GUERRIGLIA PER LA TIVÙ di Curzio Maltese

7 GUERRIGLIA PER LA TIVÙ' ogni costo per evitare i referendum sulla Tv, che per legge dovrebbero essere già fissati fra il 15 aprile e il 15 giugno. Ma soprattutto prima che il controllo delle tre reti di Stato torni al Parlamento. Dove la gestione Moratti e il suo codazzo di direttori miracolati dal Polo avrebbero le ore contate. Il Cavaliere, uno del ramo, ha ragione. Vincere le elezioni con cinque o sei reti nazionali a favore, in Italia come altrove, è un gioco da ragazzi. Ci riuscirebbero perfino le sinistre. Nel frattempo, ai margini della scena campale, si consumano scaramucce locali, vendette personali, piccoli atti di sciacallaggio. Videomusic passa dalle mani di Marianna Marcucci, simpatica ai progressisti, a quelle di Vittorio Cecchi Gori, amico di Berlusconi e Buttiglione. A Roma l'economista Sergio Ricossa fonda un comitato per la salvezza della vituperata legge Mammì che attraverso il duopolio Rainvest, unico al mondo, garantirebbe a suo dire una grande «libertà di scelta ai cittadini che se ne infischiano della politica». Fra i quali lo stesso Ricossa, Baget Bozzo già cappellano di de e psi, l'ex liberale Diaconale e il raccomandato speciale Beha, l'ex comunista ex pattista Vertone, la regista del garofano Wertmuller, l'arruolatore piduista Gervaso, tutti simpatizzanti del Polo, e altri intellettuali notoriamente vergini alla politica. Intanto i giornali e le tv di Berlusconi, sfruttando le morti dell'operatore Palmisano e del maresciallo Lombardo, lanciano violente campagne contro quel poco di giornalismo che la Rai riesce ancora a fare. Perché davvero tutto si potrà dire di Santoro e delle sue Samarcande populiste un tempo così alla moda, però, anche a destra - ma non negargli il merito d'aver informato sulla mafia, rompendo la quarantennale omertà della tv di Stato. Ed è invece curioso che i «nuovi» lo attacchino proprio su questo terreno, con i toni e le parole già usati tre anni fa da Forlani, Andreotti e Marmino. Sull'altro fronte, centro e sini stra preparano il ribaltone Rai. Nulla di male, se servisse a cacciare galoppini e raccomandati, Una jattura se si risolverà, al solito, nell'ennesima lottizzazione di segno opposto. In omaggio all'unica par condicio nota al nostro ceto politico, la spartizione del bottino fra complici. A questo punto, assai basso, le soluzioni sono poche e i tempi stretti. La Costituzione impone di fissare alla svelta la data dei referendum. Facoltativo, ma gradito, sarebbe invece il varo di un regolamento sulla nomina del cda Rai che sostituisca l'attuale e provvisorio stabilendo un'effettiva separazione fra il potere governativo e la gestione della tv di Stato. A futura memoria, in modo che chiunque vinca - destra o sinistra - sia scongiurato un altro regime videocratico. Un'idea è provare ad affidare la Rai, dopo quarant'anni, a giornalisti e dirigenti sganciati dai partiti. Lo si dice sempre, ma chissà. La paura, a volte, porta consiglio. Se la «guerra è troppo importante per lasciarla ai generali», la Televisione è troppo potente per lasciarla ancora ai partiti. Curzio Maltese

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