Caso Pecorella in cella due 007 del Sisde di Giovanni Bianconi

Caso Pecorella in cella due 007 del Sisde Svolta nel processo, accertati i rapporti dei funzionari con i boss della banda della Magliana Caso Pecorella in cella due 007 del Sisde Volevano screditare gli accusatori diAndreotti e Vitalone ROMA. Hanno mentito a) giudice che indaga sull'omicidio Pecorelli, per screditare - cos'i ritiene il gip che li ha spediti in carcere - i pentiti che di quel delitto di sedici anni fa hanno indicato esecutori e mandanti presunti. Per questo sono stati arrestati, ieri mattina, il capo reparto del Sisde Mario Fabbri e il direttore di divisione dello stesso servizio segreto Giancarlo Paoletti, con l'accusa di «false informazioni al pubblico ministero», un reato punito con la reclusione da uno a cinque anni. L'arresto è stalo eseguito ieri mattina dagli agenti della Dia e dai carabinieri del Ros, e i due funzionari sono ora rinchiusi nel carcere militare romano di Forte Boccea. L'ordine è arrivato dal gip di Perugia Aldo Materia, che ha accolto la richiesta del pubblico ministero Fausto Cardella, titolare dell'inchiesta sul delitto Pecorelli nella quale sono indagati, come presunti mandanti, l'ex magistrato ed ex ministro de Claudio Vitalone e il senatore a vita Giulio Andreotti. Fabbri e Paoletti, in forza al Sisde dall'inizio degli Anni Ottanta, hanno negato di aver mai avuto rapporti con gli esponenti della cosiddetta «banda della Magliana» Danilo Abbruciati, Enrico De Pedis ed Ettore Maragnoli - i primi due morti ammazzati, il terzo tuttora agli arresti -, tra il 1980 e il 1981. mentre le indagini avrebbero confermato che quei rapporti ci furono: in carcere, quando i malavitosi erano detenuti, e fuori. Si tratta di un'accusa collaterale nell'ambito dell'inchiesta sull'omicidio del direttore di «O.P.», ma per gli inquirenti il doppio arresto di ieri è una svolta clamorosa e molto importante. I pentiti che i due funzionari del Sisde, secondo il gip, volevano screditare, sono altrettanti uomini di punta di quella specie di agenzia del crimine chiamata «banda della Magliana», come Antonio Mancini, Fabiola Moretti e Maurizio Abbatino. Negare le loro affermazioni potrebbe far parte di una strategia per inquinare e depistare le indagini sul delitto, fino ad impedire l'accertamento della verità. Sono stati proprio i pentiti della «Magliana» a raccontare, confermando in parte le dichiarazioni di Tommaso Buscetta, che ad uccidere Pecorelli furono il boss mafioso Michelangelo La Barbera e l'ex terrorista nero Massimo Carminati, su ordine proprio di Abbruciati e De Pedis che avrebbero fatto «un favore» a Vitalone. Gli stessi pentiti hanno anche detto che Abbruciati e De Pedis avevano contatti con uomini dei servizi segreti, sia in carcere che in libertà. Fabiola Moretti, ex convivente di Abbruciati, ha detto fra l'altro: «So per certo che, almeno inizialmente, Danilo ebbe dei vantaggi da queste relazioni: riottenne la patente, il passaporto, gli fornirono denaro ed autovetture, ed attribuiva a "quelli" il merito di essere uscito presto dal carcere». Gli investigatori della Dia e del Ros sono arrivati ad individuare proprio in Fabbri e Paoletti due dei funzionari del Sisde che visitarono in carcere Abbruciati e gli altri. E alla ricerca dei riscontri alle dichiarazioni dei «collaboratori di giustizia», hanno chiesto la conferma agli interessati. Loro hanno negato, ma l'ex vice-direttore del carcere romano di Rebibbia, Maurizio Barbera, dopo aver inizialmente taciuto, alla fine ha ammesso quei colloqui dietro le sbarre. Ce stato anche il riconoscimento fotografico, da parte dei pentiti, di almeno uno dei due uomini arrestati ieri, e per il gip le prove della falsa testimonian¬ za di Fabbri e Paoletti sono diventate inequivocabili. Anche perché, sostiene il giudice. Fabbri e Paoletti all'epoca dei fatti si occupavano di terrorismo, un'attività che non giustificava rapporti con quel «mix» di criminalità comune e organizzata che si nascondeva dietro la «banda della Magliana». A determinare l'arresto sono state inoltre alcune «pressioni» a tacere subite dagli stessi pentiti da parte di uomini dei servizi o di altri apparati dello Stato che in passato ebbero contatti con la «Magliana». Persone già identificate o in via di identificazione, che potrebbero svelare altri depistaggi. Giovanni Bianconi

Luoghi citati: Perugia, Roma