La sirena del Bosforo stregata dal Corano

ISLAM E LAICITÀ' La sirena del Bosforo stregala dal Corano ANALISI ISLAM E LAICITÀ' ORTE e guerriglia a Istanbul. Sono oramai più di trenta ore che nel quartiere Gazi (il nome completo è Gaziosmanpasa) si combatte. Al riparo da occhi indiscreti, grazie a un coprifuoco ad hoc, reparti dell'antiterrorismo e della gendarmeria si stanno «vigorosamente adoperando a riportare l'ordine». Nell'immaginario degli occidentali, Istanbul, l'antica Costantinopoli raccontata da Pierre Loti, da Flaubert, dal nostro De Amicis eccetera, è là quintessenza del cosmopolitismo, piatto forte delle agenzie turistiche, romantico mix di bellezza architettonica, di sensualità, di Islam e Occidente. A cavaliere dell'Asia e dell'Europa, magica sentinella sul Bosforo tessuto ininterrottamente da bastimenti d'ogni nazionalità. Istanbul, agli occhi degli occidentali, è una città «laica», vale a dire una città nella quale, giustappunto», non è possibile immaginare repliche (sia pure in ridotta scala) di quanto quotidianamente accade in Algeria o in Egitto. Ma occorre arrendersi alla realtà: non esistono più città «laiche» nel mondo islamico. Se è vero che in Oriente (Vicino o Estremo o Medio che sia) non bisogna mai fidarsi dell'apparenza, tanto più vero questo è in un Paese, la Turchia, dove Kemal Atatùrk laicizzò l'Islam, non soltanto togliendo il velo alle donne bensì portando nella modernità, diremo «globalmente», con metodica pazienza, un Paese cerniera tra l'Asia e l'Europa. Il ruolo strategico della Turchia, garantito dalla sua laicità di impronta militare e militaresca, ha fatto sì che sul comportamento, non proprio ortodosso, delle varie leadership succedutesi ad Ankara dalla fine degli Anni 50 ad oggi, l'Occidente abbia chiuso un occhio e qualche volta tutti e due. Gli occhi. Quando parliamo di comportamento «poco ortodosso» ci riferiamo soprattutto al «contenzioso coi curdi», più volte (e sempre invano) denunciato da quei «rompiscatole» di Amnesty International. Il ritorno alla moschea in Turchia è fenomeno piuttosto recente, rispetto a Paesi quali l'Iran, l'Egitto, il Pakistan, per citare i più sostanziosi. Oggi, come nella metà del secolo XIX, quando nell'area mediterranea l'imperialismo europeo era al suo apogeo, in seno al mondo musulmano si scontrano due correnti di pensiero. Una prospetta l'urganza di «modernizzarsi», l'altra proclama la necessità di approfondire, per recuperarli, i valori dell'Islam. La prima pensa che utilizzando gli «strumenti» del progresso europeo od occidentale sia possibile uscire dal guado del sottosviluppo. «Liberarsi attraverso il progresso, senza stravolgere i principi dell'Islam, modernizzarsi tenendo in una mano il computer e nell'altra il Corano», secondo l'as¬ sunto di re Hassan II del Marocco. Per la seconda, l'Islam ha in se stesso tutti gli elementi che con sentono di rispondere alla sfida del software. La sola e unica rifor ma da attuare è quella del ritorno alla fede, meglio: alla sorgente della fede, il Corano. Ma al principio degli Anni 70 i risultati più evidenti di decenni di opzione laico-modernista sono il neocolonialismo economico; l'alienazione culturale; l'urbanizza zione selvaggia; l'arroganza dei quadri dirigenti. In fatto la «trina scita modernista» s'è tradotta in un sottosviluppo generalizzato con l'eccezione di qualche Paese del Golfo, chiuso, guarda caso, agli ismi occidentali. A cominciare dal «modernismo», liberale o hegeliano, marxista o strutturale, consi derato l'antitesi del tradizionali smo conservatore. Il «risveglio islamico» è un'esplosione che rivela la ripresa di coscienza d'un rovinoso fallimento politico, quello del nazionalismo laico o laicizzante. La Turchia forte della rivoluzione modernista di Kemal, sembra impermeabile alla rinascita islamica. Sembra ma come sempre l'apparenza inganna. A dispetto dei fatti sanguinosi del Nord Africa, e delle stesse fibrillazioni turche, non esiste una «centrale» islamica integralista. A dover temere la furia degli islamisti organici sono, per ora, i vari regimi di questo o quel Paese islamico. Per ora, poiché alla radice del fondamentalismo islamico c'è una mistura inedita di una rivendicazione d'identità con una religiosa altissima, contro l'Occidente «corrotto sulla terra». Qualcuno, incautamente, definisce «fascisti» coloro che sparano contro gli alauiti a Istanbul o sgozzano gli intellettuali ad Algeri. Parlare di «fascismo islamico» non ha senso. Si può se mai dire con Francois Furet, storico dei totaUtarismi, che l'islamismo militante è un movimento pre-democratico che va sviluppandosi in una società pre-individualista, comunitaria. E' al tempo stesso un movimento pre-nazionale giacché si richiama a una comunità ben più vasta della comunità nazionale e che è legata «ad ogni livello - famiglia, società, religione -, mediante strutture tradizionali». Di più: l'ideologia (antioccidentale) ha un approccio religioso nel senso autentico della parola, cioè trascendentale. «Si tratta, insomma, di instaurare la legge divina sulla terra». In nome, ovviamente, della libertà: dal bisogno, dalla paura eccetera. Il caso turco rischia di mettere l'Occidente (la Nato) di fronte alla tentazione di una nuova crociata contro l'Islam banalmente confuso con l'islamismo. E ciò, manco a dirlo, in nome della sicurezza del fianco sudorientale del Mediterraneo. Noi diciamo che l'Alleanza atlantica ha tuttora una sua ragio ne d'esistere epperò sarebbe stolto sostituire (come qualcuno vorreb be) al pericolo comunista il pericolo islamico. L'Occidente non ha bisogno di un nuovo nemico per legittimare la Nato. Sono diversi i dossier davanti ai quali la Turchia è chiamata a dar prova di buona volontà. Dossier esterni, dossier intemi. Ma è al tresì certo che la Turchia ha bisogno di aiuto. L'Unione Europea deve (e può) aiutare il governo di Ankara. Non acriticamente, tuttavia. Igor Man La tradizione di Atatùrk non è bastata a tenere lontano il richiamo della moschea Spesso l'Occidente per ragioni strategiche ha chiuso un occhio Ora deve aiutare Ankara In alto un'immagine di Istanbul l'altra notte e a sinistra.Un blindato della polizia muove contro un gruppo di alauiti [foto ansa-reuter]

Persone citate: De Amicis, Flaubert, Francois Furet, Igor Man, Kemal Atatùrk, Pierre Loti