La storia di Bilob «Il dottor Bonaviri malòato d'amore»

La storia di liilob La storia di liilob IL modico Giovanni Bilob accompagna la figlia Pina all'altare e poi partecipa, con parenti e amici, alla festa nuziale. E' il filo tenue ma tenace con cui Giuseppe Bonaviri tesse il suo ultimo romanzo, // dottor Bilob. Una storia lineare e concreta che per certi versi riporta al realismo dell'esordio, avvenuto più di quarant'anni fa sotto gli auspici di Vittorini. Gli elementi di verità sono talvolta addirittura cronistici: in piena trasparenza autobiografica, Bilob ò lo stesso Bonaviri, mentre familiari e amici compaiono con i loro nomi di anagrafe. E c'è da scommettere che anche la data delle nozze, 23 agosto 1984, è quella annotata nei registri parrocchiali. Tuttavia, come sempre succede nei libri di Bonaviri, la realtà è soltanto il punto di partenza di una rapida deriva che sconfina nel favoloso, in una dimensione parallela che ha l'allucinazione del sogno e la verità di secondo grado propria della fantasia allo stato puro. Il dottor Bilob, per esempio, incontra un giovane fisico deciso a trasformare in musica ogni fenomeno dell'universo. Imru, un arabo venditore di palloncini, si rivela anche poeta gravido di saggezza. E Angelica, la giovane donna che con Poldo, «uomo robusto, di mezz'età», gestisce il ristorante dove viene servito il pranzo nuziale, si trasfigura in una creatura tanto eterea quanto sensuale. Con lei Bilob farà una lunga passeggiata notturna nella campagna al chiaro di luna e vivrà in poche ore una storia d'amore priva di ogni elemento oggettivo ma realissima nell'immaginario e nello struggimento della sua impossibilità. Un surreale concerto rock e un attentato in cui si sacrifica come un kamikaze l'arabo venditore di palloncini fanno precipitare il racconto verso la sua conclusione, in una sorta di lucido delirio nel quale cronaca e mito non sono più distinguibili, se non fosse che l'ultima pagina riporta al concreto, con BilobBonaviri nella natia Mineo, davanti al tramonto: «Sulle colline vicine guarda i paesi di Torrice e Ripi già immersi nella penombra. E di là sente arrivare il suono delle campane dell'avemaria che dicono che ogni cosa del mondo ò vana, ed è inutile cercare quello che è stato e non sarà più.». Una chiave, questa, che invita a riaprire il libro e a rileggerlo come il racconto di due storie divergenti: quella di un amore giovanile che si realizza e approda al matrimonio, e quella di un amore tardivo che non si realizza ma conduce alle grandi domande sul significato dell'esistenza. Come i piani della realtà e della fiaba si intrecciano inestricabilmente, così anche il linguaggio in Bonaviri è un singolare impasto di vocaboli comuni e vocaboli colti, spesso tratti dalla fisica, dalla chimica, dalla biologia. Dove questi ingredienti non bastano all'amalgama, Bonaviri si affida a plausibili ed evocative invenzioni. E' il caso, per esempio, degli «stormeggiamenti» che scuotono i boschi. Ma la ricchezza del linguaggio e la flessuosa mobilità della sintassi di Bonaviri richiederebbero un'analisi a sé. Diciamo soltanto che non stupisce come questi elementi, che rendono la sua prosa molto simile a una poesia in versi dissimulati, abbiano attratto l'attenzione della critica in Francia e in altri Paesi dove i libri di Bonaviri sono giustamente considerati qualcosa di unico nel panorama della narrativa italiana. IL DOTTOR BONAVIRI MALVK) D'AMORE benefiche o terrificanti - che sempre riconducono al paragone di quella donna prigioniera della claustrofilia. Non contano per Chiara, e nemmeno per la sua creatrice, gli avvenimenti della storia grande che appena sfiorano la sua coscienza, non l'aderenza a un Meridione che viene rappresentato senza sottolineature sociologiche e dialettali. Perché qui si tratta, con una diminuzione soltanto apparente, «di gesta semplici e tremende, come sono le imprese della vita». In principio è la madre Anita, la giovane «mammana» o ostetrica che, in forza delle sua professione, è doppiamente investita dal compito di schiudere il varco alla vita. Tra lei e Chiara c'è un rapporto di grande tenerezza, di felicità piena, che sembra scaturire da una sorgente unica, non complicata e inquinata dalla dualità genitrice. Anita infatti è stata abbandonata con la figlia in grembo da Francesco, che è partito per la guer¬

Persone citate: Bonaviri, D'amore, Giovanni Bilob, Giuseppe Bonaviri, Vittorini

Luoghi citati: Francia, Ripi, Torrice