Una lanterna per sognare di Gianni Rondolino

Una lanterna per sognare Mondo Novo, ombre cinesi, cristalli veneziani e altre fantasticherie che anticiparono i Lumière Una lanterna per sognare Così il cinema «nacque» tre secoli fa N i zìo Co: ì Jp occasione della monacazione della nobildonna Contarina Balbi, circa il 1760, Carlo Goldoni scrisse un poemetto in ottave, che, a un certo punto, recita: «Per divertir la Santa Giovinetta /E le amabili sue compagne sante, / Forma un'industriosa machinetta, / Che mostra all'occhio maraviglie tante; / Ed in virtù degli ottici Cristalli, / Anche le mosche fa parer Cavalli». Era il Mondo Novo, un apparecchio in gran voga nella Venezia settecentesca, che il fedele servitore di Contarina Balbi prepara per allietare la giovane padrona, mostrandole quelle «maraviglie» che tanto piacevano al pubblico colto e incolto, ai nobili come ai plebei, nelle case patrizie come nelle piazze, soprattutto nei giorni di Carnevale. Un apparecchio che, come molti altri in quel tempo, e anche prima, basandosi su alcune leggi fisiche, sull'ottica e la meccanica, consentiva di predurre immagini re ah e fantastiche, piccoli spettacoli visivi, che si potevano ammirare guardando attraverso dei fori praticati in una scatola di legno. Spettacolo individuale, ma per certi versi corale, per la presenza, attorno al Mondo Novo, di numerosi spettatori in attesa, questa attrazione popolare settecentesca può essere considerata fra i precursori del cinematografo. Un fascino discreto, ma non per questo meno coinvolgente, che l'immagine fantastica produceva nella mente di persone semplici, ingenue, pronte ad accettare qualsiasi manifestazione «magica». E proprio di magia, di magia naturale - come suona il famoso trattato di Giovan Battista Della Porta Magiae Naturalis Libri XX del 1589 -, si trattava. Cioè di un apparecchio che, sulla base non già di trucchi o incantesimi, ma di un uso nuovo e geniale di alcuni princìpi dell'ottica, creava immagini e figure, paesaggi e personaggi, che avevano del misterioso. E fu proprio Della Porta, scienziato e mago, commediografo e inventore, ad essere fra i primi, nel Cinquecento, a studiare e costruire apparecchiature ottiche che incantavano il pubblico, come la Lanterna Magica, che, con le opportune modificazioni, ebbe lunga vita, sino ai giorni nostri. Come egli stesso scrisse: «Non so se potrassi trovar cosa più ingegnosa, né più bella per dar piacere a gran signori, che in una camera all'oscuro sopra lenzuoli bianchi si veggano caccie, conviti, battaglie d'inimici, giochi, e finalmente ciò che ti piace così chiaramente, e luminosamente, e minutamente, come se proprio l'avessi dinanzi a gli occhi». E Della Porta, da uomo di teatro qual era, fu perfettamente cosciente che queste proiezioni luminose potevano, non già sostituire il palcoscenico, ma creare nuove possibilità spettacolari: vedere sullo schermo bianco comparire improvvisamente cacce e conviti, battaglie e giochi, era qualcosa di assolutamente nuovo e prefigurava con tre secoli di anticipo il cinema. Come bene sottolinea Donata Pe- senti Campagnoni in un bel libro appena uscito per i tipi dell'Utet, Verso il cinema. Macchine spettacoli e mirabili visioni, che traccia la storia plurisecolare di tutte le invenzioni e apparecchiature che precedettero l'avvento del cinema, questa descrizione di Della Porta non è forse la descrizione di uno spettacolo cinematografico? Non ci sono forse tutti gli ingredienti per catturare l'attenzione del pubblico, per sollecitarne l'interesse, per coinvolgerlo in una rappresentazione che è come una replica fantastica e affascinante della realtà? Certo, non c'è ancora la riproduzione esatta del reale. Ma c'è la curiosità di scoprire, riprodotto sullo schermo (il lenzuolo di Della Porta), lo spettacolo di quanto accade o può accadere nella realtà, appunto battaglie e giochi, conviti e cacce. Quando la fotografìa e il cinema verranno, e domineranno con la loro presenza la «visualità» dell'Ottocento e del Novecento, non faranno che proseguire quella strada. Porteranno a conclusione, almeno per ora, quell'avventura nel regno delle luci e delle ombre, della realtà «virtuale» e dell'immagina¬ zione realizzata, che Della Porta e molti altri, prima e dopo di lui, avevano intrapreso con grande spirito d'iniziativa e curiosità. Di questa avventura il libro della Pesenti Campagnoni ci fornisce le tappe salienti, facendoci entrare a poco a poco nei meandri delle invenzioni e delle applicazioni, degli apparecchi ottici e degli spettacoli fantasmagorici. Così assistiamo alle proiezioni della lanterna magica, ma anche alle ombre cinesi di antica memoria, alle fantasmagorie di Robertson negli anni della Rivoluzione francese e ai cosiddetti pano¬ rami ottocenteschi, ma anche alla miriade di giochi ottici e dinamici, che ricreavano sotto gli occhi attoniti dello spettatore l'illusione del movimento. Un lungo cammino, dalle figure bidimensionali di Giava e Sumatra ai vetrini delle lanterne magiche, dalle immagini del Mondo Novo alle pantomime luminose di Reynaud: secoli di «preparazione» di quello che sarebbe stato il cinema del ventesimo secolo. D'altronde già quarant'anni fa Henri Langlois, il fondatore della Cinémathèque Francaise, parlava di trecento anni di cinema», per sottolineare la continuità fra Giovan Battista Della Porta, o meglio Athanasius Kircher, che minutamente descrisse la lanterna magica nel suo famosissimo libro Ars Magna Lucis et Umbrae del 1646, e i fratelli Lumière, gli inventori del cinematografo. Tre secoli di immagini, dapprima statiche poi semovènti, che hanno accompagnato gli sviluppi e le' varie tendenze delle arti figurative, modificandone a poco a poco le funzioni. Oggi che il cinema compie cent'anni e pare a volte superato dalle nuove tecnologie, riuscendo tuttavia a combattere la concorrenza con la straordinaria suggestione delle sue immagini in movimento, le sue storie e i suoi personaggi, può essere utile e interessante ripercorrere la storia delle sue origini, addirittura la sua preistoria, alla ricerca di quella continuità di sensazioni ed emozioni che fanno di uno spettacolo visivo un'esperienza ottica straordinaria. Come già nel Settecento con il Mondo Novo e la lanterna magica, anche oggi con il cinema noi riviviamo un mondo di attese fantastiche, ci immergiamo in una dimensione nuova, che ci tocca nel profondo. Così possiamo far nostra l'osservazione del Werther di Goethe, quando scriveva all'amico: «Guglielmo, cosa è mai il mondo senza amore per il nostro cuore? E' una lanterna magica senza luce!». Gianni Rondolino Ora un libro racconta quelle «mirabili visioni» Qui accanto, una serie di taumatropi Nell'immagine in basso un gruppo di ragazzi ammira un «Mondo Novo» al Museo del Cinema di Torino

Luoghi citati: Torino