«Anonimo veneziano» senza mèlo
Diberti a Torino Diberti a Torino «Anonimo veneziano» senza mèlo TORINO. Vi ricordate il film di Enrico Maria Salerno «Anonimo veneziano»? Era un bel melodramma. Fece riscoprire alle più incallite fra le sessantottino il piacere delle lacrime. C'era Venezia, la morte a Venezia, il sentimentalismo più sfacciato. Purtroppo non c'era quasi Giuseppe Berto, al cui dramma s'era ispirato il film. Quel copione era stato messo in scena dallo stesso autore (ma in modo troppo naturalistico, dissero gli spettatori di allora), fu ripreso anni dopo da Antonio Salines, poi fu dimenticato. Ora la storia del musicista che richiama a Venezia la moglie separata per un ultimo colloquio, toma a vivere con la regia di Luca De Fusco e l'interpretazione di Luigi Diberti e Caterina Costantini. E si scopre che è un bellissimo copione, affidato a un linguaggio elegante, che non s'innamora mai di se stesso ma resta legato alla concretezza delle cose e dei sentimenti. Il pathos di cui s'era inebriato Salerno è qui una nevrosi mortuaria che distorce i rapporti del protagonista con se stesso e con gli altri. La moglie lo ha lasciato da tempo, si è rifatta una vita. Eppure, nel momento dell'incontro, i due cominciano a dilaniarsi. Lui gioca a provocare con tutta la cattiveria che gli consente la certezza di una morte imminente. Ciò non toglie che la coppia ceda alla tenerezza dei ricordi, si ritrovi, si ami. Ma è l'ultimo guizzo di autenticità, prima della fine. Luca De Fusco e lo scenografo Bruno Garofalo hanno quasi cancellato Venezia da questo dramma d'amore e di morte. Hanno dimenticato giustamente la cornice e hanno costretto lo spettatore a concentrare sguardo e attenzione sul duello spietato che oppone un uomo a una donna. I quali ricevono da Diberti e dalla Costantini le cure più minuziose e affettuose. Lui è bravissimo nel sottolineare quel tanto di cialtronesco nascosto nel personaggio, ma sa anche rivelarne fragilità e nevrosi; lei è perfetta nella passionalità delusa di una donna amara. Al Fregoli, dove lo spettacolo conclude oggi le sue repliche, pubblico non foltissimo ma successo franco e meritato, [o. g.)
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