Dini sceglie il silenzio

Pini sceglie il silenzio Il premier a Copenaghen non replica al Polo, che lo accusa di voler ritardare le elezioni Pini sceglie il silenzio Le pensioni? Cè la scadenza del 30 giugno I PUNTI DEL PROGRAMMA vi' ■>■>.■ Ili' I U| '■jiilnnitotsVJt' D iifbo COPENAGHEN INI sceglie il silenzio: non una dichiarazione ai giornalisti, non una parola. Nulla. «Non vuole fare polemica - dicono i suoi portavoce -, è una scelta politica, non si tratta certo di maleducazione». Al vertice dell'Onu contro la povertà, ieri, il presidente del Consiglio ha preso la parola alla fine della sessione mattutina, subito prima del pranzo riservato ai capi di Stato e di governo. Nel primo pomeriggio ci sarebbe stato spazio per incontrare i giornalisti, parlare delle organizzazioni di volontariato, dell'importanza di «tutelare il tessuto sociale dalle pressioni economiche», del ruolo della famiglia come «ammortizzatore sociale nei momenti di difficoltà». E invece nulla. I giornalisti gli hanno teso agguati all'ingresso della sala della Conferenza, all'uscita, ma è stato inutile. Dini ha preferito non rispondere a Silvio Berlusconi, che lo ha accusato di aver aggiunto artificiosamente la riforma delle pensioni al programma di governo, allo scopo di ritardare le elezioni. Il silenzio di Dini, dicono i suoi uomini, può essere spiegato con una semplice parola: tregua, almeno per un giorno. Il presidente del Consiglio ha preso la parola al vertice, ha partecipato al pranzo ufficiale, ha incontrato un gruppo di capi di Stato africani (Madagascar, Congo, Costa d'Avorio e Togo), ha visto i primi ministri del Belgio, Dehane, e d'Olanda, Kok, il lea¬ der albanese Berisha e quello rumeno Iliescu, che a fine mese sarà a Roma. Ma sulle polemiche italiane ha preferito tacere. «E' rimasto molto stupito - dice uno dei suoi collaboratori -, un attacco simile non se lo aspettava davvero. Bugiarde? Ma se ci sono gli atti parlamentari a dargli ragione! I punti del programma erano quattro, e non tre. Quelli del Polo lo sanno benissi¬ mo, e del resto perché c'è stata la loro astensione costruttiva?». Meglio non parlare, allora, per non attizzare il fuoco della polemica. Anche a costo di scontentare i giornalisti, che dalla mattina lo attendevano al varco. In verità, l'argomento migliore a suo favore l'ha portato un economista vicino agli ambienti della Banca d'Italia, chiedendo di restare anonimo: «Può anche es¬ sere che le elezioni a giugno siano un bene per il Paese, ma a rendere necessaria la riforma della pensioni c'è un motivo tecnico. L'anno scorso, nell'ambito della Finanziaria del '95, Berlusconi, Dini e i sindacati firmarono un patto per il blocco delle pensioni. Bene, il blocco scade il 30 giugno, e per non far saltare i conti ci sono solo tre vie d'uscita: o si rinnova il blocco, ma c'è gente che ha la pensione bloccata dai tempi di Amato, o si aumentano i contributi, oppure si deve fare la riforma». Ma Dini un colpetto al suo predecessore è comunque riuscito a darlo. E' accaduto nella seduta plenaria, quando durante il suo intervento Dini si è richiamato ai principi della par condicio: informazione e comunicazione hanno «un ruolo di grande responsabilità nella costruzione di un tessuto sociale più armonioso, stabile e giusto», ma «è essenziale che tale sfera sia governata da principi di libertà e di pluralismo». Fabio Squillante Lamberto Dini

Luoghi citati: Belgio, Congo, Copenaghen, Costa D'avorio, Madagascar, Olanda, Roma, Togo