Fini i nomi dei ministri prima delle elezioni di Maurizio Tropeano

nomi dei ministri delle elezioni Fini: i prima nomi dei ministri delle elezioni IL LEADER DIAN TORINO. «Il mio è un invito a giocare a carte scoperte, ad assumere un'ulteriore responsabilità di fronte agli elettori: oltre al programma, oltre al leader, indichiamo anche la squadra di ministri che lo affiancherà in caso di vittoria». Gianfranco Fini, leader di An, ha scelto la platea del congresso nazionale dell'Unione di Centro per «forzare» la mano agli alleati del Polo. Dell'idea della «squadra» non ne ha parlato con nessuno, nemmeno con Berlusconi. Quella del presidente di An non è una «boutade», anzi Fini è convinto che quest'indicazione preventiva contribuirà a semplificare la scena politica: «Con l'investitura del premier e della squadra, dieci giorni dopo il voto chi ha vinto può iniziare a lavorare per la realizzazione del programma e governare per cinque anni. Se lo farà bene l'elettorato lo riconfermerà, altrimenti toccherà all'altro polo». Poi aggiunge che per ora «An non ha nomi da proporre». Onorevole lei pensa al futuro, ma la bocciatura di Buttigliene non allontana le elezioni? «Quando l'Italia andrà a votare uscirà dal tunnel della crisi. Per questo crediamo che sia utile andare presto alle urne. L'idea della squadra serve a sgombrare il campo dalle ambiguità successive, dalle trattative per portare avanti questo o quel nome». Dica la verità, dopo il no del ppi ha tirato un sospiro di sollievo perché ha visto svanire l'ipotesi di creare un grande centro che avrebbe di fatto emarginato An. E' così? «No, io non sono contento. Avevo sottoscritto quell'accordo convinto che si trattasse di un passo avanti anche per la destra. Se il ppi avesse aderito, per il centro-destra si sarebbero aperte prospettive di una lunga stagione di governo. Certo, adesso la situazione cambia. La decisione dei popolari azzera non solo gli accordi su scala regionale ma anche quelli presi tra Forza Italia e ppi nei Comuni. Sì, penso che l'azzeramento sarà la scelta di Berlusconi». Già, ma il ppi non potrebbe riproporre l'idea di un accordo a macchia di leopardo? «Prima di tutto bisogna vedere chi avrà la delega a presentare il sim¬ bolo. Mi pare che nel ppi ci sia una situazione di ingovernabilità, quasi di "libanizzazione". Ma una cosa è sicura: An non accetterà mai accordi a geometria variabile». Che succederà a Buttiglione? E' d'accordo ad aprire il Polo a lui e ai suoi seguaci? «Siamo in una fase in cui chi perde esce di scena. E' successo ad Occhetto, a Martinazzoli a Maroni. Comunque è una scelta che spetta solo a lui. Quanto alla scissione non so se ci sarà?». Perché? «Se la sinistra avesse perso sarebbe sicuramente uscita dal partito. Era tutto pronto. Adesso la diaspora non è altrettanto automatica, coloro che hanno votato per Buttiglione sono molto più "democristiani" degli altri». Teme il loro trasformismo? «Io non temo niente. Per fortuna adesso è finita la presunzione, anzi il tentativo di codificare un'ambiguità di comportamento: l'idea di tripolarismo è stata sconfitta e con essa l'illusione di poter continuare a perseguire la vecchia politica della de. Adesso la scella è tra centro-destra e centro-sinistra». Torniamo alla scissione... «Beh, io osservo solo che il centro dei popolari è il cuore della vecchia de e per questo è più portato al compromesso, al tentativo di mediazione». Intanto domani alla Camera si vota la manovra. Il Polo è ancora per il no? «Certo. Se passa la manovra - e molto dipenderà dall'atteggiamento di Pannella - noi aspettiamo il governo sul punto successivo, le pensioni. Ma siamo preoccupati. Il segretario della Uil, Larizza - che di certo non si può sospettare di parteggiare per noi - ha detto chiaramente chi rema contro l'accordo: ambienti sindacali e politici che non vogliono andare alle urne al più presto». E voi che cosa farete per ottenere il voto a giugno? Ricorrerete all'ostruzionismo? «L'ostruzionismo si fa sui contenuti. Un conto, ad esempio, è la legge di riforma della Bai in arrivo dal Senato a cui ci opporremo con ogni mezzo consentito dai regolamenti parlamentari. Un altro sono le pensioni per cui chiediamo invece provvedimenti urgenti». Maurizio Tropeano «I popolari? Questo "no" è quasi una libanizzazione del partito» Il presidente di Ari Gianfranco Fini

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