A Lecce la folla lo assedia «Professore, le pensioni

A Lecce la folla lo assedia «Professore, le pensioni A Lecce la folla lo assedia «Professore, le pensioni DI PRODI LECCE DAL NOSTRO INVIATO Non pioveva da tre mesi sull'argilla il tufo e li cristiani del Salento. Non pioveva. E invece alle 9,34 in punto, quando il piede (sinistro) di Romano Prodi tocca l'asfalto del binario Uno, stazione di Lecce, il cielo si sforacchia. E mentre qui sulla terra centocinquanta fotografi ululanti corrono verso il professore («Eccolo!» «Laggiù!» «Scattaa!») e i carabinieri corrono anche loro e i capistazione e gli studenti e i contadini («Mamma mia, cci ddiavulu è?!» il cielo, dicevo, comincia a colare. Comincia, lo avete visto sui tre tg Rai (e solo su uno Fininvest), il gran tour del Professore che in mesi tre batterà l'Italia dal Sud al Nord per portare l'ulivo e la parola, lui in campo contro Silvio, per questa sfida che sarà dolce («L'Italia ha bisogno d'amore» diceva un mese fa a Bologna) ma sarà anche lunga, estenuante. E lenta (autostradale: 5 paesi in un giorno, tre teatri, due piazze, tre fabbriche, una mensa con panino: totale 200 chilometri) rispetto alla supersonica velocità dei duelli romani che Prodi (appena sbarcato) commenta così: «Buttiglione? Io non partecipo ai conflitr ti in casa altrui. Mi sembrano dei colpi di coda e la battaglia è violentissima». Domanda: Teme l'incontro tour di An? «Ho mandato 15 rose alla Poli Bortone». La quale gli risponderà spedendogli il libro intitolato «La fuga e il ritorno: storia e mitologia del viaggio». Carinerie. La ressa dell'esordio si mangia le parole. Il piazzale della stazione è una specie di babele mediorientale con uomini, donne e automobili, tutti incastrati. Ogni passo cento spinte. E urla che d'improvviso bucano il frastuono: «Bravo professore!» «Pensioni! Ricordati delle pensioni!». Muro di telecamere accese che si sposta all'indietro, travolgendo tutto. Baionette di microfoni. Al centro il professore che borbotta: «Non mi aspettavo una cosa del genere, non mi aspettavo...». Eh? Cosa? Ripeta' Eccolo laggiù il pullman. Posteggiato di traverso, metallizzato, già lucido di pioggia, con una sagoma del professore in formato gigante e sorridente, un Romanone piazzato sulle due fiancate di questo Iveco 343 che ha otto posti, quattro tavoli, due telefoni, un fax e un divano letto. Arrivano fiori passando di mano in mano. Rami d'ulivo. Giovanni Invitto, coordinatore dei comitati, porta addirittura un mazzo di gladioli: «Benvenutooo» riesce a soffiare prima di essere spazzato via dalla folla. Tra facce paonazze spunta, Bruno Vespa. «Vai via!», gli gridano. Ma lui (decennale esperienza) sale lesto sul carro (sull'autobus) di Prodi. E lì scompare. Quelli di «Cuore», venuti in Duna verde pisello («Dunatour '95: Se non Prodi non godi») hanno aperto i banchetti per distribuire santini e rl^que del «Beato Prodi, protet¬ tore dei comunisti». Si aprono gli ombrelli. «Romano! Hai più tv di quell'altro» grida uno allegro da un fondovalle di schiene. E Prodi: «Sì, ma non sono mica mie». in venti minuti: cento metri. Le signorine delle tv locali, con facce devastate, ma ancora impugnando il microfono, galleggiano qua e là: «Professoreee - implorano - cosa è ve... a fa... a Lecce? Ci dicaaaa». Si va. Romba il serpentone. Direzione Tricase, che nessun sa dove sia, 62 chilometri più giù, tra ulivi e nulla. Due volanti fanno da apripista. Dietro è un delirio di fari