«Mai avuta tanta paura»
«Mai avuta tanta paura» IL RACCONTO DI REINHOLD «Mai avuta tanta paura» «Ci siamo detti: "E'la fine"» MILANO 0 avuto paura. Una grandissima paura che non avevo mai provato prima». Sono le prime parole di Reinhold Messner, sano e salvo nella base militare russa di Sredy dopo l'incubo di ghiaccio. A raccoglierle è Alessandro Gogna, coordinatore della «Messner-Messner Expedition 1995. North Pole Unsupported». «Ho avuto paura di morire», ripete Reinhold Messner. E aggiunge: «Io e Hubert a un certo punto abbiamo pensato di non farcela, circondati da quelle torri di ghiaccio blu che si innalzavano a pochi metri da noi, ricadevano sul pack, lo frantumavano aprendo delle fenditure nella crosta...». Uno scenario apocalitticio quello che racconta l'esploratore salvato dagli elicotteristi russi dopo dodici ore sul pack, con una slitta persa, i viveri decimati, un solo fornelletto a benzina e suo fratello Hubert provato da un bagno nell'acqua gelida con una temperatura dell'aria a meno 42 gradi. Sono salvi, adesso. Con la missione fallita dopo appena due giorni di viaggio, venti chilometri verso il Polo Nord, tre mesi alla meta, il Canada, un altro continente. Sono salvi ma ancora agitati per l'esperienza che solo per un soffio non si è tramutata in una tragedia. «Se perdo la tenda sono morto. Se cado in acqua sono morto. Se Argos non funziona sono morto. Ecco, pensavo solo quello in quelle cinque ore di inferno...», dice Reinhold Messner via telefono al coordinatore della missione. E invece sono vivi, malgrado il tuffo con l'acqua gelida fino alla cintola di Hubert Messner. E Hubert è vivo solo perché lo ha salvato suo fratello. E solo perché per cinque ore Reinhold Messner, da solo, è riuscito a far fronte a quel cataclisma di ghiaccio. Adesso bisogna capire solo quello che è successo. Lo racconteranno loro, quando torneranno in Italia. Una prima spie¬ gazione arriva dal coordinatore della spedizione, Alessandro Gogna. Dice: «E' come soffiare su un fiore di loto in uno stagno. Il fiore si ferma solo quando sbatte contro .la riva. E là, in quel mare di ghiaccio, l'ostacolo erano le coste dell'isola di Smith, dove il pack è andato a sbattere provocando un terremoto». Il racconto della paura di non farcela, di quei momenti terribili tra ghiaccio e acqua. Non c'è spazio (ancora) per pensare al dopo: sé e quando ritentare la spedizione. Se e quando Reinhold e Hubert Messner torneranno tra i ghiacci. Non è a questo che pensa Sabine, la compagna di Reinhold Messner che da Bolzano ha seguito sin dal primo momento tutte le operazioni di salvataggio. E che adesso dice: «Mi ha telefonato. Ho sentito che sta bene. Se sono arrabbiata per il pericolo che ha corso? Non vedo perché». Fine della missione per ora, dunque. E fine delle voci rimbalzate dalla base militare russa che in un primo tempo ave vano messo sotto accusa un branco di orsi. Smentisce Reinhold Mes sner: «Gli orsi non c'entrano affatto. Li abbiamo incontrati anche il primo giorno ma non era no feroci. La colpa è di altri eventi: del vento, del pack che si è rotto, di quelle torri di ghiaccio con i riflessi blu che ci cadevano attorno, rompendo la crosta di ghiaccio tutto attorno a noi». Fabio Potetti «Il pack si frantumava E'stato un miracolo se ho strappato Hubert dall'acqua gelida» I fratelli Reinhold e Hubert Messner durante un momento della preparazione per la missione fallita dopo due giorni A sinistra Reinhold Messner: in un primo tempo si era creduto che fosse stato assalito dagli orsi bianchi
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