«Non uccidete le tivù private»

«Non uccidete le tivù privale» E* SCONTRO SUL BISCIONE Trentasei firme di Vip contro l'abolizione della legge Mammì sull'emittenza «Non uccidete le tivù privale» Nasce un comitato per il «no» ai tre referendum E ROMA scontro sui tre referendum che riguardano la legge Mammì, cioè U futuro assetto dell'emittenza televisiva in Italia. L'economista torinese Sergio Ricossa ha presentato ieri a Roma il «Comitato per il no», al quale aderiscono trentasei altri volti noti della cultura e della politica: da Gianni Baget Bozzo ad Oliviero Beha, da Arturo Diaconale a Giorgio Forattini, da Saverio Votone a Lina Wertmuller. Alla conferenza stampa era presente l'onorevole Francesco Storace, portavoce di Alleanza nazionale. Tre, secondo Ricossa, le ragioni del «no» ai referendum: «Perché voghamo che tutti siano liberi di trasmettere; saremo noi a scegliere cambiando canale. Perché la tv privata è gratuita, poiché si paga da sola con la pubblicità, quella di Stato ci fa pagare le tasse anche se non la guardiamo e per questo solo fatto esercita una concorrenza sleale contro la privata. Perché i tre referendum ingannano i cittadini, e a noi non piace essere presi per il naso». Secondo il neo Comitato, l'inganno consiste nel non dire chiaramente che «i referendum intendono assassinare la tv privata, cambiando la legge in modo tale che la privata non sia più in grado di sopravvivere; nessun privato potrà con una sola rete fare concorrenza alla tv statale, che continuerà ad averne tre. Anzi, al privato verranno imposti severi vincoli per la raccolta della pubblicità». Pronta la replica del Comitato promotore del referendum che punta ad abolire la legge sull'emittenza: «Abbiamo raccolto un milione di firme e abbiamo dalla nostra una sentenza della Corte Costituzionale. Queste sono le credenziali del "Comitato per il sì" ai referendum sulla Mammì. Poi, ogni cittadino è certamente libero di organizzare "Comitati per il no" - sostiene Stefano Semenzato -. Da sempre, tutte le battaglie contro i monopoli sono state vissute dagli interessati come un elemento distruttivo. In realtà ogni legislazione antitrust ha prodotto sviluppo del settore e sviluppo dell'occupazione. La rottura del monopolio tv significa semplicemente maggiore possibilità di scelta, maggior nume¬ ro di televisioni e più libertà per tutti». Ma il professor Ricossa, presidente del contro-comitato, non si scompone. E, nel pomeriggio di ieri, ha voluto incontrare il presidente della Commissione di vigilanza sulla Rai onorevole Marco Taradash, per chiedere formalmente «di esaminare l'esigenza di assicurare nel corso della campagna referendaria la parità di condizioni tra sostenitori delle due posizioni nell'accesso alle trasmissioni del servizio pubblico». Favorevole alle posizioni di Ricossa si è dichiarato Gianni Massaro, presidente degli industriali del cinema aderenti all'Anica, il quale teme soprattutto l'eventuale divieto di interrompere con gli spot i film in tv: «Un provvedimento che porterebbe ha detto - a restringere gli spazi di programmazione cinetelevisiva, a tutto vantaggio dei produttori americani di serial», [r. int.] Il professor Sergio Ricossa presidente del neo Comitato per il «no» ai tre referendum sulla legge Mammì

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