capirossi, Faletti, Cocciante, Barbareschi, Bugno, la Ricciarelli, Ornella Muti, appunto Carla Bruni, ecc. Se la notizia che la bella indossatrice è residente a Montecarlo è vera, e se, quindi, in tale veste non paga le tasse in Italia sulle centinaia di milioni che guadagna all'anno con la sua professione, mitizzarla e proclamarla «Ambasciatrice di Torino nel mondo» è certamente offensivo nei riguardi dei cittadini italiani che vivono e lavorano in Italia e quindi pagano regolarmente le tasse, andando incontro, specialmente oggi, a sacrifici non indifferenti. Lo stesso vale evidentemente per le centinaia di italiani che hanno residenza fissa in altri Stati esteri o addirittura hanno cambiato cittadinanza (come la osannata Sofia Lo ren). Giorgio Amprimo, Torino Padre biologico e padre adottivo Ho letto l'articolo «Uccide il padre per vendetta» del 1° marzo, e una frase mi ha colpi ta: «Ben presto anche la madre adottiva morì, e il ragazzo si trovò a dover fare i conti con un patrigno che non lo amava un padre, quello vero, che non gli dava pace». Ho trascritto in corsivo le parole che secondo me fanno pensare: la madre adottiva si era forse risposata? Solo in tale caso il padre potrebbe essere patrigno perché il padre adottivo è padre a tutti gli effetti; se il padre vero è solo quello biologico, quello adottivo è dunque falso? Nell'augurare a mia figlia, che considero vera pur se adottata, di non avere la vita difficile del ragazzo di cui si parla nell'articolo, spero anche che certe espressioni non riescano a intaccare la sua serenità e voglia di vivere, risultato del quale siamo molto orgogliosi sia io che mio marito. Adele Rossi, Torino Rai, i meriti di Brando Giordani A pagina 19 de La Stampa di sabato 4 marzo a proposito degli ottimi ascolti di Uno mattina viene riportata questa domanda: «Merito di uno sforzo della direzione Giordani?» «Tutt'altro. E' la povertà che aguzza l'ingegno», è la risposta che mi viene attribuita. Preciso di non avere mai detto quel «tutt'altro», e ribadisco con calore tutta la mia stima e affetto per Brando Giordani, senza il quale non ci sarebbe mai stato il successo di Uno mattina e di tantissimi altri programmi Rai. Quanto alla povertà, quella c'è e si fa sentire, ma sono certo che Brando Giordani risolverà anche questo problema. Luca Giurato, Roma Vero. La domanda esatta era «Merito di uno sforzo economico della direzione Giordani?». Purtroppo per un refuso l'aggettivo è saltato ingenerando possibili equivoci. fsi. ro.]