Scontro fra treni macchinisti nei guai di Francesco Grignetti

Scontro fra treni, macchinisti nei guai Non avrebbero rispettato un semaforo: accusati di disastro e omicidio colposo Scontro fra treni, macchinisti nei guai Guidavano il «merci» finito contro il Roma-Milano CITTA' DELLA PIEVE DAL NOSTRO INVIATO Doveva essere la giornata più importante della loro vita: mamma e tre figlie, di Latera, in provincia di Viterbo, erano salite ieri sera intorno alla mezzanotte sul treno per Milano che le avrebbe portate a uno studio televisivo della Fininvest. Erano state selezionate, mamma Linda di 48 anni e la primogenita Assunta di 28 anni, con le sue sorelle, per registrare una puntata di «Ok, il prezzo è giusto». E avevano scelto il treno perché lo giudicavano il mezzo più sicuro. Ma proprio il treno le ha tradite. Nemmeno dieci minuti dopo che erano salite in carrozza, alla stazione di Orvieto, un urto terribile. L'espresso Roma-Milano, all'altezza di Città della Pieve si è incuneato dentro un treno merci che non ha rispettato la precedenza. Il locomotore e i primi sette vagoni sono schizzati fuori dai binari. E la carrozza dove erano le quattro donne s'è parzialmente accartocciata. Per madre e figlia non c'è stato nulla da fare. Ma sono rimasti feriti almeno in 30. Tre sono in prognosi riservata. E la più grave di tutti è una cittadina greca, Zaneta Mauriki, in rianimazione. La dinamica dell'incidente, a 12 ore dai fatti, appare abbastanza chiara. Il merci, carico di enormi tubi di acciaio, s'è immesso sul binario dove era in arrivo il treno passeggeri. I macchinisti Alberto Messi e Roberto Croce, romani, entrambi di 34 anni fermati in serata per ordine del pm Paolo Micheli, di Orvieto, con l'accusa di disastro ferroviario e omicidio plurimo colposo -, non hanno rispettato i segnali. Prima un giallo che ordinava di rallentare. Poi un rosso, 100 metri prima dello scambio, che imponeva lo stop. L'espresso, che aveva lasciato la linea direttissima in vista di Chiusi, è piombato sul merci in pieno incrocio. Ed è stata una carambola impazzita. Il primo locomotore ha urtato da dietro il secondo, che è schizzato via. Intanto i carri scoperti funzionavano da trampolino. La motrice dell'espresso si è impennata e dopo es¬ sersi alzata in aria è piombata pesantemente nella scarpata. I primi sei vagoni l'hanno seguita nella corsa e sono quelli che hanno risentito meno dell'urto. Merito dello spazio aperto. Ma il settimo no, s'è fermato di traverso ed è andato contro l'ostacolo. «Ero proprio lì, nella carrozza numero 16 - racconta il cuccettista Salvatore Cargiano - quando prima s'è spenta la luce, poi ho sentito che il treno finiva fuori dai binari. Sono finito a terra lungo il corridoio. Quando mi sono rialzato, ho visto tanti feriti e tanto sangue». Per fortuna, se così si può dire nella disgrazia, il treno passeggeri non era a pieno carico. Potevano restare coinvolte 1300 persone. E invece erano pochi. Qualche centinaio al massimo. Lo racconta anche Davide Pacelli, 27 anni, di Caserta, che tornava a Milano dove lavora: «Nel mio scompartimento eravamo solo in tre. Così abbiamo avuto tutto lo spazio per uscire». Naturalmente la paura è stata tanta. «Ho visto la morte in faccia - dice il capotreno, Paolo De Angelis - quando sono rimasto bloccato nel mio compartimento. Vedevo le pareti traballare. Si muovevano e avevo paura di restare schiacciato. I vetri sono andati in | frantumi. Io ero imprigionato con le braccia. Il mio collega Emiliano Colautti, che ora è ricoverato a Perugia, invece aveva le gambe bloccate. E' riuscito ad arrivare a un cellulare e ha dato l'allarme». I soccorsi sono arrivati tempestivamente. Si sono contate almeno 50 ambulanze. Tantissimi i vigili del fuoco, gli operai delle ferrovie, i carabinieri e gli agenti di polizia. Alle quattro del mattino era tutto finito. Ora non resta che aspettare gli esiti dell'indagine giudiziaria. Il pm Micheli ha dato incarico ai periti di analizzare le «scatole nere» dei due locomotori per accertare velocità e durata della frenata. Ha chiesto anche una perizia sul sistema frenante di entrambe le motrici. I conducenti del merci, infatti, per giustificare la loro presenza sul binario dell'espresso hanno ammesso di aver visto il segnale rosso - che peraltro era a soli cento metri dall'incrocio ma hanno anche spiegato di non essere riusciti a fermare il loro convoglio per un'avaria ai freni. La polizia ferroviaria, che indaga sul caso, non è granché convinta di questa spiegazione. Comunque si controllerà anche questo. E in¬ tanto s'è già appurato che non esistevano sistemi di sicurezza in automatico. Tutto è affidato alla prontezza e al rispetto delle regole da parte dei macchinisti. E si fanno sentire anche i sindacati. Il Comu, che raggruppa i macchinisti più arrabbiati, sostiene che la colpa è tutta dell'azienda: «Anche questa volta, - sostiene il leader Ezio Gallori - come a San Benedetto del Tronto un mese fa, si tratta di errori compiuti in piena notte. Sono le ore in cui il mestiere di macchinista diventa più pericoloso. Ma siccome mancano 1500 macchinisti in organico, e in questo periodo lo straordinario è una piaga dilagante, faremo un esposto per segnalare al magistrato il rischio». Critica anche la Cgil: «Le cause vere sono da ricercare nella perversa combinazione tra l'incentivazione individuale, che è assai spregiudicata, e la scarsa attenzione alle necessità formative e qualitative dei macchinisti». Francesco Grignetti Le due vittime stavano andando a registrare una puntata di «Ok, il prezzo è giusto» Oltre 30 le persone rimaste ferite Il macchinista dell'espresso Sopra, due immagini del disastro

Persone citate: Alberto Messi, Davide Pacelli, Emiliano Colautti, Ezio Gallori, Micheli, Paolo De Angelis, Paolo Micheli, Roberto Croce, Salvatore Cargiano