accesi, sgommate, clacson. Un'ora dopo l'oasi di Tricase (17 mila anime, una su tre disocupata) è invasa. Il cinema Aurora preso d'assalto. «Prodi, Prodi» cantilenano con l'applauso in mille (facce da studenti e da contadini, da insegnanti e da sindacalisti». Sul palco un tavolo verde e fiori dappertutto. Prima parole del Proditour: «Molti di voi mi hanno chiesto perchè inizio il viaggio dalla fine del nostro Paese. lobo risposto che questa non è la fine, ma l'ini¬ zio dell'Italia». E poi, la cultura del Sud, e le ferite, il lavoro, l'emigrazione, i diritti e i doveri, la miseria che non è più miseria, ma non ancora ricchezza diffusa, il Mezzogiorno e la sua nuova sfida che si chiama Europa: «Perché questa è la nostra ultima occasione». Dalla platea nereggiante si alzeranno, nell'ordine, un artigiano, un tecnico agricolo (contadino?), un'impiegata, una studentessa, un disoccupato. Mai una volta (risuonerà) il nome Berlusconi. Né: par condicio. E neppure, destra, sini- stia, polo. Semmai: lavoro, scuola, fallimenti, speranza, solitudine. Opaco, magari, ma anche vero, senza luci, né inni, distante da tutto quello che passa dentro alla tv accesa dei nostri tinelli, con i ragazzi che si aggrappano ai giornalisti per i loro messaggi in bottiglia: «Dite che qui il problema è avere crediti dalle banche. Qui le aziende vivono in media 3 anni e poi muoiono soffocate dai costi...». Prodi ascolta e dal palco parla lentissimo, alla sua maniera. Una signora si confida: «Eh, questo però non entusiasma, non grida...». E l'amica: «Meglio, figlia mia, meglio». A mezzogiorno la carovana ricomincia a buttare benzina sull'asfalto. Questa volta verso Nord, Casarano, dove il commendator Filigrana, 75 anni, è davanti alle fontane della sua fabbrica di scarpe, la Filanto, capannoni e marmo a perdita d'occhio, 3200 dipendenti. Guarda i cancelli in attesa che spunti il pullman: «Io sono nato scarparo. A vent'anni facevo 12 scarpe alla settimana. Oggi, 12 mila paia al giorno». Berlusconi non gli piace («Ha deluso, non trova?» e Prodi, invece, lo accoglie con grandi manate sulle spalle: «Uuhh che onore, venga, venga, professore». Un'ora di reparti, poi la mensa, pòi via a Melissano in mezzo ai fiori delle serre, a Taviano, a Galatina, dove il sindaco Zeffirino Rizzelli lo prende a braccetto, poi a Convertino, dove la gente ferma l'autobus e Prodi scende a stringere mani. E infine, ore 19,30, dentro alle mille persone venute al cinema dei Salesiani di Lecce. Alle dieci di sera, la carovana si disperde. E Prodi, superate le pozzanghere, sbarca nel grande atrio del President. Vuole filare in camera. Fuori sgocciola tutto. Si volta e fa: «Ragazzi, mi avevano detto che qui non pioveva mai». In effetti c'è un'alluvione in corso. PinoCorrias E c'è anche «Cuore»: farà tour in Duna ' RieAudp SALOTTINO strette di mano, abbracci, bagno di folla padovana. Per tutti gli apostoli della città di S. Antonio la strada da seguire, è qualla dell'invocare elezoni ali più presto. «Abbasso Scalfaro!», grida un altro ultras e il Palasport dini, telepresentatrice tv e padovana famosa, sembra proprio di sì. Dopo l'ultimo applauso raggiunge il cavaliere e sussurra due volte: «Complimenti...». Giovanni Cerniti E c'è anche «Cuore»: farà tour in Duna ' Romano Prodi! ieri a Lecce A destra: uno spaccato del suo pullman Suisifiup A -A.A./ lo assedia pensioni TAVOLO RIUNIONI CON 4 POLTRONE IL BUS DI PRODI ' Romano Prodi! ieri a Lecce A destra: uno spaccato del suo pullman