TEMPO DA PERDERE

TEMPO DA PERDERE TEMPO DA PERDERE Elogio della lentezza in un mondo che adora la frenesia Convegno a Firenze con Ingrao, Faeti e Giusti, Fautore di Blob questione importante è un'altra: che quando parlo di comunismo io parlo di un mondo in cui ci sia diritto all'ozio e all'inutilità. Ci sia diritto a perdere tempo». Il vecchio leader della sinistra cita un classico del cinema: Tempi moderni. La scena della macchina automatica per mangiare. «Il tempo del mangiare non può essere quello d'una macchina, perché mangiare significa fermarsi, indugiare, aspettare. La velocità tende invece a stabilire l'assoluta identità fra la macchina e l'uomo. Tende a rendere macchinale il mondo. Il fast-food vuole macchinalizzare il mangiare. Forse macchinalizzeranno anche l'amore. Un mondo macchinalizzato mi spaventa». L'alternativa fra lentezza e velocità investe tutti i campi della vita sociale. Come mostra il programma del convegno. Basta scorrere i titoli delle relazioni: «Chi ha ancora voglia di perdere tempo con i bambini?» (Francesco Tonuc- raspsitdc plicogn ese ci, psicologo del Cnr), «Tempi della città e bisogni dei cittadini» (Paola Nava, d'una cooperativa modenese), «Fermati tartaruga! Strategie della lentezza nel mondo degli animali» (Giorgio Celli), «Tempi umani e tempi astronomici» (Margherita Hack), per citarne alcuni, fino ad arrivare a David Riondino che chiuderà il convegno con un «Elogio del bradipo». Il più pessimista si annuncia il pedagogista Antonio Faeti, che terrà una relazione dal titolo curioso: «Come sedurre ballando i lenti. Da Oblomov a Poldo Sbaffini». Che cosa c'entrano i balli lenti? «Nelle festine private degli Anni Cinquanta quando si ballavano i lenti, abbracciandosi e abbasando le luci, si interrompeva il ritmo dominante che era quello del rock. Ho voluto evocare questa metafora: abbiamo assolutamente bisogno che qualcuno metta su un lento». Per cambiare ritmo contro la frenesia, in cui impazziremmo. «Tanto per cominciare spiega Faeti -, basta pensare alla giornata straziante d'un bambino d'oggi: mille cose, mille impegni, mille computer, mille ginnastiche. E' sparito tutto quello che era il libero camminare, dando calci ai barattoli nelle strada. Prendi i giovani: la discoteca è frenesia pura. Frenesia, frenesia, frenesia, fino al fatale incontro che ne è l'esito programmato. Non stanno meglio i pensionati con l'assillo di fare, di andare, di scrivere, di telefonare: Unitre, Terza età, sentirsi vivi. Quanto ai libri, adesso abbiamo i classici riassunti per consumarli prima, il tempo di andare da Bologna a Forlì». Ma attenzione a Marco Giusti, grande Frankenstein di Blob, lui, Ghezzi & Co. La sua relazione avrà per titolo: «Non ho tempo! Ritmi di lavoro e di comunicazione nella pratica televisiva». Una difesa della velocità? Una difesa del nevrotico montaggio di frammenti e scarti che si chiama Blob! «Sì e no. Il gioco è questo: tempi rapidissimi di comunicazione, ma tempi lunghissimi di lavoro. Noi ci si mette ore a fare il programma». Dice: «L'ozio? Va bene quando si sta a casa». Ma lentezza o velocità è un problema di linguaggio. «Io trovo che tutto è lento in tivù - dice Giusti -. Lento nel senso che non sfrutta il linguaggio. Il più antitelevisivo è proprio Berlusconi: è talmente lento! Il che non significa che sia inefficace. All'inizio di Blob facevamo tagli di quaranta secondi, adesso li facciamo di cinque o dieci. E' tutto relativo. Dipende da dove vuoi mettere la tua cosa: Schegge è lento, Fuori orario può essere molto lento. Mentre da Blob ho tolto la sigla, perché era troppo lenta. Sì, potrei passare su Blob tagli di Schegge, tipo Baudo, tipo Benigni, e avrei un ascolto alto, perché tengono benissimo. Ma non sarebbe più Blob».

Luoghi citati: Bologna, Firenze, Forlì