Buttiglione destituisce tre «ribelli» di Fabio Martini

Sostituiti Marini, Gargani e Borgomeo; Bianchi replica: non può farlo, non è più segretario Sostituiti Marini, Gargani e Borgomeo; Bianchi replica: non può farlo, non è più segretario Buttiglione destituisce tre «ribelli» «Il voto contro di me non è valido» ROMA. Al primo piano di piazza del Gesù, c'è un velo di polvere sul busto triste di Alcide De Gasperi, ma da ventiquattro ore in questo buio corridoio è improvvisamente tornata la vita, talmente tanta che è scoppiata una bagarre mai vista in 51 anni di storia democristiana. Rocco Buttiglione, il segretario che tre giorni fa ha chiesto la fiducia ai suoi e non l'ha ottenuta, non solo è ancora al suo posto, ma ieri ha destituito d'imperio i suoi nemici Franco Marini, capo dell'organizzazione, Peppino Gargani, dirigente del dipartimento dello Stato e Luca Borgomeo, il direttore del Popolo che, appena saputa la novità, si è barricato nel suo ufficio, senza riconoscere il suo sostituto. E il professore-filosofo, a distanza di 43 ore dal voto che lo ha messo in minoranza, ieri per la prima volta ha fatto sapere quel che pensa sulla votazione per lui fatale: «C'è un intricato caso giuridico su quel voto che io non ritengo valido. Il segretario non è in discussione da un punto di vista politico, statutario e legale». E se Buttiglione si considera ancora il segretario, Giovanni Bianchi, l'«antipapa», il presidente del partito che tifa per la sinistra pensa l'esatto opposto. Dopo aver convocato per dopodomani il parlamentino del ppi per l'elezione del nuovo segretario senza che Buttiglione si sia formalmente dimesso, ieri Bianchi si aggirava sul pianerottolo del Gesù ripetendo: «Ogni provvedimento assunto dall'onorevole Buttiglione è da considerarsi nullo, in quanto non è più il segretario del ppi. E il simbolo spetta statutariamente al presidente». Cioè a Bianchi stesso. Ma Luca Volontè, uno dei «duri» dello staff Buttiglione, gli risponde dal secondo piano: «L'unico depositario del simbolo fino al prossimo congresso è il segre¬ tario del partito eletto dal congresso». Cioè Buttiglione. Già, il simbolo. In questo Far West che è diventata piazza del Gesù, il vero oggetto del desiderio è diventato proprio il simbolo, quello scudocrociato che ha accompagnato 46 anni di storia democristiana, quel simbolo che nei calcoli delle due parti vale da solo il 3-4%, sia che vada a destra, sia che vada a sinistra. La proposta che Buttiglione ha fatto a Bianchi, quando i due si sono visti, è semplice: «Visto che. oramai siamo due cose diverse, visto che il partito è spaccato a metà, separiamo consensualmente i beni del partito e sterilizziamo il simbolo», in modo che nessuna delle due fazioni possa usarlo. Ma i nemici di Buttiglione non ci stanno: «I beni patrimoniali se li tengano - tuona Rosa Russo Jervolino - il simbolo no: è la nostra storia». Ma Buttiglione sa che tra i suoi nemici non tutti la pensano così, sa che l'appello di Mariotto Segni a fare «da subito il partito dell'ulivo» (e dunque a rinunciare allo scudocrociato) trova qualche orecchio sensibile, come quello di Beniamino Andreatta. E quelli della sinistra sanno pure un'altra cosa: che se Buttiglione si impunta, loro il simbolo non potranno presentarlo alle prossime regionali. E così, proprio per alzare il prezzo della trattativa in vista della «separazione consensuale», il segretario-filosofo cerca di «incassare» tutto quel che può. Oggi il collegio dei probiviri - a maggioranza pro-Buttiglione dirà se avevano diritto di voto i tre consiglieri ai quali sabato il presidente del partito ha impedito di votare in quanto inquisiti. Mario Tassone, braccio destro di.Buttiglione, dice che «i tre amici erano stati invitati dai probiviri a non partecipare alla vita del partito, ma l'invito non è un obbligo». E visto che i pro¬ biviri potrebbero anche sospendere tre esponenti minori della sinistra che hanno sostenuto i comitati pro-Prodi, la sinistra si è messa paura e ieri sera Bianchi ha scritto al presidente della commissione Vairo per invitarlo a rinviare la riunione in quanto «tutti i poteri del partito» in questo momento «sono del consiglio nazionale». Ma Buttiglione ha spiegato ai suoi che fino a quando la trattativa non farà passi in avanti (e qualche passo lo sta facendo anche Cossiga) lui non si dimette e considera illegale il Cn già convocato. I buttiglioniani, infatti, non vi parteciperanno. La sinistra è imbui'alita e tira fuori il suo asso: «Grazie a Radio Radicale - dice Rosa Russo Jervolino - abbiamo risentito la registrazione del Cn. Buttiglione ha detto testualmente 'sé passa la mozione io sono dimissionario'». Fabio Martini

Luoghi citati: Roma