Ppi il voto avvelenato di Augusto Minzolini

I fedelissimi di Rocco: la sinistra ha spaventato gli incerti con presunti avvisi di garanzia I fedelissimi di Rocco: la sinistra ha spaventato gli incerti con presunti avvisi di garanzia Ppi, il voto avvelenato Formigoni: hanno minacciato Marini ROMA. Le ipotesi più spiacevoli sui retroscena di quella battaglia senza esclusione di colpi che è stato il consiglio nazionale del ppi le racconta un «ex», quel Clemente Mastella che di duelli all'ultimo sangue democristiani ne ha vissuti tanti e che l'altro ieri ha assistito al dramma di Rocco Buttiglione da spettatore interessato. «Gli uomini di Rocco - dice il neopresidente dei ccd - mi hanno detto che Giuseppe Gargani minacciava avvisi di garanzia. "State attenti - diceva - che se vi schierate da quella parte vi beccate...". Non so se lo ha fatto anche nei confronti di Marini o di altri. Perché Gargani? Ma non vi ricordate che fino all'altro ieri era il responsabile Giustizia della de? Conoscendo quella gente non credo che questi racconti siano frutto solo della fantasia degli uomini di Buttiglione. Del resto qualcosa non torna neanche a me: Marini, la sera prima, proprio davanti a piazza del Gesù, mi disse che si sarebbe astenuto, che non avrebbe potuto votare contro il segretario che lui stesso aveva eletto. Poi, dopo una notte, invece...». Se Mastella ne parla da «osservatore», Roberto Formigoni, che è uno dei protagonisti dello scontro dell'altro ieri, tira fuori l'argomento in maniera pesante. «Certo che verso Marini e verso altri sono state usate racconta Formigoni - delle pressioni giudiziarie e finanziarie pesantissime! Sì, mi risulta che sono state usate pressioni pesantissime. Se per finanziarie intendo debiti? Ovvio. E' successo di tutto. Sono andati in giro dicendo: "Se votate per Buttiglione, riceverete anche voi un avviso di garanzia". Alcuni testimoni hanno sentito di contributi promessi o dati a chi avesse votato con la sinistra del partito: si tratta ora di verificare queste circostanze». Quelle di Formigoni sono accuse vere? 0 si tratta solo dell'astio degli sconfitti verso i vincitori? Qualunque sia la risposta, c'è una cosa che colpi- sce, che salta subito agli occhi, nelle polemiche o nei metodi che sono stati usati nella lotta senza quartiere che ha dilaniato il partito popolare: l'uso della questione giudiziaria all'interno di un partito che è stato messo in ginocchio, distrutto, raso ai suolo proprio dagli avvisi di garanzia. E' quasi paradossale che gli eredi della de abbiano deciso o stiano decidendo il loro futuro politico sulla base di provvedimenti giudiziari. L'altro ieri in consiglio nazionale il presiden- te Giovanni Bianchi ha escluso dal voto tre membri dell'organismo perché indagati. E non si trattava di voti trascurabili, tutt'altro: erano i tre consiglieri che avrebbero permesso a Buttiglione di pareggiare i conti con i suoi avversari. Ieri, invece, so¬ no stati gli uomini di Buttiglione a rendere la pariglia: Sbrenna, Botti e Coppi (tre consiglieri nazionali quasi anonimi) hanno chiesto al collegio dei probiviri del partito di annullare la seduta perché al voto hanno partecipato cinque esponenti della si¬ nistra «che, secondo notizie stampa - si legge nel ricorso sarebbero oggetto di indagini da parte dell'autorità giudiziaria». I personaggi chiamati in causa sono tutt'altro che sconosciuti. Si tratta di Nicola Mancino, di Sergio Mattarella, di Maria Pia Garavaglia, di Franco Marini e di Toia. Insomma, siamo davvero agli stracci in faccia. Questi atteggiamenti sono la prova più lampante che il ppi è un partito irrimediabilmente diviso. E fa riflettere non poco il fatto che tra gli eredi dei vecchi de, in un modo o nell'altro, r«argomento giudiziario» sia stato e sia fattore di lotta e di polemica addirittura decisivo in una scelta politica. Un dato che tanto più sbalordisce se si pensa che quel fattore non decide più niente negli altri partiti, che gli altri lo hanno messo volutamente da parte: Silvio Berlusconi, infatti, ha continuato a fare il presidente del Consiglio con un avviso di garanzia sulle spalle, Giorgio La Malfa è tornato a fare il segretario del pri malgrado sia ancora coinvolto in vicende giudiziarie, Bossi ha continuato a fare il leader della Lega con quella richiesta di condanna che pende sulla sua testa e Massimo D'Alema ha ancora il suo nome iscritto sul registro di garanzia della procura di Roma. Infine, colmo dei colmi, a quanto si capisce l'esito della battaglia nel ppi probabilmente non sarà deciso dal consiglio nazionale, cioè dall'organo politico del partito, ma da quel collegio dei probiviri che, di fatto, ne è l'«organismo giudiziario». E' difficile dare una spiegazione a tutto questo. C'è chi ne azzarda una di natura psicologica: il partito che è stato più provato dalla questione giudiziaria - è la tesi - ormai ha acquisito un «vizio» comportamentale, quasi un riflesso condizionato sull'argomento. Ma questa spiegazione regge fino ad un certo punto se si pensa che ieri due pretoriani di Buttiglione come Volontè e Rotondi sono arrivati a dire: «Se viene eletta segretaria del ppi l'on. Bindi, allora noi resteremo nel ppi a fare l'opposizione. Se invece ci rendiamo conto che ha vinto la sinistra giudiziaria allora la nostra reazione non potrebbe non essere diversa...». Augusto Minzolini Rosy Bindi, leader della sinistra interna n el ppi banca.

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